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Mentre si avvicina la nuova stagione venatoria “ufficiale” (2016/2017) anche quest’anno in numerose regioni avremo le “preaperture”. Dal 1 settembre in 9 regioni (Abruzzo, Marche, Veneto, Emilia Romagna, Umbria, Lazio, Campania, Toscana e Sicilia dove dal 1 settembre saranno cacciabili colombacci e tortore) migliaia di animali torneranno nei mirini delle doppiette italiane.
Vedremo di nuovo cacciatori in azione in stagni e lagune pronti a puntare contro anatre selvatiche come alzavole, germani e marzaiole, ma anche nei boschi all’inseguimento di colombacci e ghiandaie. Nonostante le evidenze scientifiche e le normative europee che non consentono la caccia nel periodo di fine estate, nel nostro Paese si continua ad autorizzare l’uccisione di animali selvatici proprio quando questi sono più vulnerabili. Sovente, poi, oltre al danno si concretizza anche la beffa perché alla strage di migliaia di animali dichiarati cacciabili dalle regioni bisogna aggiungere il disturbo alle specie non cacciabili e le numerose uccisioni “accidentali” (molte specie possono essere confuse) o, peggio, veri e propri episodi di bracconaggio.
Non è un caso che l’Europa (l’Italia è stata più volte richiamata dalla Commissione UE con l’avvio di procedure d’infrazione) non consenta la caccia in alcuni periodi dell’anno fra i quali rientra la fine dell’estate per le condizioni in cui si trovano numerose specie: piccoli ancora immaturi, le specie migratrici che devono prepararsi ai lunghi voli di ritorno verso i luoghi di svernamento, la scarsità di acqua e cibo a causa delle siccità estive, degli incendi e le specie che stanno ancora nidificando. A tutto questo, in Italia si aggiunge anche un deficit di controlli, sempre più scarsi e, quindi, inefficaci, per la prevenzione e la deterrenza rispetto ai reati venatori. Situazione in peggioramento anche a causa dei vari “riordini” che interessano le Polizie Provinciali e il Corpo Forestale dello Stato.
Anche se è impossibile calcolare il numero reale degli animali uccisi dalla caccia “autorizzata”, a causa delle falle nel sistema venatorio, si stima che sotto i colpi delle doppiette potranno essere abbattuti in tutta la stagione venatoria decine di milioni di animali: una mattanza compiuta dai circa 700 mila cacciatori italiani (ovvero poco più dell’1% della popolazione italiana, in diminuzione nel numero e in aumento per età media). La stragrande maggioranza degli italiani è invece contraria alla caccia, come dimostra una recente indagine Eurispes secondo la quale il 68% degli italiani si schiera contro l’attività venatoria.
Le preaperture della stagione della venatoria, in Italia si inseriscono in un quadro di estrema difficoltà per la fauna selvatica, già fortissimamente segnata dagli abbattimenti illegali. In particolare per gli uccelli, secondo il rapporto di BirdLife International, uscito proprio quest’anno, nel nostro paese si arriva a un numero di uccisioni illegali pari a 5.600.000 di stima media (range da 3.400.000 a 7.800.000).
La crescita di sensibilità certamente positiva nei confronti della Natura, frutto del grande lavoro di sensibilizzazione ed educazione ambientale svolto da associazioni come il WWF che nei suoi 50 anni di vita ha contribuito al miglioramento delle condizioni della fauna e nel rispetto delle norme europee. Il 2016 è l’anno del cinquantesimo anniversario dalla fondazione del WWF Italia: 5 decenni di impegno grazie all’attività di volontari, guardie ambientali, avvocati, studiosi ed esperti sempre in favore della Natura.
Lazio e Marche avranno la stagione venatoria più lunga, dal 1 settembre al 9 febbraio 2017. Inoltre altre regioni continuano ad escogitare “escamotage” per impedire ricorsi alle associazioni ambientaliste: è il caso della Toscana che ha approvato la preapertura con un provvedimento “last minute” con soli due giorni d’anticipo dal via libera alle doppiette. In attesa dell’apertura ordinaria prevista per il 18 settembre non resta che sperare che il minor numero possibile di cacciatori approfitti di queste deroghe e che provvedano alla riduzione dell’inquinamento non utilizzando munizioni in piombo, elemento estremamente inquinante sia per gli uomini che per gli animali.
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