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Ogni anno miliardi di animali d’allevamento destinati al consumo alimentare vengono macellati per finire nei nostri piatti. Prima di arrivare al capolinea, il macello, noi cosiddetti “umani” li costringiamo a subire una breve vita segnata da maltrattamenti, abusi, umiliazioni, provocandogli ferite fisiche, mentali ed emotive. Dolore, paura, solitudine li accompagnano dalla nascita alla morte; ogni emozione negativa pervade il loro corpo, iniettandosi nelle vene, nei tendini, nelle articolazioni, nelle ossa, nelle loro carni.
Come possiamo provare piacere a mangiare un essere senziente, consapevoli di avergli negato ogni diritto e di avergli tolto la vita, il dono più prezioso? Quanti di noi sanno, per esempio, che le mucche si eccitano quando riescono a risolvere un problema, che i polli possono comunicare usando più di 24 vocalizzazioni o che amano fare bagni di sole? Poco sappiamo di questi animali perché il progresso e la civilizzazione ci sta portando verso la distruzione, allontanandoci sempre più dalla vita reale e dalla natura, l’unica nostra salvezza. Permettiamo alla macchina del marketing di farci risucchiare il cervello, diventando schiavi del consumismo e dei media, pagati per distogliere la nostra attenzione da quello che non dobbiamo vedere. Gli animali sono tra i loro “oggetti” preferiti.
Ogni mezzo di comunicazione che trae i più grandi profitti dagli sponsor cerca di convincerci a vedere gli animali come materie prime da sfruttare in ogni ambito. Siamo continuamente bombardati da cartelloni pubblicitari che ci invitano ad acquistare prodotti di origine animale o testati su di essi: carne, pesce, latticini, pelli e pellicce, cosmetici, farmaci, ecc. Dal momento che la pubblicità è un mezzo molto potente, che arriva immediatamente agli occhi e al cuore del consumatore, molte associazioni animaliste hanno deciso di usare lo stesso strumento di comunicazione per controinformazione, con l’obiettivo di aiutare le persone a fare il collegamento che altrimenti non avrebbero fatto.
E allora per chiudere con positività e speranza il 2016, vi propongo alcune campagne efficaci lanciate da associazioni animaliste che hanno optato per le stesse strategie usate dall’industria agroalimentare o cosmetica: esporre cartelloni pubblicitari in punti ben visibili delle città per fornire a decine, centinaia, migliaia di persone la possibilità di riconsiderare il loro rapporto con gli animali, stabilendo un legame emotivo.
Per Natale, la Vegan Society of New South Wales, a Sidney, ha lanciato la campagna “Perché uno lo amiamo e l’altro lo mangiamo?”, mettendo a confronto sullo stesso cartellone, l’immagine di un cucciolo di un cane e un cucciolo di un maiale, con lo scopo di incoraggiare le persone verso la scelta vegan in un periodo dell’anno in cui si assiste ad una vera e propria strage. Gli annunci sono apparsi sulla parte posteriore degli autobus e sulla metropolitana.
Nel mese di agosto, a New York, gli attivisti di Be Fair Be Vegan hanno attirato l’attenzione dei passanti con cartelloni pubblicitari luminosi e immagini in movimento a Times Square.
Hanno tappezzato Manhattan, prima con manifesti in bianco e nero con le scritte “Diversi ma uguali” per dimostrare che tutti gli animali provano emozioni, poi con una serie di immagini con lo slogan “Quale?”, per ricordare la sofferenza degli animali nei laboratori, sfidando il consumatore a scegliere lui stesso l’animale su quale testare il proprio shampoo.
A Melbourne, Australia, Edgars’ Mission Animal Sanctuary, per Natale, ha posizionato dei cartelloni pubblicitari nella città, con l’obiettivo di aiutare le persone a guardare gli animali come singoli esseri senzienti, chiamandoli con un nome e non come arrosto, cena o pranzo.
A maggio, People for the Ethical Treatment of Animals (PETA), per la centesima edizione della 500 Miglia di Indianapolis, per protestare contro il classico brindisi con il latte, dove per questa edizione la Prairie Farms e l’American Dairy Association hanno distribuito 100.000 bottiglie di latte agli spettatori per brindare con il vincitore della gara, ha installato un cartellone con l’immagine di una mucca e il suo vitello con su scritto: “Prima di bere, pensa! Il latte vaccino è per i vitelli, non per i corridori o per gli altri esseri umani”.
A giugno, Eden Farmed Animal Sanctuary, in Irlanda, ha lanciato una campagna che ha fatto il giro del Regno Unito. Con lo slogan “Si fidano di noi. Li mandiamo al macello” accanto all’immagine di un agnellino che prende il latte da una mano umana con un biberon, l’associazione chiedeva alle persone di passare al veganismo.
Nel mese di novembre, la stessa associazione, in Scozia, ha affisso i cartelloni con gli animali salvati negli anni e che oggi ancora vivono liberi nel santuario.
In Italia, Animalisti FVG ha lanciato una campagna di controinformazione per contrastare l’orribile Sagra degli Osei di Sacile, la più grande e importante fiera avicola d’Europa. A Pordenone gli attivisti hanno affisso, per ben quattro volte un cartellone di grandi dimensioni e, contemporaneamente, hanno lanciato il libro “Volare” con la loro firma, che contiene numerose testimonianze e contributi.
Anche i vagoni della metropolitana di Londra, grazie a Veganuary Team, sono stati ricoperti di cartelloni pubblicitari animalisti per sensibilizzare i cittadini, chiedendo loro di provare a non mangiare animali da gennaio. Ogni manifesto dei tre, presenta un animale d’allevamento con su scritto il nome, la crudeltà inflittagli e un hashtag salva+ilnome dell’animale ritratto. Gli annunci sono stati messi su diversi treni delle varie linee.
La strategia adottata da queste associazioni sembra funzionare. L’associazione Veganuary, dopo il lancio della campagna, ha raccolto velocemente più di 10.000 iscrizioni.
Che queste campagne di controinformazione siano d’ispirazione per tutti noi nel 2017!
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