Piccoli gesti di accoglienza quotidiana
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“Benvenuti in Casentino! siamo lieti di accogliere i pellegrini tedeschi diretti ad Assisi e Roma sulla via di Francesco, con questo nuovo pannello informativo dedicato all’Alta Valle dell’Arno!”
Fare accoglienza parte dai piccoli gesti. Spesso quando pensiamo all’accoglienza turistica immaginiamo un grande sistema che promuova il territorio in maniera coesa, a quello che manca, al ruolo del pubblico. Tutte considerazioni giuste che rischiano però di farci dimenticare quello che possiamo fare noi, nel nostro piccolo.
L’accoglienza è prima di tutto un atteggiamento, qualcosa che abbiamo forse imparato da piccoli e che ci portiamo con noi crescendo, come la predisposizione alla bellezza e alla cura che ci fa osservatori attenti dell’ambiente che ci circonda e che abitiamo.
E’ per questo che oggi raccontiamo una piccola storia che nella sua semplicità diviene esempio, sostegno a ricordare quello che possiamo fare.
Una storia che evoca anche quello che come Italia che Cambia ci siamo trovati a raccogliere dal Tavolo Viaggiare nella Visione 2040 sul turismo. Nel 2015 abbiamo infatti chiamato ambasciatori e ambasciatrici a riunirsi attorno ad un tavolo per elaborare un documento tematico che presentasse la fotografia attuale del nostro Paese, una visione comune di come potrà essere il “viaggiare” in Italia nel 2040 e delle proposte concrete per arrivarci, sia a livello nazionale che a livello individuale. Tra le proposte a livello individuale che sono state condivise c’è semplicemente: “Amare l’Italia. Iniziare da oggi a prendermi cura in prima persona della mia terra. Guardo, vedo, agisco. Partendo dal territorio che abito, pulisco la mia terra e curo i sentieri, e segnalo alle istituzioni dove c’è bisogno di intervenire per salvaguardare i segni culturali sul territorio, rendere accessibili i percorsi, pulito e curato l’ambiente etc.”.
Marta è una guida ambientale e gestisce l’Asineria Amici dell’asino, la sua casa, nel Comune di Pratovecchio Stia, a Sassi Bianchi, si trova proprio lungo il percorso che una guida cartacea tedesca individua come direttrice della Via di Francesco. Da Firenze a Roma, passando per Stia. E per la sua casa. Lo scopre incontrando pellegrini fuori dalla porta di casa, a volte stanchi. Pellegrini a cui apre la porta di casa per un po’ di ristoro, primo gesto di accoglienza, e che le mostrano la loro road map in tedesco, unica bussola per seguire un sentiero non tracciato e in cui a volte si perdono.
“Questi pellegrini sanno dove sono? Che cosa conoscono del territorio che si trovano a misurare passo dopo passo? E quanti ogni anno passeranno di qui?”
Da queste domande non scontate nasce l’idea.
Così oggi ad accogliere i camminatori c’è un pannello in italiano e in inglese su cui padroneggia la scritta “Welcome” che, grazie ai testi di Andrea Biondi, curatore scientifico del Castello di Porciano e giovane archeologo, inquadra il territorio dal punto di vista ambientale e storico, in particolare medioevale, finalizzato a far comprendere che tipo di ambiente stanno attraversando.
Una fotografia mostra lo skyline che si trovano ad osservare, una parte del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e le colline, per far capire che cosa hanno di fronte. Accanto una panchina ricavata dal tronco di un albero, per sostare e guardarsi intorno.
E per capire quante persone percorrono questo sentiero?
La cosa più semplice e meno onerosa che è venuta in mente a Marta, è stata mettere un altro piccolo cartello che invita i pellegrini a farsi una foto e a postarla su facebook o instagram con l’hashtag #gliamicidellasino (ma si accettano suggerimenti).
La nostra piccola storia non finisce qui perché tutto questo non impedisce a qualcuno di perdersi tra i rovi nel tragitto tra Castel Castagnaio e Stia, così Giancarlo Migliorini della sezione Cai di Stia, decide di segnare con le classiche strisce bianche e rosse la via dei pellegrini come un normale sentiero cai. Ed accanto un giallo “Tau” a ricordare che di San Francesco è la strada.
“Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”
Anne Herbert
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