Seguici su:
Da oltre un anno è in corso un’aspra discussione sull’uso e la pericolosità del glifosato, un potente erbicida utilizzato in tutto il modo in agricoltura ma anche per la cura dei parchi pubblici e dei giardini.
Dopo un’iniziale empasse politico, trascinato fino all’ultimo giorno utile per la decisione, il 30 giugno scorso la Commissione Europea ha prorogato l’autorizzazione all’uso del glifosato per un anno e mezzo. La risoluzione mira a prendere tempo fino all’espressione del giudizio dell’ECHA – European Chemicals Agency, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche – per questo si è optato per una proroga di un periodo di tempo limitato anziché i consueti 15 anni che normalmente vengono concessi ai prodotti fitosanitari.
Intanto il dibattito si infiamma.

Il glifosato, l’erbicida più diffuso al mondo, è stato classificato come dallo Iarc come possibile cancerogeno per l’uomo
L’anno scorso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca contro il Cancro (IARC) aveva incluso il glifosato tra i “probabili agenti cancerogeni umani”. In quell’occasione Thoralf Kuchle, portavoce della multinazionale Monsanto, si era schierato in difesa del prodotto. Non a caso forse, visto che il composto chimico del glifosato è divenuto di libera produzione nel 2001, quando è scaduto il brevetto che fino a quel momento era appartenuto proprio alla Monsanto.
Il rinvio della decisione definitiva e la proroga dell’autorizzazione hanno aperto una nuova crepa tra istituzioni e società civile. A luglio 2015 ben 46 associazioni avevano sottoscritto il manifesto “Stop Glifosato” per chiedere al Governo, ai Ministeri competenti e al Parlamento, di applicare il principio di precauzione in nome della tutela della salute pubblica e di vietarne produzione, commercializzazione e utilizzo.
Attualmente l‘Italia è uno dei maggiori consumatori di questo pesticida ed è addirittura incluso nel Piano Agricolo Nazionale (PAN). Intanto nel resto del mondo, molti paesi si stanno muovendo per il progressivo abbandono: alcuni rivenditori lo hanno rimosso in Germania e Svizzera, la Francia si è impegnata a ritirarlo entro il 2018 e – fuori Europa – El Salvador e Sri Lanka lo hanno completamente vietato. Ma in Italia la Coalizione #StopGlifosato avverte: “L’esecutivo Europeo non si illuda che lo slittamento decisionale ci farà abbassare la guardia”.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento
Articoli simili

Proteste degli agricoltori: “Miope e pericoloso prendersela con il Green Deal”

Mathias, l’antieroe della battaglia delle comunità indigene contro le multinazionali dell’olio di palma
