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Il quorum del 50% + 1 necessario perché il referendum fosse valido non è stato raggiunto. Si è recato alle urne il 32,15% degli aventi diritto, circa 15 milioni di persone. In Basilicata la soglia è stata superata, a testimonianza del fatto che le devastazioni ambientali di un’industria insostenibile hanno lasciato il segno su chi le vive sulla propria pelle.
Tuttavia, come sottolinea anche Greenpeace nel suo comunicato, il voto di questi 15 milioni di cittadini è un segnale politico e culturale molto forte. Per settimane la questione energetica è stata al centro del dibattito, si sono chiariti molti aspetti che sinora erano stati (volutamente?) posti in secondo piano, la società civile si è mobilitata, le associazioni hanno fatto quadrato, il livello di consapevolezza e informazione dell’opinione pubblica è aumentato.
Non vogliamo commentare le dichiarazioni dei politicanti che hanno approfittato per affondare stoccate reciproche e per ritagliarsi una finestra di visibilità, da Renzi a Brunetta, fino alla ridicola uscita su Twitter di un deputato del PD. Il premier esulta perché il fallimento del referendum avrebbe salvato circa 11mila posti di lavoro. Non c’è stata però altrettanta attenzione per i lavoratori nel 2013, anno nero per le rinnovabili in Italia, quando i cassaintegrati erano 4mila e quelli che avevano perso il lavoro nei due anni precedenti il doppio, secondo i dati di ANIE-GIFI. A Taranto, la Marcegaglia Buildtech lasciò per strada 134 dipendenti. Quella stessa Taranto in cui ieri ha votato il 42% della cittadinanza, contro il 32% della media italiana. Un altro segnale da non sottovalutare.
La poca chiarezza, la scarsa programmazione del Governo, il taglio degli incentivi operato dal decreto competitività, come denuncia anche Assorinnovabili, delineano un futuro incerto per l’energia pulita italiana e confermano i sospetti sui programmi ancora basati sulle fonti fossili. Ma oggi il tempo della critica è terminato. Come affermavamo prima del voto di ieri, questo referendum deve essere considerato uno spartiacque, un momento in cui l’Italia – i cittadini, le amministrazioni locali, le imprese, le associazioni – modifica la propria mentalità, abbandona il cliché del petrolio come unica risorsa.
Ripartiamo dunque da 15 milioni, gli italiani che ieri si sono recati alle urne per dimostrare che siamo già pronti per un nuovo modello culturale ed energetico più sostenibile. Dopo la conferenza sul clima di Parigi e la stupenda mobilitazione dal basso del referendum #notriv, possiamo dire che l’opinione pubblica è matura per un cambio di paradigma. Anche Italia Che Cambia ha seguito da vicino questi due eventi, contribuendo a diffondere informazione e consapevolezza. Naturalmente, continueremo a farlo in maniera sempre più forte!
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