Tav condannata dal Tribunale dei Popoli: “violati i diritti dei cittadini”
Seguici su:
“In Valsusa si sono violati i diritti fondamentali sia di natura procedurale e di informazione sia per l’accesso alle vie giurisdizionali. Violati anche i diritti fondamentali civili, libertà di parola ed espressione”. È quanto recita la storica sentenza emessa domenica 8 novembre ad Almese, in Valle di Susa, dal Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) che ha condannato la linea ad alta velocità Torino-Lione ritenendo che le comunità locale siano state estromesse da informazione e coinvolgimento.
La giuria presieduta dal francese Philippe Texier, magistrato onorario della Corte suprema di Cassazione francese, e composta da altri sette membri di diverse nazionalità ha dunque accolto totalmente l’impianto accusatorio mosso dal Controsservatorio Valsusa, presieduto da Livio Pepino, che nella primavera del 2014 aveva presentato l’esposto.
Il Tribunale ha riconosciuto la responsabilità, oltre che dei promotori e delle imprese coinvolte, dei governi italiani degli ultimi due decenni e delle articolazioni dell’Unione europea che ne hanno accolto acriticamente le indicazioni senza effettuare i controlli e gli accertamenti richiesti dal movimento d’opposizione.
Secondo il Tribunale sono state disattese numerose convenzioni internazionali, in primo luogo quella di Aarhus del 25 giugno 1998 sull’informazione e partecipazione dei cittadini in materia ambientale, ratificata in Italia con la legge 108 del 2001.
I giudici del TPP hanno affermato che in Valsusa ci sono state violazioni dei diritti fondamentali dei cittadini e delle comunità per quanto riguarda l’informazione e la partecipazione. Una caratteristica, rileva il Tribunale, “riscontrabile anche nelle altre grandi opere e ciò delinea un modello che determina rischi “per la stessa democrazia all’interno dell’Europa”.
Il Tribunale dei Popoli ha anche indicato una serie di raccomandazioni ed espresso giudizi negativi su diversi aspetti.
I giudici internazionali hanno chiesto di “sospendere l’occupazione militare della zona” e hanno condannato l’uso sproporzionato della forza mediante le forze dell’ordine e dell’esercito negli affari interni, violando in tal modo le libertà civili e i diritti universali dell’umanità. In particolare i giudici condannano la criminalizzazione delle opposizioni sociali alle opere sottolineando l’importanza della protesta sociale.
Il tribunale sollecita inoltre la verifica dei danni subiti ai siti archeologici della Maddalena da parte della sovraintendenza e il ripristino della zona.
La giuria ha quindi chiesto ai governi italiano e francese di aprire “consultazioni serie delle popolazioni interessate, e in particolare degli abitanti della Val di Susa, per garantire loro la possibilità di esprimersi sulla pertinenza e la opportunità del progetto e far valere i loro diritti alla salute, all’ambiente e alla protezione dei loro contesti di vita” estendendo l’esame a tutte le soluzioni praticabili “senza scartare l’opzione ‘0’” e “sospendendo, in attesa dei risultati di questa consultazione popolare, seria e completa, la realizzazione dell’opera”.
Per le grandi opere italiane e europee il giudici raccomandano la sospensione dei lavori sino a quando non siano garantiti i diritti dei cittadini.
Viene inoltre raccomandata al governo italiano la rivisitazione della Legge Obiettivo e del decreto Sblocca Italia, in particolare nelle parti che di fatto impediscono la consultazione della popolazione coinvolta nella realizzazione delle grandi opere.
Nella sentenza il tribunale ha rilevato che la lotta dei No Tav si inquadra in una grande sfida a livello mondiale condotta in difesa dei diritti umani e del territorio. Viene dunque ribadito il diritto fondamentale delle comunità alla partecipazione nelle scelte riguardanti il loro territorio e il diritto a una informazione corretta ed esaustiva.
Si tratta della prima volta che il Tribunale dei Popoli si esprime su una questione italiana. Fondato nel 1979 per volontà del senatore Lelio Basso, il TPP si ispira al “Russel Tribunal”, che, nel 1967, si era occupato dei crimini di guerra commessi contro il popolo vietnamita durante la guerra del Vietnam. Un’altra fonte di ispirazione è stato il “Giudizio Popolare di Roccamena”, organizzato dalle popolazioni terremotate della Valle del Belice, che nel 1969 “processò” lo Stato italiano per le mancate promesse di ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968.
Sebbene le sue sentenze non abbiano alcun valore giuridico ma esclusivamente morale e politico, negli anni il Tribunale ha esaminato i maggiori conflitti internazionali e si è su gravi casi di violazioni dei diritti umani e dei diritti dei popoli, come il Genocidio Armeno e l’intervento degli Stati Uniti nel Nicaragua.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento