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Se pensiamo a prodotti e ingredienti tipici della tradizione culinaria italiana non ci verrebbe di certo in mente l’olio di palma. Eppure nel 2014 l’Italia risultava essere il secondo importatore a livello europeo, soprattutto nel settore dolciario. Ma dopo il verdetto annunciato dalla European Food Safety Authority, molti produttori hanno fatto marcia indietro, a cominciare da Coop e dalle aziende riunite nell’Aidepi (Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane).
Secondo l’agenzia europea, l’olio di palma contiene sostanze cancerogene e genotossiche nocive soprattutto per bambini e ragazzi. Dopo l’allarme, la Coop ha sospeso la produzione di alimenti contenenti la sostanza dannosa privilegiando invece l’olio extra vergine d’oliva o oli monosemi. Per molti prodotti la sostituzione avverrà in maniera graduale, ma per alcune categorie la transizione è avvenuta in maniera netta, come nel caso dei prodotti destinati alla fasce d’età infantile “Crescendo” e “Club 4-10”.
La valutazione espressa dall’EFSA ha senz’altro influito sulla decisione delle aziende, ma anche la società civile ha avuto un ruolo importante in questa vicenda. Diciotto mesi fa, il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade avevano lanciato su Change.org la petizione “Stop all’invasione dell’olio di palma”, arrivando a raccogliere 176.111 firme. “Abbiamo vinto” – hanno scritto le organizzazioni promotrici della raccolta firme – “Le aziende dicono addio al grasso tropicale”.
Rinunciando all’uso dell’olio di palma non si fa un passo avanti soltanto nel campo della salute alimentare, ma ci si schiera anche a favore della giustizia ambientale e di una maggiore equità sociale. Oltre a perpetrare le deforestazioni e la perdita di biodversità, le coltivazioni di olio di palma contribuiscono ad alimentare il fenomeno della sottrazione delle terre da parte di multinazionali e governi stranieri a spese delle aree più povere del pianeta – il cosiddetto “land grabbing” – una vera e propria “rapina delle terre”. Non ci sono dati ufficialmente riconosciuti ma secondo stime recenti in Africa, il territorio più colpito da questa depauperazione, oltre 15 milioni di ettari sarebbero gestiti secondo le modalità contrattuali tipiche del land grabbing.
Tuttavia alcune voci ambientaliste sostengono che il boicottaggio abbia un impatto ridotto sulla deforestazione a livello internazionale. I 28 paesi dell’Unione Europea importano – tutti insieme – solo il 15% dell’olio di palma, di contro la Cina da sola raggiunge il 13%. Greenpeace, WWF e The Forest Trust auspicano, invece, una collaborazione tra società civile e organizzazioni che spinga la transizione verso una produzione sostenibile e responsabile dell’olio di palma.
Comunque la si pensi, in entrambe le posizioni la voce del consumatore consapevole assume un ruolo centrale nella pressione sull’azienda e – proprio per questo – è necessario che alzi i toni e venga spesa al meglio.
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