“Un viaggio, un uomo, un cane”: un inno alla vita e alla lentezza
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Il libro “Un viaggio, un uomo, un cane” racconta di un viaggio fisico e spirituale di connessione tra natura e uomo, attraverso il cane Olivia. Per saperne di più, abbiamo intervistato l’autore Vito Di Lorenzo.
Nel tuo libro scrivi: “Non sono e non mi definisco uno scrittore”. Perché allora qualcuno dovrebbe scegliere di leggere proprio il tuo libro?
Non mi definisco uno scrittore perché quando ho voluto pubblicare questo libro le case editrici avrebbero voluto stravolgerlo, perché secondo loro avrebbe dovuto essere scritto secondo un certo standard, al quale gli scrittori generalmente cercano di attenersi. Io non sono d’accordo sullo standardizzare tutto, è giusto che ci sia anche chi parla “fuori dalle righe”.
Scrivo perché voglio arrivare alle persone, è quello il mio obiettivo. In questo libro penso di esserci riuscito anche perché al di là del fatto che finora lo ha letto un pubblico molto eterogeneo che va dai bambini agli anziani, la mia soddisfazione principale è stata che sono riuscito a far leggere il mio libro anche a delle persone che non avevano mai letto libri prima d’ora (forse anche incoraggiati dal fatto che è un libro di sole 80 pagine!). L’altra piccola-grande vittoria è stata ricevere delle email o delle chiamate, o trovare delle persone che mi fermano per strada per dirmi: “Ho letto il tuo libro e quest’estate parto in solitaria” e quindi vuol dire che qualcosa di buono ho fatto!
Dici che lo scopo del tuo viaggio in solitaria in montagna era quello di “collegarti con te stesso ed aumentare il feeling con Olivia” la tua cagnolina. Puoi raccontarci come e perché la montagna è riuscita a farti raggiungere entrambi gli obiettivi?
Sono partito con i ritmi della città, poi questa “vecchia Signora” a cui bisogna dare del “lei” che è la montagna, mi ha insegnato quali erano i veri ritmi da seguire: vento, sole, pioggia, e tutto ciò che ne deriva. Quindi ad un certo punto mi sono detto: “Dov’è che sto correndo?”. Così ho portato i remi in barca e mi sono messo all’ascolto per sentire cosa mi diceva questa “Signora” e soprattutto cosa sarei riuscito a capire.
E così mi sono trovato di fronte alle mie insicurezze e mi sono sentito un bambino in fasce al cospetto di queste enormi e maestose montagne. Ho cominciato a ragionare in maniera diversa, anche osservando Olivia che, a differenza mia, era perfettamente a suo agio. E da lì ho cominciato questo cammino-viaggio introspettivo, cercando il più possibile di entrare in contatto con la natura e l’ho fatto anche grazie ad Olivia, che non è solo un cane, ma un essere vivente molto speciale che mi ha insegnato tanto e che in un’occasione ho anche la certezza di aver sentito parlare.
Quindi non solo sei riuscito a stabilire un forte legame fra te e la tua cagnolina, ma sei persino riuscito a comunicare con Olivia nel profondo…
Assolutamente sì, una sera alla fine di una lunga camminata ci siamo fermati in un rifugio per la notte. Io ero seduto sul letto e lei era seduta per terra, mi ha guardato dritto negli occhi fin quando non è riuscita a catturare completamente la mia attenzione e mi ha detto: “Ho fatto i km che hai fatto tu, la stessa fatica. In questo viaggio mi ci hai voluto tu: adesso io dormo con te nel letto!”. Anche adesso che te lo racconto mi viene la pelle d’oca. Ho letteralmente sentito queste parole dentro la mia testa!
Dici che in montagna “è naturale scambiare un sorriso e due parole con tutti”. Come mai in città non è la stessa cosa?
In montagna secondo me ti senti più indifeso rispetto ad altri luoghi e quindi senti il bisogno di dire: “Ciao, tutto bene? Che strada hai fatto? Dove sei diretto?” Perché in montagna basta che un cartello sia messo male che sono guai. Quindi è un po’ come dirsi: “Diamoci una mano”, anche solo dicendoci “ciao”, per incoraggiarci a continuare.
