14 Ott 2016

Civiltà solare: l'estinzione del fossile e la scossa delle rinnovabili

Scritto da: Veronica Tarozzi

Civiltà Solare è un libro che sfata i più radicati luoghi comuni sulle energie rinnovabili e indica la strada da percorrere per completare il cambiamento. Ne parliamo con Gianluca Ruggieri, uno dei due autori, che analizza tutti gli aspetti più attuali della questione energetica.

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Dal 6 ottobre nelle librerie potete trovare Civiltà Solare, edito da Altreconomia: un libro che ripercorre brevemente la vera storia dei sistemi energetici, dal legno al carbone, dal petrolio fino all’attuale rivoluzione delle fonti rinnovabili. Ne abbiamo parlato con Gianluca Ruggieri, ricercatore all’Università dell’Insubria, attivista e socio fondatore di Retenergie ed è nostra e autore di alcune interessanti pubblicazioni sulle energie rinnovabili, nonché co-autore insieme a Fabio Monforti (1) di Civiltà Solare.

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Un libro sulla transizione energetica in atto dal fossile alle rinnovabili, qual è lo spirito con il quale lo avete scritto?

 

L’idea è nata dal fatto che nei nostri incontri pubblici le domande si ripetono abbastanza e così recentemente ho creato una presentazione con le frasi fatte più comuni per cercare di dare risposte chiare e concise, mantenendo però un tono colloquiale e quindi comprensibile anche ai “non addetti ai lavori”. Poi una sera con Fabio abbiamo pensato di provare a tradurre tutto ciò in un libro per renderlo fruibile ad un pubblico più vasto. Fate presentazioni anche nelle scuole? Ne facciamo spesso. Per i giovani abbiamo anche un progetto che portiamo avanti da quasi 10 anni in provincia di Varese che si chiama Green School ed è un progetto con cui aiutiamo le scuole ad organizzare delle azioni che contribuiscano alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. D’altronde saranno soprattutto loro ad attuare quel cambiamento energetico del quale abbiamo più che mai bisogno.

 

Cosa pensi degli accordi raggiunti a Parigi alla COP 21?

 

Più che sui grandi vertici internazionali, mi concentro su ciò che realmente succede nel mondo. E devo dire che accanto a tante notizie affatto positive, recentemente proprio in uno dei paesi più controversi al mondo sotto il profilo energetico, gli Stati Uniti, è stato bloccato l’oleodotto Keystone, hanno deciso di non trivellare l’Oceano Atlantico, etc. Quindi mi sembra ci sia un inizio di conversione; sempre negli USA negli ultimi 2/3 anni, dal punto di vista dell’energia rinnovabile la situazione ha fatto grandi progressi. Tanto che in diversi stati americani, il costo delle fonti pulite è sempre più concorrenziale fino a diventare più conveniente delle fonti fossili e senza la presenza di incentivi. (Almeno altri 19 paesi nel mondo hanno ormai raggiunto la grid parity, n.d.r.) Quindi sono cambiamenti che stanno avvenendo anche aldilà di una qualche sottoscrizione ufficiale di un protocollo. Anche se con questo non voglio certamente dire che questo genere di accordi non siano importanti.

 

Una delle cose che diciamo nel libro è proprio questa: affinché questa transizione sia rapida, serve l’impegno di tutti, nessuno può tirarsi indietro. Serve l’istituzione, serve il mercato – ovvero i produttori di tecnologie – quindi ovviamente la ricerca e naturalmente serve che i cittadini cambino le proprie abitudini, rispetto a quelle che hanno avuto negli ultimi 50 anni. Se anche solo un attore non facesse la sua parte, si rischierebbe di non fare abbastanza in fretta. Il mese scorso comunque, appena prima dell’ultimo G20, Cina e USA hanno ratificato l’accordo di Parigi sulla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (i due paesi insieme sono responsabili per il 38% delle emissioni globali, n.d.r.). Queste sono cose che fino a pochissimi anni fa erano impensabili. Gli USA avevano firmato il protocollo di Kyoto, ma non lo avevano mai ratificato. La Cina addirittura non era inclusa tra i paesi che dovevano limitare le proprie emissioni e le ha potute liberamente aumentare senza alcun problema, perché quando nel ’97 fu sottoscritto questo protocollo la Cina era considerato un paese in via di sviluppo.

