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La Brianza è la zona a nord di Milano compresa tra Monza, Lecco e Como nella quale, tra abitazioni e costruzioni di ogni tipo, si celano spazi rurali a misura d’uomo: ecosostenibili, solidali e assolutamente inaspettati. Nei pressi di un piccolo bosco e di un torrente si trova lo zafferaneto Vallescuria, piccola azienda agricola biologica fondata nel 2014 da sei ragazzi che si autodefiniscono “braccia restituite all’agricoltura”. Sei trentenni col pallino della filiera corta e col sogno di realizzare un progetto di agricoltura sociale che dia benessere e reddito a persone con difficoltà.
Lo zafferaneto Vallescuria si trova a Veduggio con Colzano, comune a metà strada tra Milano e Lecco, e prende il nome da un’area collinare all’interno del “Parco regionale della Valle del Lambro” e sulla quale è stata realizzata la prima coltivazione di Matteo e soci. I sei ragazzi hanno iniziato a lavorare la terra senza alcuna esperienza, realizzando un orto condiviso a scopo terapeutico per alcuni ragazzi con difficoltà cognitive e, solo in seguito, hanno deciso di recuperare la coltura dello zafferano brianzolo.
La Brianza vanta una lunga tradizione nella coltivazione dello zafferano, che da sempre è utilizzato nel famoso “risotto giallo alla milanese”. Il terreno molto fertile conferisce alla spezia un aroma intenso e il clima piovoso in primavera e in autunno è ideale per la sua coltivazione. Sempre in Brianza fino a cent’anni fa si coltivava il cartamo, detto anche “zafferanone” o “zafferano dei poveri”, e nel “Parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone” cresce ancora oggi lo zafferano selvatico autoctono.
La pianta dello zafferano è il “crocus sativus” e la spezia si ricava dall’essicazione degli stimmi, i tre filamenti di colore rosso all’interno del fiore. Quando si parla di zafferano si pensa subito alla Sardegna, L’Aquila e San Gimignano – zone DOP rinomate per la produzione di questa spezia – ma in realtà lo si coltiva un po’ in tutta Italia, fino a 1000 mt di altezza. Lo zafferano è pregiato e costoso perché i fiori devono essere raccolti e mondati a mano ed hanno una resa molto bassa: lo zafferano si trova solo negli stimmi del fiore e servono 150 fiori per arrivare ad un grammo di spezia ed è per questo motivo che gli stimmi di zafferano possono costare anche 20 euro al grammo. Pochi sanno che nel nostro paese si producono circa 600 kg di zafferano all’anno, mentre se ne consumano ben 22 tonnellate all’anno, per un giro d’affari milionario.
Eppure, “coltivare zafferano non è un lavoro per chi cerca soldi facili”, puntualizza Matteo. Tutti i soci di Vallescuria, infatti, hanno un impegno e non intendono lasciarlo perché lo zafferaneto è nato per dare lavoro e creare reddito e benessere a persone che altrimenti non avrebbero alcuna opportunità occupazionale. Prima di lanciarsi nella coltivazione vera e propria, infatti, Matteo e soci hanno visitato gli zafferaneti biologici presenti in Italia e investito due anni in formazione e sperimentazione. Hanno cominciato a produrre zafferano in stimmi solo nel 2014, perdendo metà del raccolto ma rimanendo soddisfatti della qualità ottenuta.
A quel punto hanno deciso di costituire una società agricola semplice e comperare i primi 10.000 bulbi di crocus da piantare su un terreno di circa 3.000 metri quadrati. I loro bulbi sono rigorosamente italiani al 100% e certificati biologici, più costosi di quelli importati ma di qualità superiore. Lo zafferano disponibile quest’anno (presso GAS e mercatini brianzoli) è frutto del raccolto del 2015 che, pur non avendo ancora certificazioni ufficiali, è stato coltivato secondo le regole dell’agricoltura biologica e senza prodotti chimici. Lo zafferano brianzolo – e in generale quello italiano – è di altissima qualità, puro e molto più aromatico di quello in bustina che, oltre alla spezia polverizzata, contiene coloranti e altre spezie, come la curcuma o il cartamo. Lo zafferano Vallescuria è venduto in stimmi e in vasetti di vetro proprio per garantire che la spezia acquistata è pura al 100%.
“Seguiamo le regole dell’agricoltura biologica e coltiviamo senza usare prodotti chimici”, spiegano i ragazzi di Vallescuria. “Crediamo in un’agricoltura sostenibile, nel rispetto dell’ambiente e della salute, sia di chi lavora nel campo sia di chi consuma i nostri prodotti. La fase di raccolta è molto importante per la qualità della spezia: i principi attivi sono termolabili e fotosensibili, per questo motivo raccogliamo i fiori all’alba, prima che si schiudano. Subito dopo, i fiori vengono mondati sempre a mano, selezionando gli stimmi che vengono essiccati il giorno stesso della raccolta. Per questo il prezzo della spezia è elevato, ma il nostro zafferano puro non può essere paragonato a quello in bustina del supermercato. Comprare in stimmi significa avere la certezza di acquistare zafferano purissimo. Il nostro zafferano è un prodotto sano e naturale: pur non avendo la certificazione di agricoltura biologica, poco adatta alla nostra piccola dimensione di esperimento agricolo, non usiamo alcun prodotto chimico”.
“Non ci piace l’idea che lo zafferano arrivi dall’altra parte del mondo, preferiamo un’agricoltura sostenibile e un prodotto di filiera corta, dove sia possibile conoscere la provenienza e la storia del cibo che si porta in tavola. La raccolta dello zafferano non è meccanizzabile: la mano dell’uomo è ancora l’unico mezzo per cogliere un fiore senza danneggiarlo. Nei paesi del Medioriente lo sfruttamento dei lavoratori è la norma e il prezzo bassissimo della manodopera permette costi inferiori. Lo zafferano industriale viene raccolto su superfici enormi, spesso gli stimmi vengono lasciati al sole per giorni e perdono la maggior parte delle loro qualità nutritive e organolettiche. La maggior parte dello zafferano che si trova in Italia viene importato dall’Iran, ma bisognerebbe riscoprire lo zafferano prodotto in Italia che è di altissima qualità e che offre maggiori garanzie a livello etico”.
“I gruppi di acquisto solidale sono una realtà alla quale ci sentiamo molto vicini. Ci piace un’idea di economia alternativa a quella della grande distribuzione globalizzata e sensibile all’etica, alla filiera corta e alla sostenibilità. Noi vogliamo capovolgere questa logica di profitto e fare agricoltura sociale, in cui si possa dar lavoro a chi ne ha bisogno. Il progetto dello zafferaneto nasce per lavorare insieme a ragazzi che hanno difficoltà cognitive. Noi soci abbiamo tutti un lavoro, ma loro no: facciamo tutto questo per dare loro una fonte di reddito e di realizzazione personale. Abbiamo iniziato con un orto condiviso e abbiamo visto che l’agricoltura è l’ideale”.
“L’idea con cui è nato il progetto”, conclude Matteo, “continua a essere una fantastica costante e, benché sappiamo che è un progetto ancora agli inizi, quello che stiamo vivendo è già un felice risultato e un elogio allo stare insieme, costruendo qualcosa di bello e di utile per il futuro di tutti noi”.
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