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“Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta,
ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta:
qualcuno è andato per formarsi, chi per seguire la ragione,
chi perché stanco di giocare, bere il vino, sputtanarsi ed è una morte un po’ peggiore…” (1)
(F. Guccini, Canzone Delle Osterie Di Fuori Porta)
VALLI DI LANZO (Torino). “Spero vi siano piaciuti gli agnolotti, se ne volete ancora vi prego di non fare complimenti!” Poche volte sono giunto alla fine dei primi piatti sentendomi così sazio e soddisfatto del pasto. Eppure Lina, proprietaria della locanda, sembra dispiaciuta che così pochi al tavolo abbiano voluto fare il bis della pietanza a base di pasta fresca tipicamente piemontese da lei preparata. Tra quei pochi non potevo certo mancare, anche se ammetto che non fu così semplice concludere il secondo giro, ancora più abbondante del precedente.
Da Lina funziona solitamente così.
È un luogo più unico che raro nella valle. Lei, oltre ad essere la proprietaria è anche cuoca e unica cameriera di questa piccola piola di altri tempi. La sensazione non è quella di essere in un locale pubblico, bensì nella cucina privata di questa cortese signora dal forte accento del borgo. Molti sono gli elementi che portano a questo tipo di considerazione: dal mobilio antico tipico di una casa di montagna alla ciabatte che Lina veste abitualmente, dal forte ed intenso profumo che giunge dalla cucina che ben si amalgama con il sapore del legno dei tavoli, all’assenza di camerieri ben compensata dalla presenza di caraffe di vino bianco e rosso. Pensandoci, v’è un qualcosa che ancor più riesce a generare questa sensazione: il calore, la passione e la naturalezza con la quale Lina prepara il cibo e accoglie i suoi ospiti.
Gli agnolotti arrivano in tavola dopo delle crespelle al forno con prosciutto e toma e ben otto antipasti, tra i quali non possono mancare i peperoni alla bagna càuda e la giardiniera.
Se Lina è di buon umore e si trova bene con la compagnia, le fa piacere sedersi a tavola e chiacchierare. E quando è veramente in forma, è difficile fermarla. Racconta della vita del borgo, fatti e misfatti dei paesani che solo una signora con il suo ruolo può sapere, della difficoltà della sua vita e della locanda, che con sacrificio cerca di non chiudere nonostante le enormi criticità economiche. In effetti, anche questa sera, siamo gli unici clienti.
Nel mentre un profumino giunge dalla cucina, è l’arrosto con patate che è ormai pronto. Un po’ a sforzo non possiamo non provarlo. Non appena qualcuno conclude la pietanza, lei passa con il vassoio ancora pieno pronta a rabboccare i piatti ora vuoti. A questo giro però nessuno più è in grado di continuare a mangiare. Quasi ci sentiamo in colpa nei suoi confronti, ci sembra di leggere nei suoi occhi la domanda: “Non ne volete più perché siete pieni o perché non vi è piaciuto?”. La rassicuriamo, ringraziandola per la cena luculliana.
Dopo un abbondante bicchierino di Genepì andiamo alla cassa ed ogni volta è quasi imbarazzante pagar così poco avendo ricevuto in cambio così tanto. Ci sembra incredibile essere gli unici clienti di un posto magico quanto lo sia questo, in un sabato sera come tanti altri di questo inverno quasi giunto alla sua conclusione.
Son certo che in ogni valle italiana vi sarà una Lina che con amore e determinazione continua a cucinare, accogliere, ascoltare le storie dei forestieri e, quando vuole, raccontare le sue avventure. Facciamo in modo che luoghi come questo non scompaiano nel nulla, fagocitati silenziosamente dalla modernità incalzante.
Sono l’essenza delle nostre valli, così come il ruscello, il fiore, l’albero e il laghetto. Perdere le diverse Line sparse nel paese significherebbe perdere un qualcosa che è invece da consegnare all’eternità: il senso dell’accoglienza e la determinazione di preparare quotidianamente un po’ di agnolotti, continuando a passare più volte ai tavoli per chiedere se gli ospiti ne vogliono ancora o sono sazi, domandandosi costantemente se avranno apprezzato o meno i piatti proposti.
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