 

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Quindi si direbbe che i governi ultimamente comincino a prendere sul serio l’allarme lanciato dagli scienziati riguardo i cambiamenti climatici, adoperandosi per adottare politiche più lungimiranti. Com’è la situazione in Italia?

 

L’Italia ha corso tantissimo tra il 2010 e il 2014. La direttiva UE sulle rinnovabili imponeva al nostro paese un obiettivo del 17% non solo sull’elettricità, ma su tutti i tipi di energia, compresa quella utilizzata per i trasporti o per il riscaldamento. Quindi partendo dal 5,2% di energia ricavata da fonti rinnovabili dovevamo arrivare al 17% entro il 2020 e noi già nel 2014 abbiamo superato l’obiettivo.

 

Negli ultimi 2/3 anni, dopo la fine dell’epoca dei grandi incentivi al fotovoltaico, siamo abbastanza fermi. È giusto che gli incentivi non debbano durare per sempre: dovrebbero servire a far partire un mercato, non a mantenerlo vivo. Ma il paradosso oggi è che in molti casi un impianto fotovoltaico potrebbe essere conveniente anche senza incentivi, ma spesso non lo è. Provo a spiegarmi. Oggi il prezzo dell’energia che viene pagata ai produttori è molto basso, quindi se produco un chilowattora e lo cedo alla rete ho un ricavo altrettanto basso. Quando invece io acquisto un chilowattora dalla rete, oltre al prezzo dell’energia (che viene girato a chi ha prodotto quel chilowattora) devo pagare i costi del trasporto, i cosiddetti oneri di sistema e le tasse. Quindi vendo a poco e ricompro a molto. Ma se io autoconsumo l’elettricità del mio impianto, allora posso evitare di acquistarla dalla rete.

 

solare4In pratica, quando l’autoconsumo è elevato, anche i ricavi economici sono elevati. Se l’autoconsumo è limitato e la gran parte della produzione viene venduta alla rete, anche i ricavi si abbassano molto. Ora, il cittadino che vive in una casa indipendente può già oggi approfittare di questo meccanismo. Ma per esempio non possono farlo i cittadini che vivono in condominio, perché in un condominio ogni appartamento ha il suo contatore e l’impianto fotovoltaico installato sul tetto non è collegato all’impianto elettrico di nessuno. Se invece il condominio avesse un unico impianto elettrico con un unico contatore, l’elettricità prodotta sul tetto verrebbe direttamente consumata dai condomini, con un grande beneficio economico. Purtroppo però oggi un condominio può avere un unico contatore del gas, ma non non si capisce perché non possa avere un unico contatore dell’elettricità.

 

Più in generale, ciò che limita oggi lo sviluppo delle rinnovabili in Italia è la mancanza di una strategia chiara. La Strategia Energetica Nazionale, è un documento ormai ampiamente superato dai fatti. I singoli provvedimenti legislativi, per essere realmente efficaci, dovrebbero essere inseriti in un quadro più complessivo. Solo per fare un esempio, non serve riempire le città di colonnine di ricarica elettrica se contemporaneamente non si lavora anche sull’offerta di veicoli elettrici e sulle limitazioni a quelli tradizionali.

 

Il quadro strategico chiaro darebbe una maggior sicurezza anche agli investitori, piccoli o grandi che siano, che invece si trovano ad avere a che fare con un mercato dove le regole cambiano continuamente. Penso ad esempio ai processi autorizzativi per i grandi impianti, che sono processi molto nebulosi, spesso sottoposti all’arbitrio degli enti che dovrebbero dare l’autorizzazione, piuttosto che a un quadro certo e trasparente di regole.

 

In Civiltà Solare mettete bene in evidenza la correlazione tra guerre e carburanti fossili: quando il mondo passerà alle rinnovabili finiranno le guerre per l’energia?

