Mangiar sano: ecco i consigli di Franco Berrino (terza parte)
Seguici su:
Ci sembra quasi di abusare del suo tempo, è ormai passata più di mezz’ora da quando abbiamo acceso la telecamera. Eppure più dialoghiamo, più siamo interessati alle sue parole e più domande ci vengono in mente. Così continuiamo ancora a porre al dottor Berrino quesiti di vario genere, confidando nella sua gentilezza e voglia di condividere con noi quel che ha studiato e imparato negli anni.
Le proprietà benefiche degli alimenti sconosciuti
“Penso soprattutto alle erbe selvatiche. L’uomo le ha sempre mangiate ed esse hanno delle proprietà meravigliose”. Inoltre molte erbe selvatiche sono ricche di omega3, gli stessi grassi del pesce. Li hanno per difendersi, in particolare, le erbe di montagna. In montagna fa freddo e c’è bisogno di avere, per sopravvivere, la capacità di sintetizzare dei grassi molto liquidi che non gelano a basse temperature, ed alcune di esse sono particolarmente ricche di omega3. “Per esempio la portulaca oroleacea è un’erba che veniva comunemente mangiata e che adesso i contadini strappano e buttano via”. Quasi tutti la conoscono, cresce vicino ai marciapiedi. “Andate a vedere su Internet qual è l’aspetto della portulaca così in campagna quando la vedete, la raccogliete e ve la mangiate”.
Puoi trovare guide per imparare a riconoscere e usare le erbe selvatiche su Macrolibrarsi e su Terra Nuova
Gran parte delle erbe selvatiche hanno delle proprietà antinfiammatorie meravigliose. “Io ne conosco sei o sette, ma bisognerà lavorare con i nostri nonni per non perdere la memoria di quelle che erano le erbe selvatiche. Mia nonna, la mamma di mia mamma, era molto povera. Erano sei fratelli e il papà non aveva lavoro. Mio nonno materno era un comunista, di quelli che avevano combattuto contro il fascismo. Lui faceva il fabbro, ma l’ordine era quello di non dargli lavoro. La nonna, però, riusciva sempre a mettere in tavola la minestra per tutti e sei i figli, andando a raccogliere le erbe selvatiche”.
Tra gli altri alimenti un po’ sconosciuti che sarebbe importante rivalorizzare “c’è la bardana, in piemontese detto tacapui. E’ la pianta che fa quelle palline di velcro che si attaccano ai vestiti. La sua radice è di una squisitezza eccezionale”. Soltanto che è un po’ faticosa da coltivare perché è una radice che si approfonda molto nel terreno: è necessario avere il piccone per tirarla fuori. Come tutte le cose che hanno una grande forza nell’approfondirsi nel terreno, “è un alimento che ci da tono”.
Il dottor Berrino ci consiglia così anche una ricetta: si pulisce la radice della bardana, come si puliscono le carote, e si taglia a fiammifero. Dato che è bianchissima dentro, si ossida molto facilmente. Suggerisce così di metterla in acqua e sale in modo da non farla ossidare; successivamente si taglia a fiammifero la carota, in egual quantità. Si fanno saltare un attimo in padella e poi si lascia cuocere. “E’ una bontà eccezionale”. Non vediamo l’ora di provarla.
“E poi vi sono alcuni alimenti che non sono della nostra tradizione ma che sono molto utili”. E quindi vale la pena di importare degli alimenti che non vediamo solitamente nella nostra quotidianità. Per esempio in Giappone si lavora la soia, la si fa fermentare o con del riso o con dell’orzo e si prepara il miso. “Ha una grande capacità di aiutare la nostra digestione, i giapponesi sorseggiano la loro tazza di brodo di miso”.
È una specie di dado, soltanto che non si fa bollire. Si fa un brodino di verdure e poi alla fine si aggiunge un mezzo cucchiaino di miso e si spegne il fuoco. Loro lo sorseggiano durante il pasto perché aiuta la digestione. “Se ho un appuntamento importante in mattinata a colazione mi preparo una tazza di brodo di miso”.
Mangiare fuori casa: quali consigli?
“È un bel casino. Io spesso sono in difficoltà, perché non è facile andare in un posto dove si trovi una cosa veramente sensata da mangiare”. Vi sono dei bar dove ti fanno la pasta con le verdure. Però non c’è una conoscenza delle stesse: “Io sono sempre molto titubante. Vado in un ristorante e ci sono le verdure. E tutto l’anno ci sono patate, pomodori, melanzane e zucchine. In pieno inverno non ha alcun senso mangiare le zucchine, i pomodori, i peperoni e le melanzane! Non c’è ancora questa cultura del cibo”.
Il consiglio, che lui stesso spesso segue, è quello di prepararsi il cibo a casa e portarselo sul luogo di lavoro, ciò che a Milano viene definita schiscetta. E se non c’è la possibilità di scaldarlo, è necessario portarsi dietro un thermos con dentro il riso integrale, con un po’ di gomasio o con verdure di stagione. “Per chi può farla, questa è la cosa migliore”. Si augura che riusciremo ad avere in tutte le città dei posti comodi in cui si possa mangiare in modo sano, magari incentivando noi stessi la creazione di tali luoghi.
