22 Apr 2016

Il vegetarismo è un dovere?

Scritto da: Veronica Tarozzi

Attraverso la ricostruzione storico-filosofica delle radici del vegetarismo nella cultura occidentale e le implicazioni della scelta alimentare nel presente, il libro “Il Dovere del Vegetarismo” conduce ad una presa di coscienza obiettiva sulle ragioni di una dieta vegetariana. Per saperne di più abbiamo intervistato l'autore Carlo Prisco.

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Copertina-libro-dovere-vegetarismoIl titolo del libro di Carlo Prisco attesta l’inevitabile considerazione conclusiva di anni di studio sul tema dell’alimentazione vegetariana, nel senso più puro del termine (1). Come racconta lui stesso, l’ispirazione nasce ai tempi dell’università quando, dopo essere diventato vegetariano, comincia a documentarsi, sognando di poter scrivere un libro su questo tema, senza avere del tutto chiaro come avrebbe potuto coniugare quest’impegno con la futura professione di avvocato.

 

Oggi Carlo Prisco è avvocato civilista e dottore di ricerca in filosofia del diritto a Milano e collabora con diverse testate giornalistiche ed associazioni per la divulgazione ed il supporto concreto di umani, non umani e ambiente e naturalmente, già da tempo, il libro che sognava di poter pubblicare ha visto finalmente la luce e porta appunto il titolo: “Il dovere del vegetarismo”.

 

Il libro ripercorre in maniera esaustiva la pratica del vegetarismo dalla preistoria fino ai giorni nostri, sfatando numerosi luoghi comuni su questo tipo di alimentazione. Vuoi citarcene alcuni?

La prima parte dell’opera è frutto di lunghi approfondimenti attraverso varie fonti ed illustri studiosi del nostro tempo e non, che mi hanno portato alla consapevolezza della natura frugivora dell’essere umano. Il concetto è molto semplice: prima delle armi, del fuoco, dell’agricoltura, etc., come avremmo potuto cibarci di altro se non di frutta? Dopotutto cibarsi di animali per gli esseri umani non è mai stato “naturale”: l’intera cultura occidentale (per non parlare di quella orientale) è impregnata di vegetarismo fin dalla comparsa dei primi ominidi (la cui alimentazione, al pari di tutte le altre scimmie, era basata sui vegetali), passando attraverso l’antico Egitto, la Grecia antica, i primi Cristiani, fino ad arrivare a pochi decenni fa, in cui la carne costituiva solo un’esigua parte della nostra dieta.

 

A dispetto del progressivo aumento esponenziale di consumo di prodotti animali nella dieta, oggigiorno sono numerosi i medici che consigliano di adottare una dieta esclusivamente vegetale. Secondo l’oncologo ed ex ministro della salute italiano, Umberto Veronesi: “Non è vero che la carne è necessaria al nostro sostentamento […]. Il nostro metabolismo è quello dei primati, che non sono carnivori e che si nutrono di bacche, cereali, legumi, frutti […]. Una dieta priva di carne non ci indebolirebbe certamente: pensiamo alla potenza fisica dei gorilla. E pensiamo al neonato, che nei primi mesi quadruplica il suo peso nutrendosi solo di latte. Non solo una dieta di frutta e verdura ci farebbe bene, ma servirebbe proprio a tenere lontane le malattie”. (Brano riportato nel libro di Prisco e tratto da un’intervista al Dott. Veronesi ne “L’Espresso”, 8 marzo 2005, n.d.r.).

