28 Nov 2016

Menù veg e a km0 nelle scuole di Roma. Perché le mamme protestano?

Scritto da: Tamara Mastroiaco

Presto nelle mense scolastiche di Roma i bambini troveranno anche menù a base vegetale, bio e a chilometro zero. La proposta, elaborata dal Movimento Cinque Stelle, è stata contestata da alcune mamme preoccupate per la salute dei propri figli in seguito alla circolazione di notizie allarmistiche riguardanti le diete a base vegetale. Perché tanta superficialità e disinformazione quando si parla di veganismo?

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Da settembre 2017, in tutte le scuole romane, i bambini potranno trovare menù a base vegetale, biologici e a km zero grazie alla proposta elaborata dal M5S, annunciata, mercoledì 14 novembre, in una seduta congiunta delle commissioni capitoline Ambiente e Scuola. L’idea sarà inserita nelle linee guida nel nuovo capitolato d’appalto delle mense scolastiche del Campidoglio.

 

Pasti giornalieri più sani dunque, ricchi di frutta, verdura e cereali, ma anche una grande novità: l’introduzione del menù biologico senza carne, pesce, uova, formaggi e derivati, una volta a settimana, dedicato a tutti i bambini della città (ad esclusione degli asili nido, che verranno inseriti nel bando successivo). L’uso di materiali compostabili all’interno delle mense scolastiche e la raccolta differenziata dei rifiuti umidi è un altro punto del progetto dedicato alla sostenibilità ambientale e sociale anche attraverso l’alimentazione.

 

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“Vogliamo assicurare un’alimentazione che sia in grado di fornire tutti gli elementi nutrizionali necessari per i bambini e, al contempo, che sia uno strumento di educazione e formazione per i piccoli studenti, adulti di domani e, quindi, consapevoli che i nostri consumi hanno un impatto significativo sull’intero Pianeta. Vogliamo rispondere alle nuove esigenze emergenti, personali e globali, e soprattutto, nel rispetto del singolo quanto della collettività. In questa direzione desideriamo che il momento del pasto diventi per i bambini non solo una pausa obbligata, spesso percepita anche come noiosa, ma un momento di vita collettiva, di partecipazione gioiosa e consapevole del ruolo che ognuno di noi può avere per il rispetto della natura e della nostra salute che, certamente, come consigliamo le pubblicazioni scientifiche, deve privilegiare il consumo di vegetali”, scrive Daniele Diaco (Commissione Ambiente) sulla sua pagina Facebook.

 

La notizia non è stata accolta con piacere da tutti, politici dell’opposizione in primis e da alcune mamme riunite nell’associazione “Mamme d’Italia”, che in una nota hanno scritto: “Ci opponiamo con fermezza a questa decisione che pare quantomeno sconsiderata, soprattutto alla luce dei recenti casi di bambini malnutriti a causa della carenza di vitamine che può comportare l’alimentazione vegana. Inoltre, recenti studi hanno dimostrato che la dieta vegana può divenire un’autostrada per l’anoressia: le ragazze con disturbi alimentari sono vegetariane o vegane in percentuali molto più alte rispetto alle ragazze senza problemi di questo tipo. Mamme d’Italia auspica che venga fatto un passo indietro a proposito di questa scellerata scelta della giunta Raggi e, se così non dovesse essere, ci opporremo con durezza”.

 

Diventa inevitabile chiedersi perché quando si tratta il tema del veganismo e/o del vegetarismo si alza il solito polverone contornato da tanta disinformazione. I media, negli ultimi due anni, hanno capito che certe tematiche tirano, eccome! Cosa non si direbbe per un “like” in più! Se, da un lato, c’è chi cerca di parlarne con estrema professionalità e correttezza, sullo stesso piatto della bilancia ci sono giornali e giornalisti che si piegano al potere delle lobby, pubblicando articoli che non solo non rendono un servizio pubblico, ma danno l’idea di essere schierati contro il veganismo. C’è una ricerca sociologica “L’inchiostro digitale è vegano? La rappresentazione del veganismo sulla stampa” pubblicata sulla rivista scientifica “Cambio. Rivista sulle Trasformazioni Sociali”, che getta un po’ di luce sul rapporto tra mondo giornalistico e animal-free. “Follia a Belluno. I genitori vegani impongono la dieta al figlio e ora il bimbo rischia di morire”. Titoli del genere, relativi a casi di bambini “vegani” ospedalizzati, compaiono più spesso a partire dal 2014, così come si leggono più frequentemente dichiarazioni di star che abbandonano il veganismo (non sempre tale?) in seguito a problemi di salute.