Cos’ha mangiato oggi a pranzo? “Eh, qua mi avete beccato! Sono venuto qui in viaggio e ho mangiato un panino alla veloce!”. Dunque cosa avrà scelto di mangiare nel bar di Torino? “C’era un panino che aveva la frittata e l’insalata e allora mi è sembrata una cosa meno nociva di altre”. Però ammette che non è proprio sua abitudine mangiare un panino al volo. Abitualmente non mangia queste cose. Molto spesso quando è al lavoro all’istituto dei tumori di Milano, entra in cucina e si prepara qualcosa. E per preparare qualche cosa in fretta “mi faccio un porridge con i fiocchi d’avena oppure mi macino un po’ di grano monococco, grano antico di una bontà eccezionale e lo cuocio in un attimo, è pronto in sette/otto minuti”.
“Il mio pasto principale è la colazione, dove mi mangio il mio riso integrale, l’avanzo della polenta del giorno prima, latte di mandorla o di soia e cereali con magari un po’ di orzo solubile, oppure mi faccio un ottimo tè, una fetta di pane integrale con sopra del grasso di buona qualità, come la crema di mandorle o nocciole, o del burro di sesamo. Magari una composta di frutta se voglio qualcosa di dolce. Mangio molto volentieri la pasta e fagioli avanzata della sera prima; – e continuando nella sua analisi ci dice che – i nostri vecchi mangiavano pasta e fagioli prima di andare a lavorare nei campi, perché questa è una cosa che cede glucosio piano piano nel corso di tutta la mattinata per cui puoi lavorare tutta la mattina fino a mezzogiorno senza avere problemi”.
Abbiamo qui un pacchetto di biscotti, tipicamente presente tra i bancali della grande distribuzione organizzata. Nel retro della busta troviamo dei consigli per una colazione equilibrata: otto biscotti (farine raffinate e zucchero), una tazza di tè con un cucchiaio di miele e un bicchiere di succo d’arancia. Cosa possiamo dire a riguardo?
“Una tazza di tè con un cucchiaio di miele. Interessante che non dica lo zucchero, è già un pochettino meglio, ma c’è già talmente tanto zucchero in questi otto biscotti!”.
L’importante è che, precisa, siano dei biscotti senza zucchero. Siccome i biscotti senza zucchero non si trovano nei negozi è necessario farli in casa. Così, con minuzia di dettagli ci descrive come prepararli, ricordando che al mattino non c’è molto tempo per prepararli per cui bisogna organizzarsi così: “Si mettono a bagno la sera un po’ di fiocchi d’avena con una manciata di mandorle tritate, una manciata di uvetta sultanina e un pizzico di sale, nel latte di riso o soia o misto. Si lascia lì questo pastone per tutta la notte, cosicché si imbevano bene i fiocchi. Al mattino si prendono delle cucchiaiate di questo pastone e si mettono su una teglia antiaderente o sulla carta da forno. Le metti in forno e vai a fare la doccia e quando i biscotti sono pronti li mangi con una tazza di te”. Ci tiene particolarmente a rimarcare un concetto:“non mettiamo il miele o lo zucchero nel tè! Un giapponese sarebbe indignato che si rovini così una tazza di tè mettendoci delle porcherie dentro”. La bellezza del tè è proprio nella sua fragranza naturale: vi sono dei tè che sono naturalmente un po’ dolci. I tè vengono aromatizzati con i fiori di ciliegio, con i fiori di gelsomino.
“E un succo d’arancia si può fare, ma stiamo attenti!” D’inverno il succo d’arancia è un qualcosa che raffredda tantissimo. “Quando fa freddo non beviamoci il succo d’arancia a colazione”. Se c’è una bella giornata di sole consiglia di prepararsi una bella insalata d’arancia con un pizzico di sale, olio d’oliva e un cipollotto crudo tagliato fine. Meglio mangiare cose calde quando fa freddo.
Insomma, “il succo d’arancia ce lo mangiamo in Sicilia, dove fa più caldo”.
Biologico, possiamo fidarci?
“Fidiamoci del biologico ma non fidiamoci dei supermercati del biologico, perché nei supermercati del biologico si vendono delle porcherie”. Si vende per esempio lo zucchero bianco e a velo biologico. “Che cos’è? Lo zucchero è una sostanza chimica pura. Fa male anche se è biologico.”
Si vende anche la farina 00 biologica. “Che senso ha fare la farina 00 biologica? Se proprio voglio utilizzare la farina 00 per qualche cosa, magari per fare i babà, non c’è bisogno di prenderla biologica”.
Poi ci sono tutti questi prodotti biologici lavorati, saporiti, addizionati. “No! Andiamo nel negozio biologico e compriamo i cereali, i legumi, la verdura, la frutta, i semi oleaginosi e compriamo qualche prodotto semplice”. E’ necessario anche evitare, proseguendo nel suo discorso, barrette piene di zucchero che vengono vendute vicino la cassa. “Stiamo attenti quando andiamo in un negozio biologico. È pericoloso per la salute!”. Sorridendo, ci dice che è anche (e soprattutto) pericoloso per la salute andare in un supermercato normale.
Questo articolo contiene link sponsorizzati a Macrolibrarsi e Terra Nuova. Se acquisti attraverso questi link, noi guadagniamo una piccola percentuale che ci permette di continuare a raccontarti l’Italia che cambia.
Riprese: Fabio Dipinto di QQ.WeDo
Agente di Cambiamento: Alberto Paolillo
Rileggi la prima parte dell’intervista
Rileggi la seconda parte dell’intervista
Si ringrazia la pasticceria Dezzuto per lo spazio donatoci al fine di registrare l’intervista.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento