L'Alveare che dice Sì! La spesa a km 0 social e innovativa
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La filiera corta si evolve e la spesa a km 0 diventa sempre più social con “L’Alveare che dice Sì!” , un progetto nato a Torino e ideato da Eugenio Sapora. L’idea che ne sta alla base è semplice: creare, attraverso internet e social network, strumenti innovativi per permettere ai cittadini di produrre, distribuire e consumare in un modo più sano e giusto. Con l’obiettivo di produrre senza distruggere l’ambiente, consumare in modo consapevole e realizzare una più ampia transizione sociale ed economica verso un nuovo modello di produzione e di consumo.
Nel settembre 2014 “L’Alveare che dice Sì!” viene incubato dal Politecnico di Torino ed è qui che a novembre dello stesso anno nasce il primo Alveare d’Italia, detto “Alveare Madre”. Il 4 dicembre 2015, grazie ai risultati positivi ottenuti dell’Alveare Madre, l’idea di Eugenio si trasforma in una start-up vera e propria e gli Alveari cominciano a moltiplicarsi in tutta Italia.
Il loro funzionamento è semplice: chiunque – privato cittadino, produttore locale o associazione – può mettersi in contatto con l’Alveare Madre per diventare Gestore di un Alveare locale. Il Gestore, attraverso una piattaforma online intuitiva e facile da utilizzare, promuove presso i propri concittadini i prodotti di qualità che si trovano “sotto casa” e dei quali spesso non si conosce l’esistenza. Dell’Alveare fanno parte i produttori che si riconoscono nei principi della Carta Etica della rete e che credono nella transizione ecologica: contadini che hanno scelto un’agricoltura sana, non intensiva e non estensiva, e artigiani che hanno puntato su qualità e salvaguardia ambientale.
Fare una reale spesa a km 0 richiede maggiore impegno di una spesa al supermercato e non tutti (o non sempre) abbiamo tempo, voglia o fondi a disposizione per farlo in prima persona. I residenti in una certa zona, detti “Membri” dell’Alveare, possono accedere alla piattaforma online dedicata e ordinare comodamente da casa prodotti locali come frutta, verdura, pane, vino, birra, carne, ecc. La spesa si ritira una volta alla settimana e la consegna avviene presso l’Alveare – che può essere una libreria, un bar, un ristorante o gli spazi di un’associazione – sempre nello stesso giorno e alla stessa ora, in modo che i Membri possano organizzarsi al meglio.
Una differenza con le altre filiere corte sta nel fatto che l’Alveare chiede ai produttori di essere presenti alla distribuzione degli ordini in prima persona, insieme al Gestore, affinché i cittadini possano fare domande sui prodotti e sulla lavorazione e i fornitori, a loro volta, possono conoscere le opinioni e le aspettative dei consumatori. Un’altra importante differenza è che, in tutta la rete, ogni produttore è pienamente libero di fissare i prezzi di vendita e la quantità minima ordinabile, perché è solo lui a possedere tutti gli elementi per valutare qual è la giusta remunerazione del suo lavoro, cioè quella che gli permette di lavorare dignitosamente e coprire tempi e costi. Solo quando la somma dei singoli ordini raggiunge la quantità richiesta dal produttore, l’ordine viene confermato e l’Alveare… dice sì!
A questo punto il Gestore organizza la logistica e la distribuzione degli ordini presso l’Alveare, ma non è un intermediario. Il produttore vende ai Membri dell’Alveare, incassa direttamente da loro e ogni vendita è seguita da un servizio di fatturazione automatico messo a diposizione dall’Alveare Madre. Oltre alla piattaforma internet e ad un servizio di social dedicati, infatti, l’Alveare Madre fornisce a tutta la rete supporto tecnico e commerciale 7 giorni su 7, l’emissione automatica di fatture, buoni d’ordine, buoni di consegna e qualsiasi documento contabile e la loro archiviazione a tempo indeterminato e, soprattutto, la certezza e rapidità nei pagamenti: 15 giorni tra la distribuzione della merce presso i locali dell’Alveare e l’arrivo dei soldi sul conto corrente del fornitore.
