Il metodo Manenti, un modo innovativo di fare agricoltura
Seguici su:
Biella - Colazione fissata per le 9,30. Mangiamo uno yogurt al mirtillo e delle paste di meliga. Gigi prende un caffè, dice che necessita sempre un po’ di tempo prima di carburare al mattino.
Alle dieci andiamo in campo con Gigi e Cristina. Prendiamo l’auto ed in pochi minuti raggiungiamo i terreni, dove già suoi due dipendenti lavoravano. Ha un non so che di romantico vedere Gigi e Cristina lavorare la terra. Si urlano perché distanti per portare avanti i lavori. Abbiamo il piacere di aiutarli a piantare i cavoli. Fa ormai troppo caldo e la fame si fa sentire, torniamo a casa dove Edoardo prepara un ottimo sughetto con i prodotti dell’orto.
Parliamo della loro attività. E quindi, cosa avrà di così particolare il metodo Manenti, divenuto ormai celebre nel mondo dell’agricoltura moderna?
L’azienda nasce nel 1981 con il preciso obiettivo di studiare la possibilità di produrre per il mercato senza l’utilizzo di prodotti chimici. L’azienda sceglie da subito la certificazione biologica per i loro prodotti, ma nel corso degli anni non si accontentano delle tecniche e degli approcci teorici comunemente adottati.
L’ obiettivo è quello di approfondire le tematiche riguardanti la naturale fertilità dei suoli, i processi di interazione tra mondo vegetale e microorganismi del terreno, le teorie recenti sulla microbiologia dei suoli.
Parallelamente l’azienda affronta, sia praticamente che teoricamente, le criticità riguardo agli aspetti socio-economici della produzione del cibo in un contesto consumistico e globalizzato. Sulla base di questo approccio, riesce a mettere a punto un metodo di coltivazione innovativo ed estremamente eco-compatibile.
La caratteristica peculiare dell’azienda è quella di aver messo a punto un metodo di coltivazione innovativo che permette di realizzare, sul versante agronomico, quel sapere che viene offerto dai più recenti studi sulla microbiologia dei suoli. Le tecniche elaborate sono completamente rivolte alla salvaguardia dei fattori che operano spontaneamente negli ambienti non coltivati (boschi, incolti, etc.). Questi fattori, riguardanti l’interazione dei microrganismi tra loro e come tramite tra il mondo inorganico e quello vegetale, stanno alla base della nutrizione delle piante in natura e sono quindi i responsabili della forte crescita delle piante spontanee.
I risultati che in questo modo abbiamo potuto ottenere possono essere riassunti così:
– elevata produttività, costante nel tempo;
– deciso miglioramento della qualità degli ortaggi dal punto di vista organolettico;
– mantenimento di un elevato standard della fertilità del suolo senza nessun utilizzo di fertilizzanti, neanche di quelli ammessi col metodo biologico;
– drastico abbattimento nell’utilizzo di fitofarmaci ammessi in agricoltura biologica;
notevole diminuzione nell’utilizzo dell’acqua di irrigazione.
Dopo pranzo, anche se sono ormai le quattro del pomeriggio, è il momento del riposino pomeridiano. Ci rivediamo dopo qualche ora e andiamo a vedere gli ulivi e i filari d’uva di Gigi. Per cena prepariamo una zuppa con fagioli, cipollotti, patate e zucchine e un goccio d’acqua. Sapeste quanti sapori abbiamo sentito con questi semplici ingredienti! Ed a tavola riprendono i nostri discorsi. Con qualcosa sotto i denti e di così alta qualità, è più facile affrontare qualsiasi tema.
È da vent’anni che fanno agricoltura con metodo biologico, pur utilizzando tecniche diverse da quello comunemente considerato tale. Non utilizzano nessun tipo di concime. Fin da subito l’obiettivo è stato quello di verificare se era possibile produrre per la vendita prodotti eco-compatibili. Il risultato della metodologia è ottimo, il problema sono invece i prezzi che continuamente scendono e mettono in difficoltà tutti i produttori, ancor più chi lo fa in modo sano e naturale.
Per Gigi il cambiamento è qualcosa che comunque avviene, senza dipendere dalla nostra volontà. Per lui e Cristina il esso sta nel tornare a riappropriarsi del fatto che le cose si devono studiare a fondo, capire e comprendere. È necessario fare, e ragionare sul come fare. Al “Penso, dunque sono” di Cartesio, preferiscono il “Faccio, dunque sono”.
È chiaro che il cambiamento non può essere una visione individualista, e per questo Cristina spera che la buona volontà di tante realtà le possa mettere in collegamento, con schiettezza e chiarezza reciproca.
Gigi ammette il caos che sta regnando nel mondo del cibo. Le mucche producono oggi quaranta litri di latte al giorno, mentre naturalmente ne producevano venti al dì. Da quindici anni di vita sono passate a circa quattro.
Ogni tanto Gigi si alza e prende dei testi per leggerci dei punti che reputa chiave nel discorso. “La fine del cibo” di P. Roberts, “9 miliardi di posti a tavola” di L.Brown e molti altri. Dai quali ci legge vari passi. E’ una questione troppo importante il cibo ed esso è l’anello debole della nostra civiltà. Il ritorno dei contadini alla coltivazione può essere insufficiente e apparente, reazione ad una necessità e non ad una libera scelta. La posta in gioco è troppo elevata. È dunque necessario uno sforzo comune tra cittadini e produttori, che si riconoscano reciprocamente.
E poi ci si chiede: come è possibile che siamo passati da 900 milioni a circa sette miliardi? A suo modo di vedere tutto è dipeso dal brevetto di Haber- Bosch che nel 1908 ha inventato l’ammoniaca. Tale evento ha segnato inconfutabilmente il ventesimo secolo. Le maggiori conseguenze di tale evento sono state: la redistribuzione della ricchezza (tutti avevano la possibilità di mangiare cereali a basso prezzo), la possibilità di mantenere fittiziamente salari bassi (dato che nel paniere dei beni vi sono prodotti sottocosto), la sottomissione di Africa e Asia (con la produzione in questi continenti in grandi appezzamenti di terreno a costi bassissimi da parte dei paesi Occidentali).
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento