Io faccio così #154 – La filiera corta che combatte lo spreco di cibo
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Rimini, Emilia-Romagna - Siamo all’interno della bottega Poco di Buono. “Ci siamo trasferiti da pochissimo in questo nuovo capannone”, ci racconta Alessandra Carlini, membro del consiglio di amministrazione della società. Prima erano una cooperativa. “Era stato tale il consenso e il successo di questa iniziativa che abbiamo ritenuto necessario offrire spazi più ampi e maggiori possibilità a tutto il pubblico”. Ecco spiegato il motivo del trasferimento.
La cooperativa Poco di Buono era nata alla fine del 2009, dietro la necessità di offrire una casa al Gruppo di Acquisto Solidale Rigas. Aveva avuto una crescita tale che non era più possibile gestirlo attraverso l’associazione. “Così, ci si è inventato un metodo per gestirlo”.
Negli anni le richieste e il valore dell’attività sono aumentate molto, tanto da crearne una società. Essa gestisce la bottega, affianca il GAS nella distribuzione, segue il progetto SprecoZero e nel breve periodo spera di implementare la sua offerta con una cucina che proporrà prodotti di gastronomia, panetteria e formaggi . “Questo luogo è divenuto un’agorà!”, ci dice con soddisfazione Alessandra.
Parallelamente alla nascita della bottega è nato anche il progetto SprecoZero. “Si è sentita la necessità di evitare lo spreco di frutta e verdura che venivano mandati al macero perché ritenuti troppo brutti per essere messi in vendita dalla Grande Distribuzione Organizzata. Intercettiamo questi carichi e li portiamo qui, operiamo una seconda scelta e quello che viene salvato viene rimesso in vendita con delle cassette miste a prezzi popolari. Una buona parte viene donata alle associazioni che si occupano di migranti o persone in difficoltà”. “Negli anni – ci dice con orgoglio – abbiamo fatto germogliare la consapevolezza che, oltre all’attenzione per il territorio, per la giustizia sociale e per l’ambiente, sia necessaria una maggiore attenzione allo spreco di cibo”.
La bottega si trova in una zona non facilmente raggiungibile, ma con un grande parcheggio. “Non ci passa per caso, chi viene qui è perché ha scelto di venirci”. Ad oggi lavorano in Poco di Buono cinque dipendenti a tempo pieno e una contabile a metà tempo. Pensano di ingrandirsi, in quanto è una realtà in crescita. I consiglieri hanno scelto di farlo in maniera volontaria. “Pensavamo che la mutualità, il nostro offrire questo servizio alla comunità, fosse un valore aggiunto all’eticità dell’impresa”.
La grande scommessa nata con la nascita della Poco Di Buono è stata quella di creare un’impresa etica, “in cui il profitto non è l’obiettivo principale ma accessorio. Lo scopo principale è quello di promuovere un commercio giusto”.
Veniamo così a parlare del suo territorio, la Romagna. “Mi piace pensare sia terra di sperimentazione, un grande laboratorio culturale. Anche per questo motivo i GAS hanno preso piede così facilmente. La romagnolità penso sia un concetto che andrebbe studiato”.
Una nuova cultura che ha coinvolto anche i nuovi agricoltori: “sono persone molto preparate e consapevoli di quello che stanno facendo”. In questo modo riescono a gestire al meglio l’agricoltura biologica, che richiede sforzo e attenzione. “Hanno dovuto recuperare una sapienza che era stata interrotta, non essendo figli di contadini. Uno sforzo notevole che ha migliorato tutto il territorio”.
Una tradizione contadina che venne surclassata dal turismo tempo fa, ma che ora sta tornando in auge. “Si è capito che il modello turistico proposto è giunto al capolinea, ed è quindi necessario pensare ad una economia che si fondi sul rispetto delle tradizioni, sul valore dei prodotti proposti e meno sul consumismo”.
Le chiediamo qual è l’interazione tra il GAS e la bottega Poco di Buono. “Sono due realtà differenti che solo apparentemente vanno in conflitto. E’ un sistema che funziona grazie alle sue due anime: il volontariato per una richiesta più associativa e comunitaria e la bottega, che va a soddisfare richieste di un pubblico differente”.
Inoltre, continua così Alessandra, “il socio del GAS si suppone sia una persona particolarmente motivata. Aprire la bottega, invece, è stata anche una sfida per coinvolgere persone distanti a queste tematiche”.
Ed è così che Stefano ci racconta la sua esperienza all’interno di Rigas di Rimini. “Ho conosciuto il Rigas nel 2008, attraverso degli amici che mi hanno parlato di questo nuovo metodo di fare spesa. Mi sono avvicinato grazie a loro e grazie alla presenza del sito internet che dava molte informazioni”. Da lì il passo che lo ha portato a diventarne il rappresentante è stato molto rapido. “Credo molto in quello che facciamo, ritengo che questo sia un nuovo metodo di fare economia in grado di incentivare le piccole e medie realtà, generando tra i partecipanti un rapporto solidale”.
Sono molti i GAS presenti in Emilia Romagna. Non a caso nascono in Italia a Fidenza, in provincia di Parma, nel 1994. E’ nato anche un gruppo di coordinamento dei GAS a livello regionale per collaborare, scambiarsi comunicazioni e informazioni.
Alcuni estremi sul funzionamento e i numeri del movimento: è attivo sempre, escluse le canoniche pause di metà agosto e del nuovo anno. Due possibilità di ritirare i prodotti ogni settimana, il mercoledì e il sabato. Ad oggi vi partecipano 350 soci. Anni fa sono arrivati a 1000 soci, quando ancora il Rigas conteneva i gruppi limitrofi, che poi si sono resi indipendenti (Bellaria, Riccione, Santarcangelo di Romagna etc…).
Per Stefano si sta diffondendo in Romagna la “coscienza di fondo che mangiare un prodotto biologico è meglio che quello tradizionale, le persone preferiscono comprare meno prodotti ma di qualità, che facciano bene alla propria salute”.
Nei suoi occhi traspaiono la convinzione e la felicità di questa scelta. “Credo che per il bene e la felicità di ogni persona sia giusto curare l’alimentazione. Siamo ciò che mangiamo. Vorrei che questa mia positività si diffondesse nel territorio. Lo faccio perché un po’ di follia ci vuole!”.
Sul perché in Romagna si siano diffusi così tanto i GAS, Stefano non ha dubbi: “è una terra fertile, sempre pronta alla sperimentazione e all’innovazione. La gente che ci abita è volenterosa di scoprire novità alla ricerca del benessere”.
Sulla sua regione ci dice che “la Romagna sta cercando di portare un cambiamento positivo per tutti i cittadini in molti settori: l’energia, l’alimentazione, la cultura. Romagna che cambia vuole portarti a questo: essere felice”. Osservando il volto di Stefano e degli altri volontari del Riminigas ne siamo ancora più convinti.
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