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Torniamo regolarmente a parlare di cibo e di iniziative contro lo spreco del cibo, vista l’importanza che riveste per noi e per tutti questo argomento. C’è una cosa però di cui non vi abbiamo ancora parlato: gli empori solidali. Veri e propri supermercati in cui la spesa si fa gratis, che nascono dalla collaborazione tra enti locali, associazioni e semplici cittadini e in cui in Italia lavorano circa 2000 volontari.
In Italia finora se ne contano una sessantina, sparsi per tutto il territorio nazionale: da Varese a Caltanissetta (per una mappa completa vedi qui); la prossima apertura è attesa per settembre ad Aosta. All’interno di questi negozi le persone si possono trovare generi di prima necessità come verdura, pasta, pane, ma anche libri scolastici per i figli e tanto altro ancora.
«Ad accedere sono persone disagiate, nuovi poveri e persone in difficoltà economica e relazionale. Possono accedervi solo i residenti nel comune in cui ha sede l’emporio che dichiarano un Isee compreso tra i 3 mila e i 10 mila euro, oppure chi è senza lavoro, chi è iscritto a un centro per l’impiego, chi ha figli minori. Nel 58% dei casi si tratta di famiglie straniere, ma il numero delle famiglie italiane è in aumento».
Come mai si è deciso di aprire dei negozi di questo genere? Prima di tutto per aiutare le persone e le famiglie disagiate, ma anche per combattere una delle piaghe mondiali più odiose: lo spreco del cibo! Non dobbiamo infatti dimenticare che almeno 1/3 del cibo che viene prodotto nel mondo finisce in discarica e che anche a livello nazionale lo spreco del cibo registra cifre da capogiro, dandoci inevitabilmente da riflettere sull’enorme paradosso di natura etica creato dalla disparità tra chi si permette di buttare il cibo e chi il cibo non ce l’ha affatto.
Verrebbe certamente da pensare che ci sarebbe da evitare tutte quelle pratiche malsane legate alla grande, media e piccola distribuzione, prima ancora di accumulare merce di scarto. Come i canoni estetici rigorosi che prevedono ad esempio che la mela macchiata debba per forza essere scartata a priori, perché appunto non rientrando in questi standard auto-imposti dalle aziende alimentari stesse, non può essere venduta nei supermercati e nei negozi alimentari, indipendentemente dal fatto che sia o meno perfettamente commestibile.
Ecco che da qualche anno a questa parte i grandi supermercati, i mercati ortofrutticoli e i piccoli negozi alimentari possono donare il cibo invenduto agli empori solidali, costituendo una rete che dalla sua nascita nel 2008 si è estesa e genera collaborazioni proficue di ogni tipo, a partire dai legami sociali che qui vengono naturalmente rafforzati e fino ad arrivare a tutta una serie di servizi che vengono erogati, sempre a titolo gratuito, per offrire un aiuto di più ampio spettro, come sportelli di ascolto, orientamento al lavoro, corsi di italiano per stranieri, attività e aiuto compiti per bambini e tanto altro.
Dobbiamo però ricordarci che una buona parte dello spreco del cibo avviene anche nelle proprie case e che come sempre, scelte di vita consapevoli, come semplicemente quella di comprare solo ciò di cui realmente si necessita e consumare tutto ciò che si acquista entro la sua data di scadenza, sarebbero da prendere in seria considerazione.
Ricordiamoci anche che accanto ad un’Italia sprecona e noncurante, esiste un’Italia che si sforza di fare scelte consapevoli e compatibili con il rispetto delle persone e dell’ambiente e che si adopera affinché le cosiddette “eccedenze alimentari” possano essere giustamente ridistribuite.
Voi a quale Italia sentite di appartenere?
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