Io sto con i beagle: nessun cane deve tornare a Green Hill!
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Martedì prossimo, 23 febbraio 2016, si terrà presso il Tribunale di Brescia, il processo d’appello a Green Hill, l’allevamento di cani beagle destinati ai laboratori di tutta Europa situato a Montichiari (Brescia), denunciato dalla Lega Antivivisezione (LAV) nel 2012.
“Saremo presenti in Aula per ottenere una nuova condanna esemplare che, in primo grado, ha già inflitto a Green Hill tre significative condanne per maltrattamenti e uccisione di animali (articoli 544bis e 544ter del Codice penale), con sospensione dell’attività per due anni e confisca dei cani” afferma l’associazione. Nella sentenza di primo grado erano stati condannati a 1 anno e 6 mesi, Renzo Graziosi, veterinario della struttura e Ghislane Rondot, co-gestore di Green Hill 2001, per maltrattamento e uccisione di animali, mentre Roberto Bravi, direttore dell’allevamento, era stato condannato a 1 anno.
Green Hill, per legge, non potrà riaprire in Italia, perché il Decreto Legislativo 26/2014 ha vietato l’allevamento di cani a fini sperimentali. Cosa si rischia, allora, in questa fase processuale? Se la sentenza di primo grado venisse ribaltata potrebbe venir meno la confisca dei cani; i 3000 beagle affidati in custodia giudiziaria dalla Procura di Brescia alla LAV e a Legambiente, che li hanno sistemati nel giro di poche settimane donandoli a famiglie affidatarie, potrebbero tornare all’azienda. Se ciò accadesse, i cani rischiano, quindi, di essere portati fuori dal confine italiano per essere utilizzati per prelievi di sangue e plasma, pratica già in uso prima del sequestro.
“Abbiamo fiducia nella giustizia: sono numerosi e solidi gli elementi di prova che documentano uccisioni e maltrattamenti senza necessità. La temuta ipotesi di restituzione dei beagle a Green Hill è inammissibile e illogica sotto vari aspetti” dichiara la LAV. In primis, la sentenza storica di condanna di primo grado verso tre persone per maltrattamenti e uccisioni di animali, e in secondo luogo, è impensabile che i beagle vengano restituiti a coloro che, per mancanze di cure idonee, hanno avallato un esorbitante numero di decessi: solo tra il 2008 e il 2012 sono morti 6023 cani.
“Come sarebbe possibile rimettere i beagle nelle mani di chi li ha soppressi con iniezioni di Tanax somministrato senza pre-anestesia, causa di indicibili sofferenze o ha deciso di non curarli adeguatamente quando malati di rogna, perché le cure avrebbero potuto rovinare la successiva vendita? Come potrebbe non essere considerato grave il fatto che l’azienda spedisse a fine “carriera” alcuni animali ad un’altra struttura nel Regno Unito, consapevoli, che lì i cani in esubero venivano uccisi senza necessità seppure in un altro Paese? Come si può legittimare la restituzione di cani a chi usava segatura scadente per le lettiere, causa di diversi decessi per soffocamento di circa 104 cuccioli, nonostante i dipendenti abbiano sempre negato?
Nello stesso manuale di Green Hill era previsto come intervenire in tali casi: con procedure molto dolorose! Come sarebbe possibile giustificare la pratica di ammansire i cani appendendoli ad un’imbracatura per fargli perdere ogni cognizione sensoriale o affidarsi a personale dipendente che ha avuto l’agghiacciante spudoratezza di farsi fotografare con un beagle morto e il cervello di fuori, in posa sorridente e con il dito medio alzato? Gli elementi di prova della colpevolezza degli imputati sono fondati, concreti e inoppugnabili: per questo auspichiamo una nuova, severa condanna a carico di Green Hill” incalza la LAV.
Con l’hashtag #iostoconibeagle, l’associazione chiede alle famiglie affidatarie e a tutti gli italiani che hanno seguito la vicenda e lottato contro Green Hill, di sostenere la campagna e di riunirsi pacificamente il 23 febbraio, dalle 09:30, davanti al Tribunale di Brescia, per chiedere, in questa fase processuale cruciale, una più severa condanna dei responsabili delle uccisioni e dei maltrattamenti avvenuti all’interno dell’allevamento dei cani destinati alla sperimentazione.
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