Asilo nel bosco: processo e nuovo paradigma educativo
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Quanto una cosa sta a cuore lo comprendi dai dettagli, dalla cura, dall’attenzione, dall’accoglienza.
Ogni cosa ieri, all’incontro di presentazione dell’Asilo nel Bosco del Casentino, rimandava all’amore.
Dal racconto per immagini e parole (scritte a mano come non si è quasi più abituati a vedere) dell’esperienza del campo estivo al modo con cui venivano accolte e ascoltate le persone che pian piano arrivavano all’incontro, dalla cura dello spazio dedicato ai bimbi che hanno accompagnato con le loro voci lo scorrere del pomeriggio ai libri fatti a mano per raccogliere contatti, suggerimenti, riflessioni.
La stessa cura e amorevolezza che ho visto nel prendersi cura di un figlio. Che è anche mettersi in gioco, apertura ed ascolto. Un atteggiamento positivamente contagioso che crea l’ambiente per una condivisione libera e armoniosa, per accogliere ogni (bio)diversità da cui nasce la ricchezza di un’idea che evolve grazie al contributo di tutti.
D’altronde questa è stata fin dall’inizio la cifra distintiva di questo gruppo di genitori e di persone che hanno a cuore l’educazione. Perchè nei bambini sta il futuro e gli strumenti che saremo in grado di offrire loro oggi faranno il mondo nuovo.
Un gruppo che ha deciso di impiegare il proprio tempo in una riflessione profonda sui modelli educativi attuali ed emergenti, che ha iniziato il suo percorso ad ottobre dell’anno scorso per arrivare a realizzare un campo estivo sperimentale ad agosto di quest’anno e gettare le basi per un dialogo più ampio coinvolgendo istituzioni, insegnanti e cittadini.
L’incontro di ieri è stato intenso e ricco e merita più di un capitolo per la qualità degli interventi e del confronto. Ma iniziamo dal principio…
L’importanza del processo. Oltre il cosa c’è il come.
La prima parte della presentazione è stata dedicata alla modalità con cui il gruppo ha deciso di lavorare. Usando quegli strumenti oggi a nostra disposizione per il cambiamento, utili a sostenere e accelerare i processi di gruppo e comunità. In particolare la facilitazione, che si prende cura dello spazio, di tutte le “voci” di un gruppo, che consente di raggiungere gli obiettivi in modo realmente condiviso praticando metodi sociocratici, di “potere diffuso”, per le decisioni e di gestire costruttivamente tensioni e conflitti. E la biomimesi per sviluppare l’idea progettuale, una metodologia molto aderente al progetto dell’asilo nel bosco (che vede la natura come maestra) in quanto ha un approccio che si ispira alla natura e ai suoi sistemi per emularli e riportarne i processi, le funzioni, all’interno del modello di organizzazione.
Approcci che avremo modo di approfondire in prossimi articoli e che sono alla base di Italia che Cambia.
Nuovi paradigmi educativi-L’asilo nel Bosco
Larga parte della giornata è stata dedicata alla pedagogia del bosco grazie al contributo di Paolo Mai educatore dell’Asilo nel Bosco di Ostia Antica attraverso cui è stato possibile comprendere l’innovazione che porta questo modello già radicato nei paesi del nord Europa e in Gran Bretagna.
Tra gli elementi alla base del modello di Ostia, l’attenzione alle esigenze del bambino, considerato all’interno dell’ambiente, del contesto sociale in cui cresce, e il trascorrere del tempo in natura sono quelli più evidenti.
Stare in natura è una nota caratterizzante dell’asilo nel bosco, lo spazio in cui si vive la quotidianità fa la differenza, stimola la curiosità dei bambini con l’esplorazione di nuovi ambienti, del territorio, del mondo. La passeggiata, l’esplorazione in cui si incontrano persone, si trovano “tesori” è una parte esperienziale fondamentale possibile grazie al rapporto educatore/bambino che è 1:8. Questo rapporto permette di curare alcuni aspetti fondamentali dell’educazione come la relazione e l’attenzione ai bisogni individuali. E la co-presenza di maestri con competenze e attitudini differenti (artistiche, musicali etc.) permette di creare affinità più profonde e rendono il processo più fluido.
