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Sin da subito, appena entrati nella sede centrale di Torino, si avverte nell’aria dinamicità, coinvolgimento e determinazione. Così, dopo un caffè gentilmente offerto dall’associazione, proviamo a chiedere a Giovanna di spiegarci in poche parole quel che è Area Onlus, immaginando di raccontarlo ad una persona che non la conosce. Sorridendo ci risponde che ”è una domanda pazzesca… E da dove incominciamo?”.
Ed in effetti, quando Rossella inizia a raccontarci le tante e diverse attività da loro seguite, ci rendiamo conto della follia nella nostra richiesta. “Area è un’associazione che dal 1982 si occupa di disabilità sul territorio torinese e piemontese. E’ una realtà che nel tempo è cambiata, adattandosi ai diversi bisogni che le famiglie che si rivolgono all’associazione – oggi sono circa 350 ogni anno – portano in relazione alle diverse esigenze e alle diverse fasi del ciclo di vita delle persone con disabilità”. Pensate che dalla sua nascita ad oggi sono 14.000 le persone che hanno usufruito dei loro servizi. Ad una iniziale vocazione prettamente filantropica, oggi l’associazione coniuga una vocazione professionale, occupando circa venticinque tra psicologi e psicoterapeuti.
“Oggi è strutturata – continua così la consigliera delegata – in cinque servizi. Un servizio di accoglienza, un servizio denominato mediateca che si occupa dell’informatica applicata alla disabilità, un servizio denominato psicosociale che eroga interventi di tipo psicologico e psicoterapeutico alle famiglie, Filo Rosso che è un servizio che propone attività di laboratori e integrazione sociale per il tempo libero ai ragazzi e ai giovani adulti con disabilità e DiTo, un portale che si occupa di fornire informazioni e orientamentosulle risorse sul tema specifico presenti sul territorio”.
Interviene la presidente Giovanna, la quale aggiunge che “una delle cose a cui come associazione teniamo di più è proprio quella di riuscire nel tempo, di essere stata capace di cambiare, o meglio di accompagnare e qualche volta di precedere, la domanda che ci veniva portata e che man mano diventava diversa”. Inevitabile pensare anche al ruolo che l’informatica può essere in grado di avere in questo contesto.
Facciamo ora un passo indietro. Ci viene spontaneo chiedere come sia nata l’associazione e cosa ha spinto alcune persone a iniziare quest’avventura assieme. “La storia di Area, in realtà, è una storia molto antica, anche se – ci dice la presidente Giovanna – non si chiamava ancora così”. Tutto iniziò dopo la prima guerra mondiale, quando un gruppo di persone iniziò ad occuparsi dei piccoli mutilati. Il percorso proseguì anche dopo la seconda guerra mondiale, occupandosi in quel caso di una epidemia molto importante che c’era stata a Torino di poliomielite, dove l’associazione si era soprattutto concentrata sui problemi che nascevano dopo questa infezione gravissima.
Risolto questo problema con le vaccinazioni, l’associazione si chiedeva quale poteva essere la sua nuova missione e, soprattutto, se aveva ancora senso continuare il lavoro che tanto tempo prima avevano iniziato un gruppo di socie.
“Torino è una città molto particolare da questo punto di vista, – aggiunge Giovanna – è una città in cui la solidarietà, termine un po’ abusato, è molto sentita. È una città che riconosce un dovere sociale di occuparsi di persone o situazioni con delle problematiche molto severe”. E’ sulla base di questa cultura che Area decide di non abbandonare il campo della disabilità e, anzi, allargare lo sguardo e proseguire sino ai giorni d’oggi.
Didattica Inclusiva
Ci confrontiamo su un termine molto caro ad Area Onlus, quello di didattica inclusiva. Di cosa si tratta? Giovanna ci dice che per loro è importantissimo riuscire a dotare di strumenti gli insegnanti, ma anche i bambini di cui si occupano così come degli altri, al fine di condividere insieme un percorso scolastico. Ed oggi la tecnologia offre straordinarie possibilità. “La scommessa è capire come la tecnologia – aggiunge la presidente dell’associazione – possa coniugarsi con le esigenze dei bambini che ne hanno bisogno per arrivare ad un percorso di apprendimento il più possibile positivo e le esigenze della scuola, che ha la necessità di trasmettere determinati contenuti”.
L’idea è di coniugare queste esigenze attraverso la sperimentazione di tecnologie nuove che sono particolarmente inclusive. In particolare, ultimamente, stanno effettuando studi e progetti sulla realtà virtuale. La realtà immersiva sembra essere, a partire dalle più recenti ricerche in merito, uno strumento effettivamente in grado di coinvolgere tutti gli studenti, tenendo alta la motivazione e facilitando l’accesso a chi ha bisogni speciali.
“In questo settore stiamo sperimentando assieme all’Istituto Superiore Mario Boella, grazie ad un progetto finanziato dalla fondazione TIM, la possibilità di costruire materiali didattici inclusivi attraverso la realtà virtuale. Ci accompagnano in questo percorso straordinario anche una casa editrice storica di Torino, la Loscher, e due scuole: la Tommaseo Calvino e il Convitto Umberto I”.
Di.To
Di.To risponde alle domande che più frequentemente le famiglie con bambini in situazione di handicap rivolgono agli operatori rispetto ai servizi, alle normative, alle agevolazioni economiche e lavorative, alla scuola, ai trasporti e al tempo libero. “Perché poi – ammette Giovanna – i servizi sul territorio esistono e sono anche articolati”.
Il problema è quello di riuscire a informare correttamente le persone. Il tutto iniziò con una guida cartacea piccolissima con le domande più frequenti ad indicare quelli che erano i percorsi possibili. Così si è passati a proporre il servizio online. “Il successo è stato straordinario, in questo ambito abbiamo 130.000 visualizzazioni di pagine durante l’anno”.
Rossella ci dice che “Di.To è caratterizzato da una struttura orientata al destinatario. Sappiamo tutti che troppa informazione equivale a nessuna informazione. Quello che cerchiamo di fare è orientare il destinatario alla risorsa giusta, a trovarla nel minor tempo possibile”.
L’obiettivo della associazione è chiaro: “non vogliamo che venga sottratta la gioia di imparare a questi bimbi, qualunque sia la loro difficoltà”.
Non ci resta che chiedere a Giovanna e Rossana che cos’è per loro l’Italia Che Cambia.
Per Giovanna “le capacità che le nuove tecnologie offrono di dare risposte sempre più articolate a bisogni specifici siano in grado di divenire sempre più efficaci, accompagnate da un’attenzione integrativa a tutto il mondo che sta dietro al ragazzo che ha determinati problemi”. La speranza è che la sensibilità sociale, caratteristica della Torino dell’800, si mantenga “e che le nuove generazioni siano capaci di accogliere questa sensibilità e di declinarla nei modi nuovi che, sicuramente, sapranno trovare”. E’ una cosa preziosa della nostra città e del nostro territorio. “Incontriamo delle attenzioni, delle generosità, delle intelligenze, che ogni volta sono in grado di sorprendere”.
Rossella aggiunge che per lei il Piemonte Che Cambia è una regione più capace di lavorare in rete, “perché credo ci siano delle straordinarie opportunità e straordinarie risorse che però non sono adeguatamente correlate tra loro”. Il bisogno è talmente grande, nell’ambito della disabilità ma anche anche in altri settori, che non ci saranno mai risposte abbastanza. “Per cui – aggiunge e conclude così- bisogna aver meno paura di perdere la propria priorità stando dentro ad un disegno più ampio. Perché insieme si possono dare più risposte e che durano più nel tempo”.
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