11 Ago 2016

Un’orto in paese

Scritto da: Daniela Bartolini

Anche il Comune di Poppi tra i comuni coinvolti nell'iniziativa regionale “Centomila orti in Toscana”. Orti urbani che uniscono piacere, benessere, socialità, educazione

Salva nei preferiti

Appezzamenti di terra da coltivare all’interno dei centri urbani da destinare a singoli cittadini o gruppi di persone, questo sono gli orti urbani. Un modello che negli ultimi anni si è diffuso in tutta Italia rispondendo alla richiesta sempre più forte di contatto con la terra, di sperimentarsi nel lavoro manuale, di ritorno ad un saper fare antico che unisce piacere, benessere, socialità, educazione.

Per i comuni che negli ultimi anni si sono attivati su questi progetti, l’orto urbano rappresenta anche un modo per recuperare aree inutilizzate, soggette a degrado a cui dare un nuovo scopo e una nuova vita.

Far “crescere” piante e prodotti vegetali non è un lavoro banale, implica uno scambio di sapere ed anche la soddisfazione di auto-prodursi una parte del cibo. Un’attività spesso rara nelle grandi città, almeno in passato ma che trova il suo senso anche all’interno di territori come il Casentino, dove questo tipo di tradizioni non sono mai state abbandonate, proprio per la sua dimensione sociale, comunitaria e la localizzazione all’interno dei paesi.
Diversamente dal passato tale interesse si manifesta anche nelle giovani generazioni pur permanendo nelle persone più anziane, in pensione dal lavoro ma ancora attive fisicamente.

L’orto urbano non deve essere quindi essere considerato solo un pezzo di terra da coltivare, è molto di più. E’ un’area di aggregazione, di scambio sociale ed intergenerazionale, di didattica ambientale e di crescita culturale. E’ un punto di incontro fra persone differenti che possono mettere in gioco le proprie conoscenze e le proprie esperienze, dove passare il tempo e dove crescere in modo sano.

La Regione Toscana ha deciso di intervenire su questo tema con l’iniziativa Centomila orti in Toscana per la diffusione degli orti urbani su vasta scala, con la definizione di regole certe e trasversali sull’intero territorio regionale e coadiuvando i comuni, che sono i soggetti deputati alla gestione di tale aree, alla realizzazione degli interventi strutturali necessari alla completa funzionalità di questi luoghi.
L’iniziativa si svolge in tre fasi: definizione del “modello di orto urbano toscano”; sperimentazione del modello su sei comuni pilota; diffusione territoriale del modello sugli altri Comuni della Toscana.
Oltre ai sei comuni pilota (Firenze, Bagno a Ripoli, Grosseto, Livorno, Siena e Lucca), al progetto hanno aderito 74 comuni tra cui, per la Provincia di Arezzo: Arezzo, Castiglion Fiorentino, Poppi, Sansepolcro.

Con il termine “modello di orto urbano Toscano” si intende un percorso condiviso di realizzazione e di gestione dei “Complessi di orti urbani” che abbia valenza territoriale; il modello proposto dalla Regione non si limita agli aspetti progettuali e tecnici per la realizzazione degli orti, quanto a definire l’intero percorso che va dalla individuazione dell’area vocata, fino alla selezione del soggetto concessionario delle strutture ed al soggetto assegnatario del singolo orto. Il modello è uno strumento di supporto per i comuni interessati a realizzare sul proprio territorio uno o più “Complessi di orti urbani”, un’idea progettuale da adattare caso per caso.

Ai fini del modello toscano sono definiti con il termine “Complesso di orti”, la struttura di proprietà pubblica (o di proprietà privata ceduta in uso al comune) che raggruppa l’insieme degli orti (comprensiva anche di orti “fuori terra” caratterizzati da coltivazioni rialzate rispetto al terreno ed eseguite in appositi contenitori per facilitarne la fruizione a soggetti con disabilità e/o patologie invalidanti). Mentre con “Orti urbani” si intendono gli appezzamenti di terreno, situati entro un “Complesso di orti”, da cui l’assegnatario ottiene una produzione di fiori, frutti e ortaggi per se e per la propria famiglia. Gli orti possono essere: “Orti – giardini condivisi” (community garden) cioè appezzamenti di terreno destinati alla coltivazione collettiva, da cui discende la produzione di fiori, frutta e ortaggi, in cui prevale la dimensione collettiva e partecipata; “Orti didattici” che assolvono essenzialmente allo scopo di avvicinare i giovani alla conoscenza ed al piacere del coltivare la terra; “Orti terapeutici” dedicati alle coltivazioni ortofrutticole per l’integrazione di persone o gruppi svantaggiati (es. immigrati, giovani disoccupati, persone anziane, disabili, ecc.) in quanto promuovono e facilitano il loro inserimento nel tessuto sociale.

L’Amministrazione regionale, in quanto soggetto propulsore dell’iniziativa, erogherà le risorse necessarie al cofinanziamento delle opere realizzate dai comuni. I comuni aderenti saranno i soggetti chiamati a realizzare i nuovi orti urbani o a migliorare, secondo le linee guida, quelli già esistenti. Associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato che non perseguono scopo di lucro sono invece i soggetti chiamati a gestire gli orti. Gli ortisti, coloro che si prenderanno cura dell’appezzamento individuato, saranno individuati fra i cittadini residenti nel Comune proprietario del “complesso di orti”.

