Io faccio così #95 – Scampia: costruire il futuro cavalcando un Mammut
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Campania - Oggi è il 4 novembre 2015 e mi appresto a scrivere un articolo che intende raccontare e proporre ai nostri lettori una delle esperienze più intense e necessarie tra quelle raccolte negli oltre sette mesi del mio primo mitico viaggio nell’Italia che Cambia, che si svolse tra il settembre 2012 e l’aprile 2013. Mi sono molto interrogato sul taglio da dare a questo pezzo e alla fine ho deciso che la cosa migliore sarebbe stata lasciar spazio al vissuto di quei giorni, rimandando al web per gli approfondimenti e gli aggiornamenti degli ultimi due anni. Vi lascio quindi al racconto di quei momenti, invitandovi caldamente alla visione del video proposto tra queste righe.
Una luce nel buio
L’8 marzo 2013, quando arriviamo al Mammut è buio. Abbiamo appena costeggiato le Vele. Siamo a piedi e siamo soli, io e Paolo. A un certo punto attraversiamo una grande piazza desolata, un po’ tesi. Non sappiamo chi o cosa possa nascondersi dietro gli angoli. Ci troviamo sotto un grande arco, e io vedo una luce con delle facce sorridenti. Penso che sia un bar e mi dico: “Ora vado a chiedere a loro dov’è il Mammut”.
Mentre mi avvicino rimango sorpreso dall’atmosfera piacevole, che stona così tanto con il contesto. Si apre la porta e mi viene incontro Chiara: siamo al Mammut! Quando sarò vecchio e ripenserò a questo viaggio, credo che uno dei ricordi più nitidi sarà quello di questo momento, di queste persone, di questi incontri.
Il Mammut è un centro territoriale nato nel 2007 e portato avanti grazie al lavoro di Chiara Ciccarelli e degli operatori e volontari che ruotano intorno a questo luogo di pace. Al suo interno vengono svolte attività “normali”: un corso per riparare le bici, un altro di breakdance, incontri di ceramica, giochi per i bambini, corsi di italiano per stranieri, doposcuola.
Quando siamo arrivati, nella stanza d’ingresso Chiara e gli altri erano alle prese con il corso di riparazione di biciclette. Diversi bambini e adolescenti partecipavano con passione. In un’altra stanza, intanto, c’era un corso di breakdance tenuto dai ragazzi più grandi che insegnavano gratuitamente ai bambini. In cambio, il Mammut concede loro lo spazio per allenarsi quotidianamente.
Queste attività, apparentemente banali, svolgono un ruolo importantissimo nella costruzione di futuro per chi è nato e cresciuto in questa zona: “Cerchiamo di stimolare delle passioni nei ragazzi” mi spiega Luca, che fa le pulizie e insegna disegno. “Se un ragazzo ha un interesse, se viene qui, non va dietro a quelli più grandi con la moto e i soldi, ed evita di trovarsi dopo pochi mesi a spacciare per seguire il loro esempio”.
Ovviamente è un processo lungo, che richiede mesi, anni. “La camorra si combatte nel tempo. Normalmente qui le ragazze rimangono incinte già a 16 anni, noi le spingiamo ad aspettare almeno i 20. Inoltre, qui facciamo scuola a tutti quei ragazzini che non frequentano le statali perché non sono regolari e spesso, per lo Stato, non esistono. La camorra ci lascia stare perché qui non girano soldi”.
Un progetto dalle radici antiche
Chiara ci avrebbe poi raccontato la genesi di questo posto e le difficoltà dovute ai continui tagli di fondi che costringono lei e gli altri a fare i miracoli per andare avanti.
La loro esperienza risale al 1997 quando viene avviata un’attività in un campo rom proprio sotto la metropolitana di Secondigliano. “Avevamo una serie di pregiudizi – ci racconta Chiara – immaginavamo i rom come bisognosi di processi di emancipazione, i bambini non curati, noncuranza e disagio, ma quando siamo entrati in contatto con la cultura rom ci siamo resi conto che era una cultura diversa e affascinante.
Era tutto ribaltato, il modo di concepire la vita e la comunità erano profondamente diversi rispetto a quelli diffusi nella gran parte della nostra società. Abbiamo quindi imparato ad astenerci dai giudizi e soprattutto dai pre-giudizi! Nel tempo, intorno a questo progetto, si sono unite persone con diverse professionalità ed esperienze (psicologi, avvocati, educatori, antropologi, ecc), creando un gruppo di attivisti organizzati inizialmente in modo totalmente informale, ma accomunati dall’interesse nello sperimentare esperienze educative e politiche sociali innovative con i bambini e gli adulti rom”.
