“Effetto referendum”: Shell rinuncia alla ricerca di gas e petrolio nel golfo di Taranto
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La Shell ha deciso di rinunciare alla ricerca del petrolio nel golfo di Taranto. Il colosso olandese del settore petrolifero ha inviato una lettera al ministero dello Sviluppo in cui annuncia di voler rinunciare al permesso di cercare il petrolio nel mare fra Puglia, Basilicata e Calabria.
Nelle scorse settimana anche Petroceltic ha abbandonato il campo rinunciando ad avviare ricerche davanti alle isole Tremiti. Se la decisione della società anglosassone è stata determinata dalla mancanza di capitali, il dietrofront della Shell sarebbe dovuto dall’incertezza generale della strategia italiana nel settore della ricerca e della produzione di idrocarburi.
Nell’ottobre scorso, dopo un iter di 35 mesi, la compagnia aveva ottenuto il via libera ambientale all’analisi del sottosuolo. In seguito dieci regioni italiane dieci Regioni hanno presentato sei quesiti referendari contro le trivellazioni in mare.
Nel tentativo di evitare il referendum, dichiarato ammissibile dalla Corte Costituzionale, il Governo ha vietato tutte le attività nelle acque nazionali, cioè entro le 12 miglia dalla costa. Una decisione determinante per la frenata della Shell: una parte delle aree ottenute dalla compagnia olandese è infatti dentro le 12 miglia.
Il referendum si farà comunque, il 17 aprile. Non è stata infatti ascoltata la richiesta delle associazioni ambientalista di indire un Election Day, ovvero di accorpare il referendum sulle trivelle con il primo turno delle prossime elezioni amministrative. Ciò avrebbe facilitato la partecipazione democratica e comportato un risparmio fra i 300 e i 400 milioni di euro di soldi pubblici.
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