6 Lug 2016

Perché un Asilo nel Bosco in Casentino?

Scritto da: Rachele Minarini

Quali sono le motivazioni profonde che hanno ispirato l'idea di un Asilo nel Bosco in Casentino? Il gruppo che sta co-creando il progetto fa tesoro di un passato ricco di esperienze pedagogiche di eccellenza in Italia verso un nuovo paradigma educativo contemporaneo.

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La scorsa settimana abbiamo dato notizia della nascita e dei primi passi di un progetto promosso da alcuni genitori del Casentino per la co-creazione di un Asilo nel Bosco.
Questa volta vogliamo entrare nel merito delle motivazioni profonde che hanno ispirato tale scelta.

L’Italia è un’eccellenza per quanto riguarda la pedagogia: le Sorelle Agazzi Rosa (1866-1951) e Carolina (1870-1945), Maria Montessori (1870-1952), Don Lorenzo Milani (1923-1967) e La scuola di Barbiana, Loris Malaguzzi (1920-1994) ed il Reggio Emilia Approach, Gianfranco Zavalloni (1958-2012) e la Pedagogia della Lumaca, Mario Lodi (1922-2014), Francesco Tonucci (Fano, 1940) e La Città dei Bambini, sono soltanto alcuni degli esempi, conosciuti ed apprezzati nel mondo, di pedagogia che mette il bambino, con i suoi bisogni ed i suoi talenti, al centro.

Ed eccellenze ci sono state anche nelle scuole speciali pubbliche, come La Casa del Sole al Parco Trotter di Milano, nata negli anni ’20 per i bambini più gracili che necessitavano di un ambiente naturale salubre e che funzionò come Scuola Speciale Sperimentale all’aperto secondo un modello pedagogico di rilevanza internazionale fino agli anni ’70.

Nel nostro paese gli anni ’70 sono stati anni di fermento e creatività, anni in cui la popolazione sentiva forte il desiderio di partecipazione e di rinnovamento, in cui i genitori collaboravano attivamente a fianco dei maestri in una stretta relazione di fiducia, anni in cui il ruolo di educatore, sia in campo professionale che genitoriale, era veramente ritenuto, valorizzato e tutelato come uno dei mestieri più importanti e di responsabilità esistenti al mondo.

Con il riflusso degli anni ’80 si è avuta un’involuzione, un richiudersi nella sfera del privato, che ha portato irreparabili danni sociali e culturali, quali il disinteresse per l’amministrazione della cosa pubblica, che stiamo tuttora scontando. Nella scuola, amministrata dallo Stato negli ultimi decenni esclusivamente secondo logiche finanziarie, sono comparsi, o ricomparsi, competitività e sfiducia. Parallelamente, si è avuto un indebolimento dei legami affettivi anche al di fuori del contesto scolastico. Il bambino in tutto questo eccesso di burocratizzazione e discordia ha paradossalmente perso di importanza, diventando una figura a volte “scomoda”. Questa è la sensazione che questo gruppo di genitori, che hanno frequentato la scuola dell’infanzia a cavallo degli anni ‘70 e ‘80, hanno percepito, in un clima di disillusione e rassegnazione per un sistema che attanaglia tutti, educatori, genitori, società. Un’altra considerazione che ha animato il progetto è che nella scuola pubblica ci sono state e ci sono importanti figure di riferimento, dirigenti scolastici, insegnanti, educatori, che si impegnano quotidianamente per una scuola buona, che con Tonucci intendiamo una scuola desiderata dai bambini, ma senza il supporto attivo delle famiglie il loro lavoro si fa molto faticoso.

Come dicevamo nello scorso articolo, grazie alla rete oggi sappiamo che non è la percezione di un gruppo isolato, e che ormai l’urgenza di un cambiamento a livello di scuola pubblica è sentita sempre più come una priorità assoluta a livello non solo nazionale ma anche globale. In tutto il mondo si studiano nuovi paradigmi educativi, ci si scambiano esperienze, si viaggia e ci si confronta, perché è ormai appurato che l’umanità è arrivata ad un punto critico insostenibile.
Sta tornando il fermento, si muove per altri canali ma sta inequivocabilmente avanzando.

Genitori ed educatori si stanno mobilitando insieme, perché sanno che possono e devono tornare a collaborare per il benessere dei bambini. Soltanto così si potrà avere un vero cambiamento. E soltanto così potremo ottenere una scuola a misura di bambino non solo per i nostri figli ma anche per le generazioni future.

Il Casentino è terreno fertile per iniziare una sperimentazione in campo pedagogico: qui la qualità della vita ed i bassi livelli di stress dovuti ad un ambiente naturale generoso portano le persone ad essere più ricettive ed attente ai bisogni reali, dei bambini come degli adulti. L’apertura verso un (ritorno alla) educazione all’aria aperta dovrebbe essere un fenomeno naturale.

L’ambiente naturale ha ispirato anche la scelta del modello di facilitazione seguito nel progetto di Asilo nel Bosco del Casentino, la Biomimesi, nella consapevolezza della necessità di emulare modelli naturali anche all’interno delle organizzazioni sociali umane.
Così concetti come biodiversità (che ci porta a cercare e valorizzare professionalità diverse all’interno del gruppo), simbiosi (che ci spinge ad agire in sinergia anche per arricchire la scuola pubblica) ed eterarchia (che è il dominio dell’altro, è controllo orizzontale e autocontrollo, è gerarchia emergente sulla base della competenza, è intelligenza collettiva al posto della gerarchia statica e formalizzata) sono le basi imprescindibili del progetto di co-creazione e della futura co-gestione.

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