Dallo sviluppo di questo laboratorio e delle successive attività e vicissitudini nel 2007 è nato il Mammut. “Non avevamo una sede a Scampia – ci spiega ancora Chiara – avevamo esperienze ma non una struttura. Abbiamo cominciato un lavoro sui miti di creazione. Ogni mese un mito nelle scuole e nelle associazioni. Poi ogni mese in piazza abbiamo organizzato una caccia al tesoro contestualmente a dei laboratori che decoravano la piazza. Una piazza, che prima era destinazione di tossicodipendenti, si trasformava quindi in luogo sicuro e gioioso. Mammut non è un progetto, è un processo, un continuo scambio tra ricerca e azione. La sede è poi arrivata nel 2009 e da allora, seppur tra mille difficoltà, portiamo avanti sempre nuovi progetti”.
Il Centro Ricerche Mammut
Per meglio descrivere questo luogo e questo processo riportiamo le parole contenute nel “chi siamo” del sito web di questo importantissimo centro territoriale sorto nel cuore di Scampia: “Il Centro Ricerche Mammut è nato a Napoli nel 2007 dall’esperienza del Centro Territoriale a Scampia e dell’Associazione di promozione sociale Compare. Ha sede in Piazza Giovanni Paolo II, a Scampia, sotto le colonne di un grande e strano porticato di sei colonne chiamato dagli abitanti del quartiere, per il profilo delle sue forme, o Mammut.
In questi anni Il Mammut ha sviluppato una ricerca azione articolata e complessa, dando vita a pubblicazioni e organizzazioni territoriali anche in altre regioni d’Italia. La ricerca Mammut intreccia pedagogia, urbanistica, teatro e arti figurative nel tentativo di sperimentare forme di sociale e convivialità valide nel nostro tempo.
Attorno a nuclei narrativi come nel gioco del ‘Mito del Mammut’ (giunto alla sua VII edizione) in questi anni abbiamo realizzato una mediateca, laboratori di scuola attiva con i bambini e le loro classi, una scuola di italiano per migranti, la ciclofficina, lo sportello di orientamento, l’ambulatorio di medicina omeopatica, il supporto didattico per adolescenti.
La sperimentazione su didattica, relazione di cura e partecipazione urbana ha coinvolto oltre 10.000 tra bambini, ragazzi e adulti italiani, migranti e rom e contribuendo alle azioni di recupero per una cinquantina di spazi pubblici nei diversi contesti visitati. Riuscendo a raccogliere molte ‘prove’ sulla possibilità di recuperare spazi pubblici attraverso le pratiche della pedagogia attiva e partecipata. Una piazza grande e desolata come un deserto si è riempita di bambini, momenti di incontro, giornate di studio.
Il Mammut è insomma un luogo di aggregazione cittadina ma anche un centro di sperimentazione e ricerca pedagogica. Una ricerca che abbiamo provato a raccontare nel libro ‘Come partorire un Mammut – senza rimanere schiacciati sotto’ (edito da Marotta & Cafiero nel 2011). Il parto a cui ci riferiamo è la nascita e il consolidamento di una ‘comunità’ dai confini nazionali attraverso cui ‘fare scuola’ con bambini, ragazzi, adulti italiani, stranieri e rom”.
Il cambiamento deve partire da noi stessi
“Siamo una comunità di persone collegate da una matrice comune. – aggiunge Chiara – Ci diamo forza reciprocamente. C’è una visione comune sul mondo e sul tipo di cambiamento che vogliamo e che deve partire da noi stessi.
Uno a Napoli o lascia o raddoppia. Noi tendiamo sempre a rilanciare. Siamo legati alla nostra terra, e dobbiamo partire dalle situazioni reali per poter attivare un cambiamento sociale più ampio.
Ora (marzo 2013) non sono pagata da mesi… I finanziamenti non ci sono, a parte piccole fondazioni. All’inizio lavoravano in venti a questo progetto, ora siamo in quattro.
Nel corso del tempo, però, la situazione del quartiere è migliorata, è molto più umano, più vivibile rispetto a prima. Ci sono realtà molto attive. Scampia è un ambiente prolifico, purtroppo però c’è uno stato di povertà enorme e una drammatica assenza di possibilità di lavoro. In qualche modo si è scelto di lasciar sviluppare l’economia della droga. Se in tutti questi anni le energie si fossero concentrate sulla creazione di imprese sane, la rivoluzione ci sarebbe già stata. Ma corruzione e collusione sono troppo potenti. Non c’è la volontà politica di cambiare le cose”.
Per fortuna ci sono Chiara e i ragazzi del Mammut che strappano ogni giorno decine di ragazzini dalla strada e dalla droga e insieme a loro ci sono centinaia di associazioni che popolano il quartiere grazie alle attività volontarie di giovani uomini e giovani donne che ci insegnano come si possano realizzare progetti concreti e impensabili in un contesto così difficile e così ricco di potenzialità inespresse.
Per saperne di più sul Mammut e per sostenerlo con una donazione quindi non ti resta che cliccare su http://www.mammutnapoli.org o andare prima possibile a trovarli a Scampia.
Buon viaggio.
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