Udine, chiude il laboratorio Envigo, simbolo della vivisezione in Italia
Seguici su:
L’Envigo (ex HLS, ex Harlan Laboratories), situato ad Azzida, frazione di San Pietro Al Natisone, uno dei simboli della vivisezione in Italia e laboratorio di produzione, allevamento e vendita di animali per la sperimentazione, chiude a causa della perdita di esercizio dell’azienda e della grave crisi in atto. A darne la notizia No Harlan Group Udine, costituito da attivisti di diverse associazioni e singoli cittadini che lottano ogni giorno contro l’ingiustizia, la violenza e gli abusi che subiscono gli animali, battendosi da anni contro Harlan Laboratories, la multinazionale che si occupa di produrre e allevare roditori, gatti, cani, furetti e primati destinati ai laboratori di vivisezione.
“Oggi come non mai, questa crisi mette in luce il fallimento totale di tutte le attività produttive che basano profitti e occupazione sulla sperimentazione animale, un metodo di ricerca obsoleto, inefficace, dannoso e definito “cattiva scienza” dal Dott. Thomas Hartung, ex Direttore di European Center for Validation of Alternative Methods (ECVAM)” dichiara No Harlan Group Udine.
Nessuna sorpresa per gli attivisti, era solo questione di tempo; la chiusura del laboratorio conferma quanto già era emerso a giugno del 2014. Da un post scritto sul sito di No Harlan Group Udine apprendiamo che “la società ha chiuso il 2012 con una perdita di esercizio dovuta a “(…) un deterioramento sia della vendita di animali di produzione propria (-16%) che di prodotti per la rivendita (-45%). La diminuzione nell’ambito di attività di produzione propria è da attribuirsi alla situazione economica di difficoltà sia a livello nazionale sia a livello dei principali paesi europei in cui la società opera. La diminuzione dei prodotti per la rivendita, relative in particolar modo a primati non umani, è correlata alla difficoltà specifica di commercializzazione di tali animali”.
“Uno sguardo lungimirante e attento della Dirigenza di tutte le aziende e multinazionali come la Harlan, che traggono profitto dal mercato della vivisezione, dovrebbe portare a iniziare tempestivamente un processo di riconversione graduale, che potrebbe completarsi nell’arco di dieci o quindici anni. Questo offrirebbe la possibilità di risolvere in modo autentico il problema dell’occupazione dei lavoratori, poiché una riconversione di un sistema produttivo, soprattutto nei momenti di crisi, porta ad un’espansione dei posti di lavoro” spiegano gli attivisti di No Harlan Group.
Motivazioni etiche e scientifiche, oggi, vanno parallelamente: sempre più cittadini, associazioni, malati, avvocati, scienziati, biologi, medici, politici, ricercatori chiedono disperatamente alla scienza di adeguarsi per salvare veramente vite umane e animali. La soluzione sta nell’investire sulle metodologie sostitutive avanzate quali chip, microfluidici che simulano l’attività fisiologica di interi organi e sistemi, bioreattori multicomportamentali modulari, sistemi di colture cellulari in 3D a più camere interconnesse che permettono di riprodurre la complessità dell’organismo in vivo, metodologie in vitro e in silico in 3D su tessuti umani e molto altro.
“E’ evidente, quindi, che ricercatori, gestori di aziende, rappresentanti politici e sindacali devono aprirsi mentalmente alla nuova ricerca bio-medica” dichiara No Harlan Group Udine.
Da questa necessità nasce il convegno nazionale che si terrà a Udine il prossimo autunno, organizzato da No Harlan Group e I-Care Europe Onlus, dove verranno presentati i recenti risultati delle ricerche bio-mediche sostitutive alla sperimentazione animale.
Foto di No Harlan Group Udine
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento