Da Zoes a Italia che Cambia: gli intrecci tra web e sostenibilità
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Dal 2009 Zoes – zona equosostenibile – ha rappresentato una sperimentazione di piattaforma web per la condivisione di buone pratiche di sostenibilità. Un’esperienza che oggi si conclude e di cui Italia che Cambia raccoglie l’eredità, in virtù di una visione ed un obiettivo comune a entrambi i progetti: mettere in rete persone e organizzazioni che si impegnano per un mondo più giusto, anche attraverso le tecnologie digitali.
A pochi giorni dall’uscita dell’ebook gratuito che racconta di Zoes.it, abbiamo intervistato Andrea Baranes, Presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica, per approfondire con lui la storia di questo progetto e riflettere sugli intrecci tra web e sostenibilità.
Cosa vi ha spinto a creare Zoes sette anni fa?
L’esperienza di Zoes è nata da Terra Futura, la mostra convegno delle buone pratiche di sostenibilità che si è tenuta a Firenze tra il 2004 e il 2014 organizzata da Fondazione Culturale Responsabilità Etica con un’ampia rete di partner e collaborazioni. L’idea che ha ispirato il progetto era: come usare internet per mettere in rete le persone, le imprese, le realtà non profit, le amministrazioni locali che si incontravano a Terra Futura per condividere, promuovere, progettare nuovi stili di vita, produzione e consumo?
Come è cambiato il web ed il rapporto delle persone con esso nel frattempo?
Sette anni sembrano pochi nel “mondo reale” ma sono un’enormità nel web, e in particolare se parliamo di social network. Lo sviluppo ha riguardato quello che un tempo veniva indicato come “2.0”, ovvero dove l’utente non riceve passivamente informazioni come avveniva con i media tradizionali, ma è allo stesso tempo produttore e creatore di contenuti.
Ed è un’evoluzione impressionante. Nel 2008 Facebook superava i 100 milioni di iscritti. Oggi sono oltre un miliardo e mezzo, più della popolazione di Cina o India. Sette anni fa Instagram non esisteva, è nato a fine 2010, ma oggi ha superato Twitter e conta oltre mezzo miliardo di utenti. Chi può dire come sarà il web e in particolare il mondo dei social network tra altri sette anni?
In questo periodo le due fondazioni che hanno dato vita a Zoes hanno avuto modo di sperimentare questa velocità e di affiancarla con alcune iniziative dal ritmo decisamente diverso: corsi di formazione su come coniugare web e sostenibilità, momenti di confronto con attivisti, imprenditori, esperti di tecnologia, per sviluppare un percorso culturale originale che coniugasse la dimensione etica con il web.
Oggi esiste una “zona equo sostenibile” all’interno del web?
Un’esperienza come quella di Zoes probabilmente non esiste sul web, ma questo non significa che non ci siano realtà per alcuni versi analoghe o che comunque abbiano ripreso e sviluppato le idee iniziali e soprattutto lo spirito e le motivazioni che hanno portato a creare Zoes.
Spesso ci lamentiamo di strumenti come Facebook e i vari social network, in cui le interazioni fra persone appaiono il più delle volte sterili e superficiali. Pensi che il web 2.0 possa essere uno strumento al servizio del cambiamento, dell’incontro, della sostenibilità?
Come detto nella domanda si tratta di strumenti, e in quanto tali è difficile che siano buoni o cattivi. Dipende dall’uso che ne viene fatto. Facebook e altri social network possono essere straordinari strumenti di condivisione e veicolo di informazioni, superando le barriere dei media tradizionali, così come all’opposto possono essere usati per mettere in circolo in maniera incontrollata notizie false e “bufale” della più svariata natura.
Collaborando con Banca Etica, è come domandarsi se un determinato strumento finanziario, mettiamo un’obbligazione o un derivato, è in sé buono o cattivo. Può essere usato come una fiche da casinò o come mezzo per sostenere processi economici virtuosi. E’ fondamentale l’utilizzo che ne viene fatto da ognuno di noi.
Quanto conta affiancare una conoscenza reale, un rapporto umano, alle interazioni sul web?
E’ fondamentale. Prendiamo l’esempio delle varie piattaforme che lanciano e promuovono petizioni, anche per cause spesso giuste e condivisibili. Troppo spesso conducono l’utente a limitarsi a sottoscrivere la petizione stessa, senza un impegno reale. E’ il famigerato “clicktivism” in cui l’attivismo si limita a girare per il web firmando e sostenendo determinate campagne. Sono strumenti utili per fare circolare le informazioni, ma la vera partecipazione va fatta di persona, in ogni ambito. Il web può essere uno strumento per sostenerla e rafforzarla, non sostituirla. Occorre “sporcarsi le mani” nelle nostre attività quotidiane, scendendo in piazza, comunicando di persona e agendo in prima persona.