Per tutti questi servizi, i fornitori pagano una spesa fissa e contenuta: una percentuale del 16.7% sul fatturato esentasse realizzato con l’Alveare locale. Una metà di queste spese (cioè l’8,35%) va al Gestore dell’Alveare, che ha il dovere di garantire i locali, la logistica e la distribuzione delle consegne, coordinare gli ordini, organizzare incontri di (info)formazione e visite alle aziende per far conoscere ai cittadini le realtà produttive locali e le loro problematiche. L’altra metà va all’Alveare Madre di Torino, dove un team di 5 persone (compreso Eugenio Sapora) si occupa della gestione della piattaforma e di tutti i servizi online, del supporto tecnico e commerciale e del corretto sviluppo della rete degli Alveari nel rispetto della Carta Etica.
Oggi “L’Alveare che dice sì!” conta una trentina di Alveari sparsi in tutta Italia, dal Piemonte alla Sicilia, più di 2500 membri iscritti e oltre 200 produttori locali. Inoltre, fa parte del movimento europeo “The Food Assembly” – nato in Francia tra il 2010 e il 2011 col nome di “La Ruche qui dit Oui!” – e presente anche in Germania, Spagna, Belgio e Regno Unito con circa 900 Alveari.
Abbiamo raggiunto Eugenio Sapora e gli abbiamo chiesto di parlarci della sua esperienza con gli Alveari italiani: “Il progetto”, ci spiega, “è semplice e sostenibile dal punto di vista economico e sociale: si tratta di rimettere al centro i produttori e i consumatori e reinventare il nostro approccio con il cibo e la sua produzione. Oggi il modello agro-industriale dominante ha dimostrato i suoi limiti, i suoi rischi e la sua ingiustizia nei confronti di produttori e consumatori. I problemi e i temi legati all’alimentazione e alla produzione di cibo sono complessi e di fondamentale importanza: la salute, l’ambiente, il territorio, il lavoro, i legami sociali… “L’Alveare che dice Sì!” persegue il duplice obiettivo di produrre senza distruggere l’ambiente e consumare consapevolmente. Sostiene l’agricoltura sana, non intensiva e non estensiva e l’economia locale che rispetta l’ambiente”.
“Ogni giorno”, continua, “le comunità degli Alveari agiscono concretamente a livello locale per affrancarsi dall’agricoltura intensiva, dall’industria alimentare e dall’economia globale. Fare la spesa a km 0 e in modo consapevole sostenendo i piccoli produttori locali e virtuosi, permette loro di farsi conoscere, vivere dignitosamente e tenere aperta l’attività. L’Alveare che dice Sì! ricolloca il produttore nel cuore della relazione commerciale e, al tempo stesso, permette ai consumatori di riappropriarsi della propria alimentazione accettando i cicli e i tempi della natura, di capire le realtà e le difficoltà del mondo rurale e artigiano e di apprendere mille cose utili sulla catena di produzione che prima ignorava. Se ognuno di noi mangia meglio e mangia giusto, tutta la comunità ne trae beneficio: le aziende agricole restano ‘umane’, l’allevamento persegue il rispetto degli animali e le pratiche agricole proteggono i suoli, i paesaggi e la biodiversità.
“Credo fermamente nell’impresa sociale e che l’imprenditorialità possa essere messa al servizio della collettività. Credo che lo spirito imprenditoriale debba avere come obiettivo l’interesse generale e che debba mettere il successo sociale e ambientale alla pari di quello economico. Ma anche la creatività oggi è importante e l’innovazione è una leva fondamentale per il successo della spesa a km 0 e della filiera corta in generale. Vorrei dire a tutti i lettori di ItaliaCheCambia”, conclude Eugenio, “che oggi non è più possibile restare indifferenti, ma è necessario che ognuno di noi faccia la sua parte, che faccia un gesto concreto, anche piccolo, per migliorare le cose. Personalmente sono ottimista: credo che, anche attraverso la rete degli Alveari, i cittadini, gli agricoltori e gli artigiani italiani daranno il loro contributo a creare un nuovo modello economico di produzione e distribuzione più umana, più ecologica e più giusta”.
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