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Milano - Reietta da molti paesi, sfrattata da società civili e rapporti interpersonali, la Pace ha trovato un luogo dove è stata finalmente accolta, accudita, incoraggiata e fatta crescere giorno per giorno. La Casa per la Pace è una realtà creatasi sull’onda d’estinzione di quel movimento pacifista che ha riempito le strade ai tempi della guerra del Golfo, la prima, all’inizio degli anni ’90. Molte associazioni, centri, comitati e comunità dediti alla nonviolenza, una volta finita la guerra e sgonfiatasi la corrente belligerante, non hanno più avuto opportunità d’incontrarsi tra loro e rischiavano di involversi in loro stessi, e scomparire.
Mercedes Mas, musicista, insegnante, educatrice alla pace e attivista in prima linea della Casa per la Pace di Milano fin dalla sua fondazione nel 1999, ci racconta che i sopravvissuti del movimento pacifista si sono resi conto che a Milano mancava un punto di riferimento per la pace e che c’era bisogno di creare uno spazio di coordinamento di azioni nonviolente e iniziative per promuoverla. Uniscono le proprie risorse umane e partecipano a un bando comunale per ottenere uno spazio ad affitto agevolato e lo vincono.
Da 17 anni operano nella sede di Via Marco D’Agrate 11 ispirandosi al motto Gandhiano che troneggia sulla vetrina di facciata: “Il mondo ha bisogno di persone che lottino per la pace con la stessa intensità con cui altri si battono per la guerra”. Infatti, “la pace non casca dal cielo con le poesie e gli angeli”, ci spiega Mercedes, “mentre altri investono in mafia, in guerre, in strategie d’odio, noi investiamo le nostre energie in azioni che vanno in direzione opposta. Cerchiamo di spiegare questo a chi si rivolge a noi e vorrebbe che i nostri servizi fossero tutti gratuiti. Anche loro devono investire se ci credono”.
E così investono. Lavorano nelle scuole proponendo percorsi formativi sui conflitti, l’ecologia, e l’Intercultura. Hanno redatto manuali per gli insegnanti perché possano proseguire in modo indipendente nella formazione di un percorso educativo nonviolento da proporre alle loro classi.
Portano a giro una mostra itinerante interattiva sui pregiudizi, “Gli Altri siamo Noi”, che si snoda in un labirinto con degli specchi, in cui il visitatore si deve guardare insieme a etnie diverse dalla propria, mentre è guidato in esercizi di risoluzione di problemi. E mentre c’è chi gira a offrire introspezione tramite gli specchi, c’è chi si occupa di far fermare la città con la Tenda del Silenzio, uno spazio protetto dove non si proferisce parola, ma attraverso la propria presenza silenziosa uno accetta l’altro, in un’espressione di affermazione d’esistenza per quello che si è. È un invito alle persone a fare qualcosa di completamente diverso da quello che fanno di solito: qui si legge, si medita, ci si incontra, anche con religioni diverse, ma senza discussioni, domande o sospetti. Si è, e basta.
Se c’è tenda c’è teatro, e non manca certo lo spettacolo.
Il “Teatro dell’Oppresso”, per gli amici TDO, è uno psicodramma partecipativo in cui si recita invitando lo spettatore a partecipare diventando attore. Fantastico per risolvere i conflitti di condominio! Tu cosa avresti fatto in questa situazione? Perfetto, allora entra tu in scena, prendi la parte di quel ruolo e proponi la tua soluzione. Un modo veramente efficace per vedere se poi la via proposta possa funzionare o no.
Entrati ormai nel viaggio con e per la Pace, diventa quasi imprescindibile organizzare un viaggio cultural-filosofico in un luogo emblema del desiderio atavico del cessate-il-fuoco. La destinazione è ogni anno la Palestina, per visitare le comunità che lavorano per una resistenza nonviolenta, e far comprendere dal vivo il conflitto in atto. “La Casa per la Pace”, ci dice sempre Mercedes, “porta sostegno ai progetti che sostengono la popolazione e i leader più positivi. Sono realtà molto sole, e se non sentono il sostegno dalla comunità internazionale, muoiono. Noi facciamo anche questo, raccogliamo fondi con attività di autofinanziamento”.
