29 Lug 2016

Flussi migratori: come andare oltre l'emergenza

Scritto da: Veronica Tarozzi

Qual è la situazione in Italia ed in Europa dal punto di vista della gestione dei migranti? Ne abbiamo parlato con Gaetano Turrini, presidente dell'associazione Speranza – Hope for Children impegnata in zone disagiate da conflitti e povertà, con iniziative umanitarie in favore delle famiglie e, in particolare dei bambini.

Salva nei preferiti

L’immigrazione, se gestita correttamente, è un valore ed un elemento di crescita. Ne è convinto Gaetano Turrini, presidente di Speranza – Hope for Children, con cui abbiamo parlato della questione dei flussi migratori e delle proposte della sua associazione per affrontare il fenomeno, andando oltre l’emergenza.

 

La politica ed i media presentano la questione dell’immigrazione solo ed esclusivamente in termini di “emergenza”, pensa che ci siano altri modi per indirizzare la questione, se sì, quali?

 

L’entità del fenomeno è tale che non si può affrontare solo secondo schemi tradizionali o peggio ancora che passano attraverso logiche legate agli umori dell’opinione pubblica. È un problema reale ed urgente quello dell’emergenza profughi, sia sulla rotta mediterranea, che su quella balcanica e come tale va affrontato.

 

Non affrontarlo comporta delle risposte negative sia in termini di opinione pubblica che da parte degli stati. Bisognerebbe invece tener conto del fatto che la migrazione è un valore. L’immigrazione è sempre un elemento di crescita e di ricchezza, ma va gestita adeguatamente.

 

In questo caso siamo in emergenza, poiché l’Europa ha fallito i propri obiettivi ben prima della Brexit. Quando c’è una crisi economica e non si riesce a dare una risposta pertinente con modelli istituzionali, la reazione della gente molto spesso è emotivamente negativa. Ecco che sorge il problema migrazione laddove ci sono persone che scappano da guerre, terrorismo, violenze e nei Balcani si tratta del 95-98% dei migranti.

 

Quando l’Europa ha scelto di non affrontare a dovere il tema il fallimento si è visto prima di tutto nelle ripartizioni in quote, in seguito con l’accordo Europa-Turchia, ma ormai la rotta balcanica è ripartita. Noi siamo già lì in 4 diversi punti con i nostri volontari, perché è nostro preciso interesse e dovere tutelare i diritti dei migranti sopra ogni cosa.

 

ea11038601014cbda842292827398e3b_18

 

Gli accordi tra Europa e Turchia erano: l’Europa avrebbe stanziato 6 miliardi affinché la Turchia bloccasse i profughi sulle sue coste con le navi da guerra della NATO, per impedire l’accesso all’Europa. Un accordo che è stato ampiamente criticato dall’UNCHR e da tutte le organizzazioni umanitarie, oltre che essere inattuabile dal punto di vista pratico. Il risultato è che ormai sia in Turchia, sia in Europa si dice che il progetto sia fallito.

 

Tutto questo nonostante il diritto d’asilo sia un diritto riconosciuto universalmente, come diritto che passa attraverso un’istruttoria individuale. L’Europa invece, ha fatto una scelta collettiva inattuabile per la situazione che c’è nei paesi d’origine dei migranti, per la sofferenza del tragitto sia nella rotta balcanica che in quella mediterranea ed il rischio per la propria vita. Personalmente ho visto gente che aveva camminato per centinaia di chilometri, bambini con le scarpe squarciate che piangevano per la stanchezza ed il dolore. Quello che ho visto nei Balcani nell’ultimo anno, non l’avevo mai visto in tutta la mia vita. Il dolore che ho visto con i miei occhi, i genitori che piangevano di fronte a me al rendersi conto della tragedia che stavano vivendo, intere famiglie costrette a dormire per terra come animali. È inaccettabile che questo avvenga in Europa!

 

È inaccettabile che in Bulgaria esistano addirittura i “cacciatori di rifugiati”! Ho operato in quelle zone, so come funziona. Bambini e mamme compresi: li mettono pancia a terra, li legano e aspettano l’arrivo della polizia. Abbiamo report di gente sequestrata dalla polizia in Bulgaria, aggredita dai cani-poliziotto, picchiata e derubata. Anche in Macedonia, abbiamo report di gente picchiata e con le gambe piene di lividi. Questa è l’Europa!

