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Brescia, per noi giornalisti, è un fenomeno curioso. Uno dei principi usati nel giornalismo è che “quando un cane morde un uomo non fa notizia, ma se un uomo morde un cane, quella è una notizia”. Pensiamo al tema dell’inquinamento: luoghi come Caserta con la sua Terra dei fuochi, o Taranto con l’Ilva sono ormai entrati nell’immaginario nazionale. Un luogo che però non è mai diventato “notizia” è Brescia: eppure gli elementi dove “l’uomo morde il cane” li ha tutti.
Da tempo in questa città argomenti come diossina, tumori, smog, falde contaminate e (purtroppo) molto altro ancora sono pane quotidiano per chi si occupa del tema: basta pensare che in alcune aree i livelli di diossina riscontrati sono superiori a quelli riscontrati in Vietnam dopo i bombardamenti statunitensi. Tutto questo però non ha mai suscitato lo scalpore provocato invece in altri luoghi. E’ una guerra silenziosa, e vogliamo dare spazio a chi la combatte senza armi ma con un idea diversa di futuro: l’esperienza di Terra e Partecipazione.
Occorre solo una premessa: parleremo di iniziative che possono essere replicate in tutte le città, e che non sono direttamente collegate ai problemi sopra elencati. Chiaro che, applicate ad una città come Brescia, acquisiscono maggior vigore perché il contorno di una storia contribuisce a creare il quadro.
Terra e Partecipazione è composta da un gruppo di persone che vivono il “territorio e il patrimonio ambientale, agricolo e immobiliare come risorsa per la creazione di nuovi contesti culturali.” Un’agricoltura sociale in movimento che tramite il recupero del rapporto con la natura sia anche capace di migliorare le relazioni tra le persone, che le aiuti in maniera sistemica a prendersi cura di sé e dell’altro. Ed in questi anni il gruppo ha organizzato numerose iniziative in tal senso, dall’Orto Libero al Giardino Planetario.
L’iniziativa che più ci riporta al discorso iniziale è quella della Fermata Metro San Polino Bosco. A Brescia infatti, oltre all’inquinamento, anche il consumo di suolo è un problema preoccupante. Nello specifico, Sanpolino è un quartiere di recente costruzione sorto su terreni agricoli poi resi edificabili ad est di Brescia ma mai completato, a causa del fallimento della cooperativa appaltatrice dei lavori. Ne è conseguita una vasta area di sedici ettari che è rimasta incolta, e che è stata colonizzata da olmi. Un vero e proprio Bosco in città, raggiungibile in metro, una dolce conseguenza della “crisi” economica. Da due anni a questa parte il gruppo Terra e Partecipazione si è presa così cura di questa area.
“Abbiamo attivato percorsi di partecipazione attraverso l’organizzazione di numerosi laboratori come quelli sull’auto-produzione sapone, creme, lisciva, e pane. Abbiamo avviato un orto sinergico con il supporto dell’associazione Terra! Onlus di Genova, oltre ad aver autocostruito una casetta degli attrezzi, dei tavoli e delle panche, un forno in terra cruda e una stufa rocket.” ci racconta Elisabetta di Terra e Partecipazione “e vorremmo valorizzare l’alternativa alla cementificazione e pensiamo a un percorso di condivisione di pratiche per favorire la vita e la cura di un bosco sociale come luogo di incontro per il quartiere e per tutta la città.”
Il percorso avviato a Sanpolino rischia però di interrompersi: il comune di Brescia ha infatti comunicato a Terra e Partecipazione l’obbligo di lasciare l’area l’11 novembre 2016, in quanto è prevista l’edificazione di altri ottocento alloggi e la costruzione di una pista di atletica proprio nell’area dell’olméto. Una doppia sconfitta per una città già sconfitta troppe volte, soprattutto perché Terra e Partecipazione aveva e ha una proposta per l’area, non solo una protesta: ci racconta Elisabetta infatti che “vorremmo dedicarci all‘attivazione di percorsi di formazione per la progettazione e la realizzazione comunitaria di un contesto polifunzionale, all’interno del quale trovino sede serra, luogo di ristoro, erboristeria, bosco sociale, food forest, orti condivisi, frutteto, forno comunitario, area di socializzazione intergenerazionale, biblioteca dei semi e dei saperi, caffè repair, percorsi didattici tutto l’anno per le scuole di tutta la città, spazio sportivo e aree dedicate a danza e attività creative. Vorremmo avviare mercati dove valorizzare l‘autoproduzione, sperimentare baratto e dono, scambiare tempo, beni, servizi, saperi e conoscenze. Con calma, lavorando sul territorio, ci stiamo anche inserendo e integrando con la gente del quartiere, anche gli anziani cominciano a fermarsi e a fare domande, incuriositi.”
Una delle ragioni per cui Italia che Cambia esiste è proprio quella di dare spazio alla proposta. Non possiamo negare i problemi, ma è da lì che ci piace ripartire per trovare la soluzione, una possibile strada alternativa. In questo specifico caso un modo nuovo di vivere la città, di abitarla, dove la salvaguardia della biodiversità non significa solamente etica ma anche un’occasione di riscatto per progettare e costruire un futuro diverso dal presente che impedisce ai bambini di giocare all’aperto.
“Non abbiamo mai voluto alimentare atteggiamenti polemici nei confronti dell’attuale amministrazione, perché riteniamo rischioso rinchiuderci nel contrasto e crediamo fermamente in una comunicazione costruttiva e virtuosa” conclude Elisabetta “ma il tempo scorre veloce e pensiamo che sia importante allargare la prospettiva anche a livello nazionale. Un Bosco Sociale, per una città fortemente inquinata come Brescia è un’oppurtunità di cambiamento, che va nella direzione di un futuro più sano, per tutti, non solo per la nostra città.” Su Italia che Cambia continueremo a seguire la vicenda, perché secondo noi ha ragione Elisabetta: è una storia che riguarda tutti.
Contribuisci anche tu firmando la petizione a sostegno del Bosco Urbano di Brescia!
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