Qual è la maggiore soddisfazione e la più grande delusione di questo percorso di 7 anni?
Dal 2009 Zoes ha rappresentato una sperimentazione di piattaforma web per la condivisione di buone pratiche di sostenibilità. Sono migliaia le persone e le organizzazioni che si sono registrate e ancora di più quelle che lo hanno visitato, conoscendo le storie di un’Italia che realizza ogni giorno nuovi stili di vita, produzione e consumo. Zoes ha sicuramente contribuito ad avvicinare e mettere in rete diverse esperienze. E’ stato un piccolo ma importante tassello nello sviluppo di diversi modelli economici e nell’integrazione tra differenti realtà. E in mezzo a queste relazioni abbiamo fatto incontrare gli attivisti di Occupy Wall Street con piccoli produttori agricoli, le comunità di base italiane con alcune persone che hanno vissuto da protagoniste la “primavera araba”. La delusione è sicuramente legata all’impossibilità di sviluppare una piattaforma tecnologica capace di diventare uno strumento di uso quotidiano e diffuso, questi limiti ci hanno fatto scegliere di non proseguire con lo sviluppo del sito valorizzandone gli aspetti di produzione culturale.
Pensi che sia aumentata nelle persone la consapevolezza dell’importanza della finanza etica e in generale di “dove metto/cosa faccio con i miei soldi”?
Sicuramente la consapevolezza è aumentata, anche se è difficile dire quali siano stati i fattori che hanno portato a questa crescita. Da un lato, “in positivo” gli ottimi risultati di Banca Etica e di Etica Sgr dimostrano che non parliamo di una qualche utopia, ma di una realtà molto pratica e concreta che coinvolge decine di migliaia di persone qui in Italia, e milioni in tutto il mondo in esperienze di finanza etica e alternativa. In “negativo”, i disastri combinati dalla finanza tradizionale in questi anni – dalla crisi dei subprime alla situazione attuale di molte banche italiane – hanno sicuramente contribuito ad avvicinare molte persone alla finanza etica.
Nello stesso momento, molto rimane da fare. Se pensiamo ai numeri del consumo critico, dei gruppi di acquisto, di consumatori sempre più attenti sia alla qualità sia alle modalità con cui un determinato prodotto o servizio viene realizzato e ai suoi impatti sociali e ambientali, la finanza etica è ancora un nicchia. Un settore in forte crescita, certo, ma i cui numeri sono ancora uno “zero virgola” rispetto a quelli della finanza globale. Occorre proseguire gli sforzi nel fare capire che sono i nostri soldi e i nostri risparmi, una volta incanalati in una banca, un fondo o un gestore piuttosto che un altro, che orientano l’economia, il commercio, il lavoro, in una direzione o in quella opposta.
Come mai oggi la scelta di chiuderlo?
Come accennato, in pochi anni il web è cambiato radicalmente, così come gli obiettivi e le modalità della comunicazione, e in particolare quelle delle realtà che partecipavano a Zoes. L’obiettivo non era “fare un sito”, ma creare rete tra chi si impegna per il cambiamento, pur venendo da percorsi diversi. Le relazioni nate anche grazie a Zoes sono il principale risultato che rimane, così come l’impegno a proseguire la sperimentazione e la condivisione di buone pratiche ed esperienze con altri mezzi.
Cosa vi ha spinto a decidere di proseguire su Italia che Cambia il percorso iniziato con Zoes?
Italia che cambia è un progetto che per molti versi riprende e sviluppa alcuni dei pensieri e degli obiettivi che avevano portato, nel “lontano” 2007, a pensare Zoes: un luogo di formazione, elaborazione culturale e incontro; un mezzo per condividere e mettere in rete buone pratiche ed esperienze innovative nel campo della sostenibilità, la continua ricerca di soluzioni ambientali, sociali, occupazionali, di democrazia, da condividere e mettere in rete.
In Italia che Cambia abbiamo visto gli stessi principi che hanno animato la nostra scelta di investire su Zoes. In questo senso Zoes aveva probabilmente esaurito il suo compito e la sua spinta propulsiva al cambiamento, ma nuovi progetti ci consentono non solo di passare il testimone, ma anche di guardare al futuro con rinnovata speranza e voglia di proseguire.
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