 

Qual è la “scomoda verità”, molto più scomoda di quanto neppure i paladini della sostenibilità e le principali organizzazioni ambientaliste sono riuscite a rivelarci, che si nasconde dietro al consumo di carne e prodotti animali su larga scala? (2)

Secondo la FAO, le emissioni di gas ad effetto serra imputabili alla produzione di carne sarebbero pari al 43% del totale di emissioni globali e secondo il World Watch Insitute, considerando l’intera filiera, sarebbero addirittura pari al 51%. In entrambi i casi l’industria della carne si attesta così come maggior responsabile in assoluto di gas ad effetto serra. Ma pensiamo anche solo al fatto che porzioni sempre maggiori di foresta (compresa quella Amazzonica) vengono disboscate ogni giorno per essere adibite a pascolo; che la coltivazione di mangimi animali, assieme all’allevamento, occupa circa l’80% di tutti i terreni coltivabili del globo; che 1/3 dei cereali e addirittura il 90% della soia coltivati in tutto il pianeta sono destinati al consumo animale; che per produrre solo 1 kg di carne bovina sono necessari 15.500 litri di acqua (contro 900 litri di acqua necessari per produrre 1 kg di patate) e la lista potrebbe continuare a lungo. Per farla breve, non è possibile ipotizzare un consumo di carne eco-compatibile su larga scala.

 

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Ecco spiegato dunque perché nel tuo libro definisci il vegetarismo come un preciso dovere…
Ci sarebbe poi un’altra questione, non certo di poco conto: quella etica. Ad esempio, il primo principio che gli studenti di legge imparano è quello del “neminem laedere”, cioè non danneggiare nessuno. Il problema è che il nostro ordinamento, una volta antropocentrico e oggi, come lo definisco io, “econocentrico”, non tiene in nessuna considerazione gli interessi di chi non partecipa al potere legislativo stesso: oggi in primo luogo animali e ambiente.

 

Nella mia filosofia, che in quanto basata sul principio di rispetto assoluto, ho definito “Eusebismo”, tutti i viventi hanno diritto di esistere, in quanto tali. Non ritengo che gli animali non umani vadano rispettati per la loro somiglianza agli umani, ma per il semplice fatto che esistano siamo tenuti a rispettare la loro esistenza e la loro natura, astenendoci dall’interferire. Già il fatto di distinguere quali esseri siano da considerare come oggetti, quali come soggetti e quali tra essi abbiano diritto di avere diritti, implica l’arrogarsi la veste di giudici che non ci compete.

 

mucche

In base a tutto quanto sopra la mia conclusione è che soltanto mangiando secondo la nostra naturale necessità possiamo affermare di agire in modo corretto. Quando ci allontaniamo dalla nostra natura cominciamo a recare danni: alla nostra salute, agli animali dei quali ci cibiamo, all’ambiente che ci ospita e ospita tutti gli altri terrestri, umani e non umani, etc. Tutti questi sono ciò che nel diritto si considerano danni ingiusti, da cui il nostro dovere di astenerci dal provocarli: il dovere del vegetarismo.

 

Giovedì 28 aprile Carlo Prisco terrà un seminario dal titolo: “Esiste un diritto al vegetarismo?” presso la facoltà di Legge dell’Università degli Studi di Milano, all’interno della cattedra di Diritto e Bioetica della Prof.ssa Francesca Poggi. Per la prima volta, i giuristi di domani avranno modo di confrontarsi con il vegetarismo quale scelta giuridicamente meritevole di tutela. Le lezioni sono pubbliche, e chiunque interessato potrà parteciparvi, anche se non studente universitario: ore 12.30-14.15, aula 422, via Festa del Perdono n° 7, Milano.

 

Note
1. La parola “vegetariano” infatti indicava originariamente colui che si cibava esclusivamente di cibo vegetale; oggi invece per “vegetariano” si intende chi mangia cibo vegetale, ma anche derivati di origine animale quali: latte, latticini, uova, miele; mentre “vegano” è chi evita questi ultimi, si ciba esclusivamente di vegetali e conduce uno stile di vita totalmente scevro da qualunque tipo di sfruttamento animale.

 

  1. Si vedano a tale proposito gli ottimi documentari: “Meat the truth” ed il più recente “Cowspiracy” 

 

 

 

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