 

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In questi ultimi anni il fenomeno vegan va crescendo e questo spiega, almeno in parte, la crescente attenzione dei media per casi di cronaca che vengono associati (talvolta forzatamente?) al fenomeno, allo scopo di dar loro maggiore risalto. Dai dati analizzati emerge che il maggior numero di articoli negativi relativo al veganismo come pratica che ha ricadute (negative) sulla salute, in particolare su quella degli ormai famosi “bambini vegani”, ma anche degli adulti (l’autore cita le dichiarazioni di star pentite). Il fatto che il veganismo sia rappresentato in maniera negativa soprattutto in relazione alla salute può rappresentare un problema per il movimento vegano.

 

Infatti, la salute è un valore a cui tutti sono sensibili, a differenza dei valori animalisti e ambientalisti. Pertanto, le notizie che rappresentano il veganismo come una minaccia per la salute, rischiano di toccare nel vivo la generalità dei lettori, e di avere così una maggiore risonanza rispetto alle notizie positive relative al veganismo come pratica animalista, ecologica, ed anche salutare, che pure non mancano. Le persone, si aggiunga, sono in genere più sensibili alle notizie negative, rispetto a quelle positive. Non a caso, un motto del giornalismo anglosassone (ma vale anche da noi) recita: “bad news is good news”, “le brutte notizie sono buone notizie” scrive su Netnologia, Nicola Righetti, sociologo e autore della ricerca. 

 

Avete mai letto titoli così allarmanti e discriminanti, come quello sopra citato, sui bambini obesi e i loro genitori? Eppure l’Italia resta ancora tra i primi posti in Europa per obesità infantile, con il 20,9% in sovrappeso e il 9,8% di bimbi obesi, dati presentati a gennaio 2015 dal Sistema di Sorveglianza nazionale “Okkio alla Salute”, promosso dal Ministero della Salute/Centro per il Controllo e la prevenzione delle Malattie (CCM), all’interno del programma strategico “Guadagnare salute, rendere facili le scelte salutari” coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, le Regioni e le aziende sanitarie locali.

 

Alle mamme sopra citate che si stanno allarmando per l’istituzione di un giorno a settimana “verde”, in cui a tutti i bambini potrebbe essere somministrata una dieta a base vegetale che, se ben pianificata e bilanciata, è adatta davvero a tutti, chiedo, invece, di battersi, con lo stesso ardore, a favore del cibo sano, contro il cibo spazzatura, causa di sovrappeso e obesità, piaga di notevole rilevanza sociale.

 

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“Il contrasto a questa patologia è una delle più grandi sfide della sanità pubblica del ventunesimo secolo. Secondo l’OMS, nel 2014, oltre 1,9 miliardi di adulti e 41 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni di età erano in sovrappeso o obesi. In Europa, il numero di bambini in sovrappeso è in crescita: attualmente 1 bambino su 3 tra i 6 e i 9 anni è in sovrappeso o obeso. L’obesità è collegata a diverse patologie e comporta un notevole dispendio di risorse sanitarie e sociali”, scrive Epicentro, il portale per la sanità pubblica a cura del Centro Nazionale di Epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto Superiore di Sanità.

 

Diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato che sovrappeso e obesità favoriscono l’insorgenza di malattie cronico-degenerative ma anche complicanze psicologiche come i disturbi dell’immagine corporea e del comportamento alimentare o la depressione. Credo che la priorità dei genitori di oggi sia intraprendere una vera e propria lotta sociale, legale, personale, contro le multinazionali e le aziende che producono cibo spazzatura e, soprattutto, contro media e pubblicità che spingono a comprarlo e consumarlo.

 

Da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Pediatrics è emerso che la pubblicità di cibo spazzatura trasmessa durante i programmi dedicati ai piccoli influenza notevolmente le abitudini alimentari dei bambini sotto i 6 anni. “Lo studio – spiega Jennifer Emond, autrice della ricerca e professoressa alla Geisel School of Medicine al Dartmouth College, – suggerisce che l’esposizione agli spot sul cibo possono cambiare le abitudini nei bambini più piccoli, che sottoposti a stimoli esterni non ascoltano più i segnali di sazietà e fame che arrivano dal loro corpo.

 

Questi cibi possono portare a diventare obesi”. I media e le pubblicità impongono modelli sociali univoci, irraggiungibili, ci “deliziano” con scorci di vita dove regna la perfezione assoluta, scatenando nei bambini e negli adolescenti sentimenti di frustrazione, riduzione dell’autostima, disadattamento. I veri valori vengono minati dall’inadeguatezza. E allora sì, che la corsa alla ricerca di quei modelli lontanissimi e inarrivabili conducono i soggetti a sviluppare uno dei quadri tipici dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA).

 

L’aumento dei casi di anoressia tra bambini e ragazzi non è imputabile alla dieta, che sia a base vegetale o onnivora, ma alla mancanza di figure di riferimento, di valori, di modelli educativi, di comunicazione. Gli adolescenti e anche i bambini sono sempre più avvolti e rinchiusi nella “bolla” virtuale e irreale, soffocati dalla solitudine, dalla passività, con la conseguente difficoltà di ancorarsi nel qui e ora.

 

 

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