Paolo ha potuto osservare come l’esperienza diretta sia il metodo migliore per facilitare il processo di apprendimento. Nell’asilo nel bosco il maestro diventa “costruttore di esperienze”, utilizza il gioco come veicolo didattico fondamentale e si pone come obiettivo primario che i bambini siano felici.
Per raggiungere gli obiettivi didattici dettati dal Ministero, secondo Paolo, è più funzionale fare delle esperienze. I “grandi movimenti”, la “manualità fine”, l’educazione di tutti i sensi, che rientrano nel campo di esperienza “corpo e movimento” solo per il fatto di vivere, di fare esperienza in natura sono facilitati nel loro raggiungimento. Affrontare il campo della “conoscenza del mondo” vivendola profondamente nella quotidianità è più efficace.
Una bella esperienza permette di interiorizzare le competenze e le conoscenze e questo lo dice anche l’etimo di alcune parole come “ricordare” che al suo interno ha “cor-cordis”, “cuore”, che ci ricorda come gli esseri umani tendano a ricordare le esperienze che li emozionano e in “rimembrare” in cui ci sono le “membra” perché se facciamo una cosa con il corpo rimane di più in noi. Prendere coscienza di quali sono le modalità con cui noi esseri umani apprendiamo cambia completamente l’approccio. Questo lo dicono anche le neuroscienze e la psicologia positiva: apprendiamo quando facciamo e quando facciamo una cosa che ci piace che corrisponde ad un nostro talento, ad una nostra passione.
Il ruolo dell’educatore diventa quindi quello di creare esperienze significative per la vita dei bambini. E la felicità dei bambini diventa un termometro della vitalità nell’apprendimento.
Tutte le giornate nell’asilo nel bosco sono diverse ma non mancano mai alcuni momenti. Uno dei momenti caratterizzanti è la prima parte della giornata con proposte multiple all’esterno che è organizzato in centri di interesse (attività artistiche-manuali, racconto storie, gioco libero etc.), in questo modo ciascun bambino può trovare delle attività che corrispondono ai propri interessi. Gli educatori sono osservatori di questi momenti e le attività proposte dipendono da ciò che l’educatore ha osservato. Il gioco libero è fondamentale in quanto attraverso di esso i bambini costruiscono le relazioni con gli altri, conoscono se stessi e i propri limiti.
Il cerchio per guardarsi negli occhi, non manca mai, è uno spazio dedicato all’ascolto e ad attività legate all’educazione emozionale o in cui si prendono decisioni insieme ai bambini, ad esempio su dove si vuole andare in passeggiata, per dargli il messaggio che sono veramente ascoltati.
Anche il momento del pranzo ha un’alta valenza educativa. Ad Ostia i bambini a turno apparecchiano, sparecchiano, si occupano dei rifiuti in autonomia e utilizzano piatti, bicchieri e posate di vetro, ceramica e ferro, il che accresce la loro autostima.
Il dopo pranzo è il momento del riposo per chi vuole, mentre per gli altri è la parte di “ozio” come spazio e tempo che i bambini gestiscono autonomamente. Un momento prezioso in cui il bambino all’inizio si annoia un po’ ma poi può comprendere che da lì nascono belle idee e bei giochi e attraverso il quale inizia ad avere un ruolo attivo all’interno della costruzione della propria felicità.
Le parole chiave sulle quali ci si dovremmo basare per creare qualsiasi progetto educativo efficace sono, per Paolo, esperienza e relazione.
La relazione è anche con i genitori che nell’asilo nel bosco possono stare all’interno della scuola e con i quali il maestro crea momenti istituzionali (riunioni. incontri individuali etc,) e in contesti non formali. In questo modo i genitori possono sentirsi artefici e parte del progetto. Ciò fa anche in modo che vi aderiscano con più consapevolezza e che ci sia più fiducia. Crea un clima che rende anche più facili gli inserimenti dei nuovi bambini e dei genitori che godono di un ambiente che li fa sentire accolti. Tenere lontane le famiglie è una rigidità che non favorisce la creazione di una relazione con i genitori, relazione che aumenta il benessere dei bambini.
Continua..
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