Cambiamenti climatici e comunicazione: gli errori degli ambientalisti
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Oggi segnaliamo un libro. La buona notizia è che è pieno di buone idee al servizio di una buona causa, la cattiva notizia è che è in inglese. Ma oggi, tutti dovrebbero masticare un po’ di inglese, altrimenti finiranno all’ultimo posto della scala sociale di un mondo globale. Quindi, la buona notizia è che questa è l’occasione per imparare un po’ di inglese, se non lo sapete già.
Il libro si intitola “What We Think About When We Try Not to Think About Global Warming” ed è scritto dallo psicologo norvegese Per Espen Stoknes. Definisce le campagne di comunicazione sul cambiamento climatico “il più grande fallimento nella storia di una campagna di comunicazione scientifica”.
Nella più estesa indagine su tema, fatta dalle Nazioni Unite su 7,7 milioni di persone, su quale fosse la cosa più importante su cui concentrarsi, le azioni volte a contrastare il cambiamento climatico risultano sedicesime in una lista di sedici possibilità (la prima? “Una buona istruzione”). Un bel risultato, non c’è che dire.
A quanto pare, la comunicazione green è radicalmente errata, se non riesce a perseguire il suo scopo, cioè convincere chi non è già convinto della bontà dei propri fini (convincere chi è già convinto pare essere un’attività più facile, ma decisamente meno utile). Perché gli ambientalisti sbagliano tutto, secondo lo psicologo norvegese? Per saperlo, dovete leggere il libro. Ma per facilitarvi la vita, riassumiamo qui tre ragioni articolate meglio nel saggio.
1 – Pensare in positivo. “Molte storie sui media paventano l’apocalisse climatica” sottolinea l’autore. Il rimedio green? “La soluzione standard è: sacrifici! Niente carne, niente voli per le vacanze, basta con questa economia capitalista!!!” sottolinea l’autore. “Ma né la minaccia di disastri futuri né la richiesta di sacrifici presente viene molto ben accolta dalla maggioranza delle persone”. Lo scienziato politico Roger Pielke Jr dell’Università del Colorado ha identificato quella che lui chiama “la dura legge del cambiamento climatico”: quando la gente deve scegliere tra combattere il cambiamento climatico o rinunciare al benessere attuale, sceglie di tenersi il benessere attuale.
La soluzione? Passare da una narrativa punitiva, privativa e catastrofica in cui per sopravvivere dobbiamo rinunciare all’aria condizionata (a ben vedere, un sacrificio che nessuna persona di buon senso si sentirebbe di compiere, assieme alle scale mobili, una certa crema alle nocciole e altre piacevolezze simili), per passare a una narrativa positiva: “Possiamo esser green senza sacrifici, felici e confortevoli. Non andremo sempre a piedi, mangiando lattuga, vestititi di iuta senza un soldo.” Questo sembra un messaggio decisamente più attraente.
2 – Smettere di pensare che il cambiamento climatico sia di sinistra. Vi riassumo il succo: finché resterà una battaglia di una sola parte politica, metà della popolazione non la sosterrà (ovviamente, si tratta dell’altra parte). Vedete un po’ voi se è possibile fare una battaglia globale alla CO2 con solo metà dell’umanità a favore…. Soluzione: smettere di affezionarsi all’idea che essere una minoranza è una figata. E de-politicizzare il dibattito (l’autore è un norvegese, quindi è giustificato nel non sapere che questo in Italia è impossibile, ma questa è un’altra storia: ce la faranno anche senza noi…).
3 – Parlare dell’oggi e non di un futuro remoto. A quanto pare, minacciare sfracelli nel 2100 non smuove le masse. Forse qualcuno si preoccuperà per i suoi nipoti “ma quand’è l’ultima volta che avete preso una decisione che riguarda il prossimo secolo?” si chiede Stocknes. Invece, spiega l’autore, spiegate perché oggi le api stanno scomparendo, o perché rischiate oggi di addentare una mela allo zinco.
Leggetevi il libro per scoprire se siete d’accordo o meno. C’è anche molto altro, ma scopritelo da soli. Ovviamente, se volete essere green prendete l’e-book… Oooops, sto comunicando in negativo!
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