Terremoto nel centro Italia, il vero problema è il (non) governo
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Sono passati 50 giorni dall’ultimo forte terremoto, quello che ha devastato definitivamente quello che era stato danneggiato dai precedenti. Le scosse continuano, anche se lievi, e le persone sono sempre allerta, quelli che sono riusciti a rientrare nelle case non pericolanti dormono vicino alla porta, esitano prima di andare in bagno nel timore di essere colti da un’altra scossa.
Le case pericolanti non sono ancora state messe in sicurezza, non perché manchino i mezzi, ma semplicemente perché non si sa chi è responsabile per firmare le autorizzazioni a procedere, le richieste ai Vigili del Fuoco, i progetti per gli interventi. Le case d’emergenza sono pronte, ma richiedono alcuni lavori, e ancora nessuno è riuscito a capire a chi spetta firmare le autorizzazioni e appaltare i lavori. L’insieme è desolante, non tanto per l’entità dei danni e l’incertezza del terremoto, bensì per la totale confusione e paralisi degli apparati amministrativi che precludono la possibilità di agire.
I primi sopralluoghi effettuati dai tecnici della Regione nella zona di Sellano in Valnerina, dove vivo, hanno dichiarato tutte le case, anche quelle parzialmente crollate, agibili. Si sospetta che ci fossero direttive dall’alto per minimizzare il resoconto dei danni, e di conseguenza il costo di ricostruzione a carico dello Stato. Le amministrazioni locali, che si sarebbero dovute accollare la responsabilità di rimandare i cittadini in edifici evidentemente pericolosi, hanno richiesto ulteriori sopralluoghi, e finalmente le case più danneggiate sono state riconosciute come inagibili, lasciando però i loro abitanti in un limbo senza risposte.
Il decreto legge pubblicato agli inizi di settembre è stato più volte aggiornato e l’ultima versione, che entrerà in effetto il 18 dicembre, sulla carta contiene tutte le risposte necessarie e darebbe la possibilità di iniziare i lavori di ricostruzione immediatamente. Senonché mancano alcuni elementi essenziali per far sì che questo possa avvenire. Non è ancora chiaro chi sia incaricato di approvare i progetti di ricostruzione, e senza l’approvazione nulla può partire. Non è ancora chiaro come i fondi per la ricostruzione verranno gestiti e da chi. In mancanza di questi due elementi la lettera del decreto è effettivamente inapplicabile.
Che l’Italia, Paese nel quale i terremoti sono un fatto da sempre presente, non abbia un piano di intervento ed una metodologia permanenti e sincronizzati parrebbe paradossale a chiunque dotato di un minimo di buonsenso, eppure è una realtà. Ad ogni evento sismico (o altre emergenze simili) tutto va reinventato come fosse la prima volta, e ogni volta si aprono baratri di confusione burocratica nei quali corruzione, clientelismo, mancanza di professionalità e lungaggini di proporzioni bibliche trovano ampio spazio e i cittadini ne pagano le conseguenze.
La mancanza di responsabilità chiare e definite, e l’impunità di chi approfitta delle situazioni, sono caratteristiche ben note del sistema italiano. I cittadini si lamentano giustamente di questi problemi, ma a loro volta non sembrano capaci di agire meglio di chi li governa, oltre a continuare a votare per gli stessi personaggi dei quali si lamentano.
Vedendo la cosa dal punto di vista di chi ha vissuto quasi sempre fuori dall’Italia faccio fatica a comprendere, forse perché non c’è nulla da comprendere. Lo Stato in Italia effettivamente pare non esistere se non come macchina che perpetua la sua esistenza nascondendosi in una fitta nebbia di bizantina complessità e vaghezza. Mi chiedo veramente se una soluzione possa esistere.
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