Ecovillaggio Montale, l'abitare sostenibile è possibile
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Sulle colline modenesi è nato da pochi anni un piccolo gioiello della bioedilizia. Ecovillaggio Montale, sorto proprio negli anni della crisi immobiliare, è un insediamento di nuova costruzione che ha rivoluzionato il concetto di abitare, ponendo al primo posto la sostenibilità non solo ambientale – con l’impiego di tecnologie all’avanguardia –, ma anche sociale. Ne parliamo con Silvia Pini, l’imprenditrice che ha ideato e realizzato questo progetto.
Com’è nata l’idea di avviare un progetto di questo tipo?
«L’Idea nasce dalla consapevolezza che per troppo tempo non ci siamo curati degli effetti sull’ambiente (dunque sulla vita delle persone che dell’ambiente si nutrono e respirano) di ogni nostra azione imprenditoriale, consumo e acquisto. Abbiamo deciso di cambiare rotta nell’ottica di un presente e un futuro migliori».
Potreste riassumere brevemente le tecnologie e i materiali che sono stati utilizzati per la costruzione?
«Ecovillaggio trova i suoi elementi distintivi prima di tutto nell’urbanistica, ovvero abbiamo preparato l’area che accoglie le abitazioni e i servizi in ottica bio ed ecosostenibile: analisi del luogo, utilizzo delle risorse naturali e rinnovabili per la resilienza ai cambiamenti climatici (prevenzione dei rischi idrogeologici, dissipazione isole di calore eccetera) e la mitigazione del microclima in modo da sfasare e smorzare l’onda termica prima che giunga sulle pareti delle abitazioni. Queste ultime sono state progettate per essere NON energivore quindi ben orientate, termicamente isolate (blocco cassero in legno cemento con cappotto interno polistirene in grafite- eliminazione dei ponti termici), ignifughe, antisismiche, acusticamente protette e con tenuta all’aria, il tutto tramite l’utilizzo di materiali e tecnologie (ad esempio ventilazione meccanica dell’aria) che rendano l’ambiente indoor salubre e confortevole a consumi energetici bassissimi e con zero emissioni di Co2».
Che reazione hanno avuto le istituzioni del territorio da un lato e il mercato dall’altro?
«Stiamo parlando del 2005/2006 (pieno del boom immobiliare) quando ho proposto alla Pubblica Amministrazione di cestinare un progetto voluto da essa stessa ormai 10 anni prima, già obsoleto prima ancora di arrivare alla sua esecuzione. L’amministrazione di allora era totalmente impreparata come organico ma il Sindaco era curioso, così mi diede fiducia e accettò la sfida comprendendo che la rotta era quella giusta. A seguito dei tempi burocratici arrivammo a iniziare a costruire nel 2010, anni di piombo per l’immobiliare. Iniziammo con una piccola palazzina, ci mettemmo in prima persona sulle vendite e fornimmo tutte le informazioni tecniche e di garanzia bancaria necessarie per un acquisto innovativo, vendemmo 4 appartamenti su 6 prima di aver terminato le fondazioni. Fu il vero sprone ad andare avanti».
Ci potete raccontare brevemente il percorso delle tre neo-laureate che hanno fatto la tesi sull’ecovillaggio?
«Fin dal primo momento siamo stati on line con un sito web che potesse fornire gli approfondimenti necessari a chi voleva accostarsi a un acquisto innovativo ed ecosostenibile, così ci trovarono e contattarono alcune laureande, altre tramite la Dott.ssa Marcella Minelli, agronomo del paesaggio e progettista di Ecovillaggio che collabora con l’Università di Bologna. Vennero a trovarmi e passammo alcune ore assieme a scambiarci informazioni e punti di vista, tanta energia e passione. Ciascuna ha affrontato aspetti diversi di Ecovillaggio, dal sociale al bioclimatico, e una in particolare ci ha permesso di scegliere oculatamente tutte le essenze piantumate in Ecovillaggio in base alla loro capacità di assorbire Co2, di catturare le polveri inquinanti e di evaporazione per la mitigazione del microclima della nostra zona».
Come considerate nel complesso l’offerta immobiliare attuale rispetto ai temi di risparmio energetico e sostenibilità ambientale?
«Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno qualcosa è cambiato, anche grazie alle normative vigenti e alla introduzione dell’attestato di prestazione energetica. Vi è più offerta di abitazioni nuove meno energivore. Un traino importante è la clientela che quando si accosta al nuovo desidera innovazione e bassi consumi energetici. Parliamo tuttavia di numeri troppo bassi e non aiutati dall’andamento del mercato in generale. Molto parca ancora la progettazione urbanistica necessaria per amplificare l’effetto preventivo del danno ambientale».
Potreste tracciare brevemente un confronto (con qualche dato) fra l’impatto ambientale medio di un’abitazione italiana e quello di una di Ecovillaggio Montale in termini di emissioni e consumi?
«È bene precisare che l’Italia è molto lunga e variegata per cui l’impatto ambientale di una abitazione al nord, centro o sud, e ancora sui monti o al mare, è differente. Certamente in Emila Romagna, dove occorre sia riscaldare in inverno che raffrescare in estate e abbattere alti tassi di umidità, i consumi di una abitazione tradizionale sono tra i più elevati in Italia: parliamo in media di circa 220 kwh/mq/anno solo per riscaldamento e acqua calda sanitaria. Normalmente le abitazioni sono riscaldate tramite caldaia a gas che riscalda anche l’acqua sanitaria, questa combustione produce emissioni di Co2 in atmosfera (circa 2Kg di Co2 dalla combustione di 1 mc di gas metano), principale gas a effetto serra, responsabile dei cambiamenti climatici.
Le residenze Ecovillaggio Montale, grazie alla efficienza urbanistica e dell’involucro edilizio, necessitano di pochissima energia primaria sia per riscaldare che raffrescare gli ambienti, deumidificandoli, ma anche per riscaldare l’acqua sanitaria. In media circa 20Kwh/mq/anno, ovvero il 90% in meno rispetto a una residenza tradizionale. Grazie a questo, in Ecovillaggio ci si può permettere di utilizzare pompe di calore che necessitano solo di energia elettrica, in parte autoprodotta tramite il solare fotovoltaico e in parte acquistata dal gestore Lifegate, che vende energia prodotta 100% da fonti rinnovabili e italiana. Non si fa combustione di gas né in loco né in remoto quindi non si emette Co2 in atmosfera. Al contrario, la riforestazione attuata in base ai criteri della tesi di laurea di Federica Santi, assorbe la Co2 che viene emessa da altre realtà».
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