8 Nov 2016

"Sognavo di fare la contadina e i miei amici mi prendevano in giro!"

Scritto da: Francesco Bevilacqua

La modernità ha sempre relegato in fondo alla scala sociale i contadini e chi appartiene al mondo rurale. Eppure da piccola il sogno di Manuela era proprio quello di vivere in campagna e coltivare la terra. In questa intervista ci racconta la sua storia e ci fa capire perché è così importante sostenere i piccoli agricoltori.

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Quando entro nel grande capannone dove ogni giovedì si tiene il mercato di Campi Aperti, riconosco subito il banchetto di Manuela: alcuni tavoli uniti insieme su cui sono esposte pagnotte, torte salate, teglie di lasagne, panini imbottiti e tante altre prelibatezze che rispecchiano perfettamente l’aspetto e il modo di fare della persona che sta dietro al banco: rude e genuino, come tutto ciò che arriva dalla campagna più vera.

 

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Immagine tratta dal documentario “La Pecora Nera (The Black Sheep)”


 

Delegata per qualche minuto la gestione delle vendite, ci sediamo su un divanetto e cominciamo a chiacchierare a ruota libera. «Il mio sogno è sempre stato quello di fare la contadina. Gli amici mi prendevano in giro perché ai miei tempi chi lavorava nei campi era in fondo alla scala sociale, ma io ero cresciuta in campagna, insieme a mia zia, e il clima di unione e solidarietà che si respirava nella sua famiglia mi aveva conquistata».

 

La carriera di Manuela inizia circa trent’anni fa nella Farnia, una delle prime aziende in cui si affrontava un tema come la biodinamica, «che oggi – sottolinea lei – è diventata quasi una moda. Volevo fare la cuoca, non avevo esperienza ma sentivo che cucinando potevo liberare la mia creatività, esprimermi senza essere schiava di strutture mentali».

 

L’avventura in Farnia dura diversi anni, durante i quali Manuela si avvicina ad altre discipline come l’antroposofia. Ma anche questo ambiente le va stretto e talvolta le da l’impressione di essere troppo chiuso. Nel 2000 finalmente si concretizza il suo sogno e, insieme al marito, acquista un terreno nella montagna reggiana e comincia la sua vita da contadina: «Siamo partiti con un piccolo appezzamento perché non volevo avere un impatto forte sul luogo che ci ospitava, ma costruire mattone dopo mattone la mia attività».

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Attualmente, il suo terreno è di circa 9 ettari e ospita cinque fabbricati, che piano piano i due coniugi stanno ristrutturando. «La gradualità ci aiuta a capire cosa è meglio per noi e per questo luogo». La casa dove vivono è stata restaurata con l’aiuto dell’architetto Federico Venturi, giunto in modo del tutto inaspettato: «Un giorno Federico stava passeggiando nella nostra zona in cerca di notizie sulla sua famiglia – originaria di qui –, ha visto la casa e ci ha chiesto se poteva darci una mano nei lavori. Ha iniziato a vivere con noi e a partecipare alle nostre attività: voleva capire esattamente quali fossero le nostre esigenze per progettare una casa su misura, realizzata con passione e con le risorse del posto. Il risultato è stupendo e in perfetta armonia con il nostro stile di vita e con l’ambiente che ci accoglie».

 

Nel corso dell’anno, Manuela ospita tante persone che vivono e lavorano con lei per sperimentare la vita rurale. «Moltissimi arrivano qui in cerca di una soluzione alla crisi di valori e personale che stanno attraversando. Io sono contenta perché da un lato li aiuto a trovare una strada, che può essere quella che porta alla campagna, dall’altro, li coinvolgo in uno scambio di saperi ed esperienze che arricchisce sia me che loro». Ma con molta schiettezza, aggiunge che la fa piacere anche perché «in campagna c’è sempre bisogno di braccia: noi siamo in due e da soli non ce la faremmo!»

 

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Immagine tratta dal documentario “La Pecora Nera (The Black Sheep)”


 

Gli ospiti di Manuela spesso si stupiscono per il silenzio assoluto che regna nei boschi dove lei abita: «Alcuni dopo pochi giorni scappano a gambe levate, altri invece non ce la fanno a tornare in città, dove il rumore accompagna ogni istante della vita». Ma ciò che accomuna ciascun frequentatore della sua fattoria è l’amore per la Terra e la ricerca di un’alternativa a una vita alienante, trascorsa a lavorare ogni giorno facendo qualcosa che non gli piace.

 

L’atmosfera che Manuela riesce a dipingere è meravigliosa, autentica e genuina. Ma il progetto può funzionare anche economicamente? Glielo chiedo e mi risponde così: «Noi piccoli contadini siamo sempre in bilico. Certo, potrei aumentare la produzione, acquistare animali e altri pezzi di terra e guadagnare di più. Ma così rischierei di alterare tutte quelle dinamiche non solo biologiche ma anche sociali e relazionali che rendono la mia attività davvero sostenibile. Attualmente seguo tutta la filiera dei miei prodotti, dalla semina alla raccolta, dalla lavorazione alla vendita. Se mi ingrandissi non so se ci riuscirei ancora».

 

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Immagine tratta dal documentario “La Pecora Nera (The Black Sheep)”


 

La verità è che bisogna cambiare il modello economico e tutelare di più i piccoli produttori. «Se si vuole supportare i contadini si deve fare consumo critico e comprare direttamente da loro. I supermercati e le linee biologiche della grande distribuzione sono una condanna per noi, oltre a essere completamente privi del legame con la Terra».

 

Ma Manuela è consapevole di una cosa: i sogni devono avere i piedi per terra. Per questo ha acquistato una porzione di terreno su cui scorre un torrente e vorrebbe installare delle turbine idroelettriche per produrre elettricità e supportare economicamente l’attività agricola. «Questo ci consentirebbe di non avere affanni e di dedicarci con più serenità alla cura della Terra. In fondo, ci consideriamo solo custodi di questi luoghi e il nostro compito è difenderli e tutelarne la bellezza».

 

 

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