Tra l’altro insieme ad Olivia, faccio parte dell’unità cinofila della Protezione Civile, quindi ad esempio andiamo a soccorrere le persone che si perdono nei boschi o le soccorriamo in caso di catastrofi naturali (forse anche per questo Olivia ed io abbiamo un rapporto molto stretto, sopra la media) e forse anche perché sono cosciente dei pericoli che si corrono saluto, chiedo informazioni, etc. Ma più in generale, secondo me la montagna ti porta proprio a ricercare maggiormente un contatto con le persone che incontri.
In città invece non si può regalare il proprio tempo, perché “il tempo è denaro”: bisogna produrre, fare business. Si diventa egoisti e mi ci metto anch’io, perché in città bisogna solo guardare a se stessi: gli altri devono togliersi di mezzo quando passi per farti andare più veloce. Sono meccanismi deleteri e innaturali.
Sono stato imprigionato in questi meccanismi per anni, perché ho lavorato per varie multinazionali ed ho cominciato la mia carriera lavorativa come elettricista in una grossa azienda. La mia massima aspirazione era arrivare al vertice e ci sono riuscito. Ma, proprio durante il mio viaggio in solitaria, ho riflettuto molto sulla mia vita e mi sono reso conto che non è la vetta o la punta della piramide gerarchica che volevo raggiungere. Quando raggiungi la punta della piramide sei da solo. Sei visto dagli altri come un leader, uno che è “arrivato”, ma sei solo. Noi esseri umani non siamo fatti per stare soli.
Scrivi che “ci vogliono rinchiusi dentro casa con la porta serrata a chiave e la televisione che ci rincoglionisce tutto il tempo”. Chi sono queste persone? Forse siamo anche noi stessi a creare la nostra gabbia giorno per giorno?
Secondo me è un po’ il sistema creato dalla politica o dalle grandi lobby che ha voluto instaurare quest’alienazione. Lo diceva anche un film che mi è piaciuto moltissimo quando ero bambino, “La storia infinita”, dove in una delle scene finali il lupo dice ad Atryu: “E’ più facile dominare chi non crede in niente ed è il modo più sicuro di conquistare il potere”, o qualcosa del genere… l’ho visto davvero parecchi anni fa! Ed è vero: se siamo abbindolati dalla televisione che ci dice quasi esclusivamente che fuori è brutto, c’è dolore e c’è gente cattiva uno non esce nemmeno!
Ci portano al terrore del prossimo, del diverso e ci rimbambiscono con programmi insulsi. Ci vogliono prendere come singoli, ecco perché cercano di terrorizzarci da un lato e manipolarci dall’altro. Io ho scelto da anni di non guardare la tv, però ogni tanto mi capita, magari quando mi trovo in un locale, di vedere il telegiornale, ed è angosciante: ci fosse una volta che ti raccontano che è successa una bella cosa! Ma per fortuna ognuno di noi può scegliere di fare qualcosa di diverso…
E’ per questo che hai contattato la redazione di Italia che Cambia?
Mi sono rivolto a Italia che Cambia perché è arrivato davvero il momento che l’Italia cambi! Dovremmo smetterla di andare sui social network a lamentarci delle cose non vanno e mettere il piedino fuori dalla porta per cominciare a fare qualcosa! Per questo è bello che ci siano persone come voi che si sono dette: “Proviamo a dare voce a quest’Italia che vuole mettersi in gioco e cambiare!”.
Mi ha particolarmente colpito un brano del tuo libro dove dici: “Il cellulare in questo viaggio non fa più parte della mia mano, come abitualmente durante la vita ‘normale’. Ora osservare ed ascoltarmi è naturale. Sono connesso ad un operatore che si chiama: vita presente”. Sei riuscito a trovare il modo per rimanere collegato a quell’operatore anche fuori dalla montagna?
Ci sono riuscito quasi al 100% la prima settimana, poi sono stato travolto dall’uragano della vita moderna e quindi tuttora lotto giornalmente per riuscire ad avvicinarmi sempre di più a quel 100% di libertà che avevo in montagna. Ma mi sto mettendo d’impegno e la mia vita è in continuo miglioramento perché ho avuto il coraggio di uscire di casa e mettermi in discussione. È ciò che auguro a tutti quanti: di riuscire a fare questo sforzo di uscire dalla propria gabbia, dal trantran quotidiano.
Quando penso ad Olivia non posso fare altro che realizzare quanto sia molto più evoluta lei che ha mantenuto intatti tutti i suoi istinti, che noi che li abbiamo repressi. Proprio per questo e cosciente delle complesse dinamiche alla base della vita moderna, il libro è nato con l’idea di risvegliare la voglia di essere presenti. È un inno alla vita e alla lentezza.
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