 

Non mi sento di fare previsioni sui destini geopolitici che ovviamente dipendono da tante variabili. Credo che però si possa evidenziare come le fonti fossili per loro stessa natura siano concentrate in un numero limitato di giacimenti e di territori. Questo ha fatto sì che venissero favorite aziende di grandi dimensioni, anche per la necessità di dover fare degli enormi investimenti, come negli anni ’50 in cui c’erano le famose 7 sorelle. Adesso le grosse aziende petrolifere sono altre, ma permane una concentrazione del potere e del capitale in poche mani, con tutto ciò che ne consegue. Anche perché si tratta di aziende talmente forti che sono in grado di comprarsi interi governi.

 

Le rinnovabili invece, tendenzialmente sono per loro natura più diffuse, quindi hanno dei risvolti economici molto diversi. Ad esempio mentre sulle fonti fossili è ben difficile costituire delle cooperative, sulle rinnovabili in Europa negli ultimi anni se ne sono costituite 2400: sono tante rispetto alle 7 sorelle di cui parlavamo prima e siamo solo all’inizio di questo modello!

 

Abbiamo tutte le carte in regola per poter mettere in atto la rivoluzione energetica?

 

Lo dicevo ai ragazzi ad una recente presentazione: se me lo avessero chiesto 10 anni fa avrei risposto: “Non lo so”, adesso dico: “Sì!”, però bisognerà vedere se bastano 20 anni o se ce ne vorranno 80: da come si fanno gli edifici a come ci si muove, a come si coltiva quello che mangiamo: è in gran parte ancora tutto collegato alle fonti fossili. Non è solo una questione di centrali. La loro generazione sarà quella che determinerà la svolta.

 

Comunque ad esempio sull’elettrico la strada è spianata. È una questione di tempi di sostituzione degli impianti vecchi che finché continuano a funzionare non verranno sostituiti. Qui in Italia ad esempio l’Enel si è impegnata a chiudere a breve tutte le centrali elettriche inquinanti.

 

Ma in altri settori le cose sono più complicate, ad esempio i trasporti. Su questo settore le cose si sono mosse più in ritardo e c’è più strada da fare. Ci sono però modelli interessanti che si stanno affermando, come quelli della nota casa di produzione di automobili elettriche, Tesla: quando acquisti un’automobile da loro, ti assicurano un numero di centraline elettriche dalle quali puoi ricaricare gratis la tua automobile. Quindi acquistando l’auto ti assicuri anche una copertura gratuita di energia.

 

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In Europa comunque si è siglato un impegno per arrivare ad avere nei grandi centri urbani la logistica priva di emissioni climalteranti entro il 2030. Questo significa che tutti i camioncini che fanno le consegne per esempio, non potranno più essere alimentati con motori a benzina o a gasolio. Dopodiché si arriverà a sostituire anche il resto. Laddove c’è la ferrovia ci si può spostare con il treno, ma dove non è presente è sicuramente più complicato. In Svezia però per esempio, stanno testando una specie di autostrada elettrica, in cui il camion si attacca ad un cavo elettrico come un tram.

 

Nel libro c’è una frase di Hermann Scheer che dice: “Il cambiamento energetico determinerà molti più vincitori che vinti”. Ma le grandi multinazionali del petrolio difendono strenuamente il loro potere e non si arrendono.

 

Le grandi aziende fanno quello che hanno sempre fatto, non c’è nulla di strano. Così come è successo che alcune aziende automobilistiche all’inizio del secolo scorso si fossero comprate alcune reti di tram di alcune città statunitensi, per poi dismetterle. Non possiamo aspettarci che le aziende petrolifere cedano il passo di loro spontanea volontà. Quindi il punto è se c’è dall’altra parte una qualche forma di resistenza, perché non possiamo delegare le soluzioni ai soli politici o alle classi dirigenti delle grosse aziende: anche i singoli cittadini devono fare la loro parte nel provare a mettere in campo alternative valide.

 

1. Ricercatore presso il Joint Research Centre della Commissione Europea e autore di decine di pubblicazioni sulle energie rinnovabili

 

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