Gli elementi essenziali del modello Toscano sono:
cambiamento radicale del concetto di “orto urbano” che viene inteso come un insieme di appezzamenti di terreno inseriti in strutture, denominate “Complessi di orti”, che si presentano come luoghi moderni, destinati a persone di tutte le età (soprattutto giovani), centri di aggregazione e di scambio culturale fra i coltivatori, visitatori occasionali, studenti, etc;
nel “Complesso di orti” sono inseriti servizi, spazi comuni, punti di aggregazione. La presenza delle persone non si limita allo svolgimento delle cure colturali nel “proprio”appezzamento, quanto a condurre una vita sociale volta anche allo scambio di informazioni, all’aggiornamento delle conoscenze, al confronto con le altre persone e le altre generazioni. Tali orti possono diventare anche punti di riferimento importanti per la coltivazione di germoplasma di antiche varietà locali;
riconoscimento di un ruolo fondamentale ai giovani e alle scuole quali motori di iniziative comuni di crescita e sviluppo di tutta la struttura. Per il giovane, l’orto urbano (e la gestione di Associazioni da questi costituite) è un importante banco di prova e di inserimento nel tessuto connettivo della propria città, nonché di volontariato. L’aspetto didattico e lo scambio di esperienze tra generazioni appare elemento di crescita sociale e di valorizzazione della cultura agricolo-ambientale del territorio. Per questo motivo l’iniziativa rientra anche nell’ambito del progetto Giovanisì.

L’Accademia dei Georgofili sta curando la stesura di un “Manuale d’uso”, destinato sia alle Associazioni che coordineranno gli ortisti, sia agli ortisti stessi, per fornire a tutti una conoscenza di base anche minima per quello che riguarda i concetti elementari dell’orto e della coltivazione, coltivando in modo sostenibile, ottimizzando l’uso dell’acqua e, soprattutto, privilegiando la stagionalità e le produzioni locali, stando bene attenti all’introduzione di specie alloctone.
Gli studi condotti dall’Accademia confermano che negli ultimi anni parlare di orto urbano, orto domestico, prodotti km 0, vivere sano e in sintonia con l’ambiente è diventato un tormentone, quasi una moda. Ma sappiamo davvero cosa coltiviamo, come coltivarlo e soprattutto cosa mangiamo? Se vogliamo veramente creare un orto produttivo in ambiente urbano, è fondamentale conoscere determinati aspetti. Spesso l’approccio alla coltivazione dell’orto è del tutto casuale e improvvisato; negli ultimi 50 anni l’orto è stato spesso visto come un passatempo per gli anziani o per gli hobbisti, ma in futuro è destinato a diventare utile per molta parte della popolazione che vive nelle aree urbanizzate, importante anche per chi l’orto non lo coltiva, in quanto si troveranno comunque coinvolti dai benefici ambientali, sociali ed economici determinati dalla presenza degli orti urbani. Infatti la loro corretta realizzazione all’interno o nell’immediato intorno alle aree urbane può migliorare notevolmente la qualità della vita, in termini tecnici e rilevabili scientificamente: miglioramento della qualità dell’aria, migliore gestione delle acque piovane in eccesso e loro stoccaggio, anche solo temporaneo, per rallentare il deflusso, aumento della biodiversità; per non parlare poi della rivalutazione economica degli immobili e dei quartieri adiacenti. Altro aspetto importantissimo è quello di tipo sociale: talvolta gli orti possono diventare dei community garden (nei paesi del Nord Europa questo tipo di utilizzo è molto diffuso) con dei benefici anche in termini di integrazione con le persone immigrate che possono coltivare e capire le tradizioni del luogo e condividere le loro esperienze e la loro tradizione.

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
La Mela Insana cura la rinascita degli orti urbani a Napoli
La Mela Insana cura la rinascita degli orti urbani a Napoli

Zappa Social, la storia di una comunità che ha trasformato una discarica abusiva in un’oasi verde
Zappa Social, la storia di una comunità che ha trasformato una discarica abusiva in un’oasi verde

L’esperienza culturale dell’Orto Sociale Urbano promette benessere per il corpo e la mente
L’esperienza culturale dell’Orto Sociale Urbano promette benessere per il corpo e la mente

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Il boom dei fast food e la fine dell’identità – INMR Sardegna #58

|

Smartphone, pc, elettrodomestici: ripararli è possibile con “The Restart Project” – Soluscions #4

|

Terapie psichedeliche: una soluzione ancestrale ai disturbi mentali?

|

Il futuro del vino tra crisi climatica e innovazione

|

Dalla crisi ecologica alla disumanizzazione delle guerre, l’amore è la risposta

|

Lo storyteller dell’acqua Zach Weiss e il nuovo paradigma per mitigare clima, siccità e alluvioni

|

Tyrrhenian Link: “La nostra lotta continua oltre lo sgombero del presidio degli ulivi”

|

Luana Cotena e il suo concetto rivoluzionario di capo d’abbigliamento

string(9) "casentino"