La fotografia è arte? Un dilemma che (inutilmente) continua ad assillarci
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La fotografia è arte? Per rispondere al quesito, è innanzitutto necessario capire a fondo come ed in che modo la fotografia si è sviluppata nel corso dei secoli. Fondamentalmente, come in tutto, l’unico punto di partenza è la conoscenza. Proprio qualche giorno fa ho avuto l’onore di conoscere il fotoreporter Uliano Lucas, il quale di fronte alla domanda su quale fosse il senso della fotografia digitale rispondeva dicendo che prima di tutto è necessario comprendere la storia e lo sviluppo di quella analogica per poter esprimere qualsiasi parere sul resto.
La fotografia è, utilizzando le parole di Schwarz, la “logica conseguenza” di “premesse intellettuali” che si concretizzarono definitivamente nel XIX secolo. È “sintomo e causa di un nuovo assetto del mondo visibile”. La scienza, l’arte e la situazione sociale del periodo sono state in grado di generare un nuovo modo di rappresentare il creato. Ed è affascinante immaginare come essa si sia sviluppata proprio dall’incontro tra la “volontà creativa dell’artista e la sete di conoscenza dello scienziato”.
Nell’Ottocento, infatti, la maggiore preoccupazione degli scienziati e degli artisti era proprio la conoscenza dettagliata dei fenomeni e dei processi naturali. Solo grazie a questo incredibile connubio di esigenze si è arrivati, dopo diversi tentativi, alla “Vista dalla finestra di Le Gras” di J.P. Niépce. Essa è la più antica immagine ad oggi esistente.
Da quel momento la storia dell’arte è cambiata. L’invenzione della fotografia ha stravolto anche il ruolo della pittura. Come affermò Delaroche: “A partire da oggi – giorno della concretizzazione materiale della fotografia – la pittura è morta”. All’onor del vero, qualche anno dopo Jean Cocteau invece ci disse che “la fotografia ha liberato la pittura”. Questo è un sintomo che ben esprime il rapporto amore – odio tra fotografia e pittura. Inizialmente le due forme di espressione non si intesero alla perfezione, ma poi una capì l’intento dell’altra e così ognuna riuscì a prendere la propria strada. Non a caso, qualche anno dopo la scoperta della fotografia, si svilupparono nella pittura il Cubismo e il Futurismo.
Per tutte queste ragioni possiamo considerare la fotografia un’arte. Non tanto per i selfie che quotidianamente affollano i nostri social network, ma per quella ricerca costante e continua, a volte ossessiva di lasciare una traccia del presente da parte dell’artista. L’essere testimoni del nostro tempo attraverso la ricerca di un simbolo, di un’immagine per far riflettere, per creare trasformazione e cambiamento. Mentre scrivo mi vengono in mente due film di Wim Wenders,“Lisbon Story” e “Alice nelle città”, dei quali consiglio fortemente la visione a tutti i ricercatori di Senso nell’arte così come nella vita.
“Fotografare può essere qualcosa in più dell’atto di azionare un dispositivo meccanico, e la fotografia non è soltanto la replica di un frammento di realtà visibile”. Così inizia il libro di Schwarz e così concludo l’articolo. Pensateci la prossima volta che vi farete, se ve lo farete, un selfie. Una buona alternativa al tempo speso per il selfie potrebbe essere proprio la lettura del libro appena analizzato o l’approfondimento di qualsiasi altra attività per la quale sentiate un interesse, una passione, un impulso.
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