 

A Udine, in Italia, sono arrivati ad incriminare per favoreggiamento alla clandestinità i volontari di un’associazione non-profit che hanno portato dei rifugiati alla Caritas e spiegato loro i loro diritti su come richiedere la protezione! In Ungheria aiutare i clandestini è già punibile per legge; mentre in Danimarca hanno approvato una legge, destra e sinistra insieme, in cui si dice che ai rifugiati devono essere sequestrati i beni, giustificandosi per il fatto di dover affrontare delle spese. Pensa che la nazione dove si lavora meglio è la Serbia, perché non è in Europa: noi volontari e organizzazioni non-profit lavoriamo meglio dove non c’è Europa!

 

Gli aiuti alimentari di Speranza - Hope for children

Gli aiuti alimentari di Speranza – Hope for children


 

Qual è la situazione in Italia dal punto di vista della gestione dei migranti e che peso hanno le politiche europee?

 

La gestione al Sud che ne sta facendo la Guardia Costiera, le organizzazioni, Medici Senza Frontiere è di buon livello. È l’Europa che manca di aiuti. Personalmente ho apprezzato quando l’Arcivescovo di Milano ha detto 

al Governo Italiano: “Forse è meglio che pensiate di far da soli, lasciando perdere le politiche europee e dell’ONU”.

 

L’Italia fa il proprio dovere, però ha un grosso problema che è l’ONU, poiché ha ridotto i fondi per i rifugiati e tutta questa gente che scappa, se fossero loro offerte condizioni di vita dignitose, starebbe vicino alle frontiere in attesa che torni la pace. In Turchia la Merkel ha visitato un campo profughi, ma bisogna sapere che solo il 10% dei profughi si trova nei campi profughi in Turchia, il resto dorme nelle cantine e nei garage (e paga l’affitto! Ndr) e non c’è un’assistenza pubblica, non c’è la sanità pubblica, solo nei casi disperati e non c’è la scuola riconosciuta.

 

Quali sono le proposte di Speranza – Hope for Children per affrontare la questione dei flussi migratori?

 

Quando mi si chiede se la pace è possibile, rispondo: “Certo che sì!” I Governi devono andare oltre la “realpolitik” (termine tedesco, traducibile con “pragmatismo politico”, ndr) o la politica di chi deve comandare in un certo posto, guardando invece soprattutto agli interessi dei cittadini. Servono investimenti da parte dell’ONU per i campi profughi: gli stati occidentali, quelli più ricchi, li hanno invece ridotti e così per i fondi per i rifugiati! Se la gente fosse accolta in modo dignitoso nei paesi limitrofi, se i loro figli potessero andare a scuola, avessero l’assistenza sanitaria, chiaramente non scapperebbero, rimarrebbero nei paesi limitrofi in attesa che torni la pace. Così nessuno si sottoporrebbe alla sofferenza ed ai pericoli della migrazione verso terre lontane.

 

Si stima che l’anno scorso i trafficanti di esseri umani tra Turchia e Grecia abbiano guadagnato quasi 2 miliardi di dollari. Non ha senso aumentare questo traffico, soprattutto perché è un traffico estremamente pericoloso, in cui sono morte 1500 persone. Io sono cristiano, ma da quando ho messo piede a Lesbo (isola greca nel Mar Egeo, situata di fronte alla Turchia, dove sono arrivati numerosi profughi, ndr) il mio senso etico si è amplificato: mi sono messo sulla riva del mare ed ho pensato alle 1500 persone che hanno perso la vita in quello specchio d’acqua e vedendo le navi militari passare, ho pensato: “Non è possibile! Non è questa l’umanità che cerchiamo!”.

 

Allora le nostre non sono solo proposte generiche e strampalate, ma molto pratiche ed elaborate a seguito della nostra esperienza diretta sul campo: prima di tutto va perseguita la pace con ogni mezzo, nel rispetto della nostra Costituzione; l’ONU dovrebbe fare degli investimenti affinché i rifugiati possano essere accolti nei paesi d’arrivo in maniera dignitosa; bisognerebbe creare delle agenzie europee per le pratiche d’asilo, direttamente nei paesi vicini a quelli in guerra, tramite le ambasciate, in modo che non si debba più parlare di corridoi umanitari, ma di vera e propria applicazione di leggi nei paesi limitrofi, in particolare di quella sul diritto d’asilo; poi dovrebbe esserci una ripartizione seria delle quote dei migranti tra i paesi membri dell’UE.

 

Le rotte dei migranti nel Mediterraneo verso l'Europa (studio AGI)

Le rotte dei migranti nel Mediterraneo verso l’Europa (studio AGI)


 

Quali sono le maggiori difficoltà che si incontrano nel gestire le migrazioni?