Il viaggio serve anche a questo scopo. Nonostante i prezzi agevolati per consentire a tutti di partecipare, la ventina di partecipanti tornano così umanamente coinvolti che diventano loro stessi promotori e sensibilizzatori di pace; fanno i calendari con le foto che hanno fatto; scrivono un libro con le comprensioni che hanno avuto, e li vendono insieme a spezie, oggetti regalo, foulard, per raccogliere fondi da mandare a sostegno della popolazione. Non stupisce quindi che, in prevenzione della guerra, la casa ospiti nella propria struttura i volontari del servizio civile e del Servizio Volontari Europei (SVE) finanziato dal programma Erasmus Plus, e fornisce l’accompagnamento per gli italiani che vogliono fare un’esperienza di volontariato all’estero.
L’impegno civile si allarga alla raccolta di 50,000 firme consegnate lo scorso anno per una coraggiosa proposta di legge che richiede l’istituzione, all’interno del Dipartimento della Difesa, di una sezione nonviolenta che possa sviluppare soluzioni, per la tutela della sicurezza della patria, alternative alla guerra. Una visione estremamente evoluta del mondo che speriamo possa trovare presto la sua concretizzazione.
In aiuto invece della comunità multietnica emigrata in Italia, organizzano corsi d’italiano per mamme con bambini. Il divieto di portare bambini nelle altre scuole di lingua italiana per adulti, “costringono le mamme straniere a rimanere nel ghetto per anni senza poter imparare la lingua”, ci racconta Mercedes, “mentre noi abbiamo sia volontari che insegnano sia volontari che fanno i babysitter” e questo risolve un grosso problema d’integrazione.
La convivialità e le attività di socializzazione sono il cuore pulsante dell’associazione. Ben cinque volte l’anno si organizza, a Villa Pizzone, una cena a tema e menù di nazionalità diversa a rotazione, per raccogliere fondi. La prossima è programmata per sabato 22 ottobre con il titolo “A cena con pregiudizio” e il menù sarà o francese o tedesco. Non mancano i corsi e i laboratori di autoproduzione, dove s’insegna a fare cose e a essere protagonisti del consumo, prendendo consapevolezza dei processi automatici del consumismo e non cedere ai meccanismi che portano ad essere consumatori passivi. Tutto ciò che è utile è insegnabile, e periodicamente potete trovare corsi per la produzione casalinga di pane, birra, yogurt, creme, saponi, detersivi, compost. E poi dolci e pane cotti rigorosamente con forni solari, perché alla pace si arriva con la sostenibilità.
La collaborazione con altre realtà con scopi affini procura oggettistica da vendere ai banchetti, come le borse ricavate dalla tela di ombrelli rotti manufatte dalla Banca del Tempo, le targhe per bici ricavate da vecchi CD e i vasetti mezzo-pieni, contenitori multiuso che vengono regalati ai partecipanti ai corsi perché imparino a vedere la realtà con occhio positivo e a riempirli di messaggi belli e costruttivi sulle esperienze vissute durante il corso.
La Casa per la Pace però non finisce qui. Il sogno di Mercedes e degli altri soci, circa un centinaio, è quello che i cittadini, del quartiere e non, comprendano che quello è uno spazio prezioso e che deve crescere; che si può usare e ognuno può farlo proprio. Sognano che si possa autosostenere con l’arrivo di gente che capisca l’importanza della sua esistenza. Sognano di trovare molti collaboratori stabili in alternativa ai numerosi volontari mordi e fuggi. Sognano che qualcuno s’innamori del progetto come lo hanno fatto loro.
Mercedes sorride e conclude: “Io vengo a lavorare qui e sono felice; torno a casa e non sono stanca. È molto stimolante. È un realtà che dà spazio alle idee di chiunque voglia proporre un’iniziativa e ti fa trovare degli amici che ti aiutano a realizzarla. Quello che trovo qua è gente che sogna con me e non si rassegna; vede sempre il bicchiere mezzo pieno, come l’Italia che Cambia. Per questo ci piacete”. Tutto un mondo da scoprire e costruire, a vostra disposizione per soli € 5 di quota associativa annua. E la Pace si sente finalmente di essere a casa propria.
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