 

Per indirizzare la questione ovviamente bisognerebbe prima di tutto avere la volontà di affrontarla! Se non si affronta un problema, in qualunque situazione: che sia politico, aziendale, famigliare, prima o poi ti crolla addosso. Noi queste cose le diciamo da anni, abbiamo fatto anche una raccolta fondi a questo scopo, ma siamo ancora troppo piccoli per essere davvero incisivi in questo senso. Abbiamo però alcuni meriti importanti: siamo l’unica associazione italiana in Siria che sta gestendo vari progetti continuativi e l’unica associazione italiana presente in più paesi nei Balcani. Quindi abbiamo una fotografia della realtà che ci permette di affermare ciò che affermiamo.

 

Troppo spesso succede che i media si occupino ognuno di un solo paese e non riescano a fare e di conseguenza neppure a fornire un quadro d’insieme, e per gestire al meglio un quadro d’insieme servirebbe una politica europea. In diversi paesi poi, le politiche nazionali sono guidate ormai da movimenti xenofobi o irrazionali: quando prevale la paura, la situazione va facilmente fuori controllo. La percezione della gente oggi è di una invasione di rifugiati, di gente che porta via il lavoro, etc. Ma è una percezione che non ha riscontro nella realtà dei fatti.

 

Anche in Italia molte persone anziché dare la responsabilità della disastrosa crisi umanitaria alle politiche europee, a quelle nazionali, a un modello di crescita economica che non sta in piedi, la attribuisce invece proprio agli ultimi e questo non possiamo accettarlo: può mai essere che le vittime di questa situazione siano anche responsabili di ciò che sta avvenendo?

 

Bisogna ad esempio prendere coscienza del fatto che in Italia l’anno scorso sono triplicati  la produzione ed il commercio di armi! E in tutto il mondo c’è un aumento considerevole nella produzione di armi, soprattutto verso i paesi in guerra (nonostante la legge 185/90 preveda non solo il divieto di esportazione di armamenti verso paesi in guerra ma anche verso paesi in cui sono violati i diritti umani, ndr.) e stanno aumentano le spese per la sicurezza e le spese militari. Noi, insieme ai movimenti pacifisti, siamo per la riduzione ed il disarmo (ricordo a tale proposito una proposta di legge del Movimento Nonviolento), ma sta avvenendo esattamente il contrario.

 

Cosa vi distingue dalle altre associazioni?

 

Da noi la burocrazia non esiste perché non abbiamo né una sede, né un funzionario. Tutto ciò che riceviamo va nei progetti. Con i soldi paghiamo le poche spese amministrative che abbiamo. Abbiamo un modo di operare efficace e mirato che si basa su progetti di lunga durata ed in più paesi nei Balcani. Quindi rispetto alla grande organizzazione miriamo ad un lavoro continuativo, capillare e privo di costi di gestione.

 

L’Italia che cambia passa anche attraverso una visione d’insieme degli altri paesi ed una volontà a cooperare affinché tutti possano vedere riconosciuti i loro diritti fondamentali, fuori e dentro il nostro paese.

 

Ci sono vari modi per sostenere i numerosi progetti di Speranza – Hope for Children, ecco come fare: clicca qui

 

 

Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento

Articoli simili
L’equipaggio terrestre di ResQ in Calabria, per salvare vite in mare e in terra
L’equipaggio terrestre di ResQ in Calabria, per salvare vite in mare e in terra

Inclusione è cultura: Karalettura, la biblioteca che a Cagliari costruisce ponti
Inclusione è cultura: Karalettura, la biblioteca che a Cagliari costruisce ponti

Action Women, la sartoria sociale dove l’integrazione si intreccia con l’empowerment
Action Women, la sartoria sociale dove l’integrazione si intreccia con l’empowerment

Mappa

Newsletter

Visione2040

Mi piace

Cosa dice il nuovo codice della strada e che ricadute avrà sulla mobilità sostenibile – #1024

|

La biblioteca su due ruote KORABike regala storie in giro per le strade

|

Educare al biologico: serve più consapevolezza verso salute e ambiente

|

Promemoria Auschwitz, perché davvero non accada mai più

|

Cammini e sentieri: ecco come custodire e valorizzare un tesoro lungo 150mila chilometri

|

La Robbia, il laboratorio sardo di tintura naturale che cuce tradizione e sostenibilità, dalla terra al tessuto

|

Nuove case: come devono essere per stare al passo con un mondo che cambia?

|

CereAMO: per mangiar bene dobbiamo “tornare indietro” di 80 anni

string(9) "nazionale"