Seguici su:
Sono efficaci per la produttività agricola, ma sono pericolosi per la salute pubblica e per l’ambiente. Gli effetti negativi dei pesticidi usati in agricoltura sulla nostra salute sono ormai documentati: la letteratura scientifica indica che esiste una correlazione tra l’esposizione ai pesticidi e l’insorgenza di tumori, malattie neuro-degenerative (come Parkinson e Alzheimer), malattie croniche come l’asma e malattie neo-natali. A tutte queste malattie ora si aggiunge anche il diabete.
Oltre ad avere effetti tossici sia sul sistema nervoso che su quello endocrino, l’esposizione alle sostanze chimiche usate in agricoltura aumenta sensibilmente il rischio di ammalarsi di diabete. Sono due i nuovi studi che mettono in evidenza la correlazione tra esposizione ai pesticidi ed insorgenza del diabete. Le due ricerche sono state presentate durante il recente Congresso dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD-European Association for the Study of Diabetes) che si è svolto a Stoccolma dal 15 al 18 settembre scorso.
La prima (“Association between diabetes and exposure to pesticides: a systematic review and meta-analysis”) è una meta-analisi scientifica che revisiona 21 studi che hanno coinvolto un totale di circa 67.000 persone. La ricerca mette in evidenza che l’esposizione ai pesticidi, anche a bassi livelli, aumenta del 61% il rischio di ammalarsi di diabete in generale e del 64% il rischio di ammalarsi di diabete mellito di tipo 2. Tale rischio non interessa solo gli agricoltori, ma anche i residenti vicino ai terreni sui quali si pratica l’agricoltura intensiva e i cosiddetti “astanti”, cioè tutti coloro che si trovano, per vari motivi, a transitare in luoghi nei quali si fa l’impiego massiccio di pesticidi e, quindi, a respirare queste sostanze chimiche.
Il secondo studio (“Exposure to persistent organic pollutants in early pregnancy and risk of gestational diabetes mellitus”), invece, analizza gli effetti dell’esposizione ai pesticidi durante la gravidanza. La ricerca ha coinvolto circa 640 donne in attesa di un bambino ed ha mostrato che l’esposizione a queste sostanze, specialmente nei primi tre mesi di gestazione, aumenta di oltre 4 volte (e precisamente 4,4) il rischio di sviluppare il diabete mellito gestazionale.
Secondo la comunità scientifica internazionale, il principale mezzo di esposizione ai pesticidi è l’alimentazione (e, quindi, la salute di ognuno noi è a rischio), ma gli studi attestano che gli agricoltori, le loro famiglie e tutte le persone che vivono in zone rurali nelle quali si pratica l’agricoltura intensiva, sono tra i soggetti più colpiti. Le leggi vigenti in Italia vietano esplicitamente i trattamenti di pesticidi solo in prossimità dei pozzi, ma non in prossimità di case, giardini, scuole. L’impiego di pesticidi, infatti, è tra i maggiori responsabili dell’inquinamento delle acque: trasportati dalle piogge, le sostanze chimiche arrivano nei laghi e nei fiumi, dove causano fenomeni di eutrofizzazione, e penetrano nel terreno contaminando anche le falde acquifere pulite.
Il legislatore italiano ha vietato i trattamenti vicino ai pozzi, ma ha “dimenticato” di regolamentare i trattamenti chimici in prossimità di abitazioni, giardini e orti privati, parchi, riserve naturali, ecc. Per colmare questa lacuna normativa, alcuni cittadini affetti da problemi di salute dovuti all’esposizione a pesticidi, si sono uniti e hanno dato vita al gruppo Fb “No pesticidi” allo scopo di divulgare informazioni e sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema.
Il gruppo ha anche hanno lanciato una petizione dal titolo “Tuteliamo le persone che vivono nelle zone agricole da pesticidi e diserbanti“, che chiede l’introduzione di una normativa specifica che regolamenti l’impiego dei prodotti fitosanitari al fine di tutelare la salute pubblica. La petizione sta avendo successo e sta rapidamente raggiungendo il traguardo delle 3.000 firme.
Citando l’Art. 32 della Costituzione Italiana – “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” – la petizione del gruppo “No pesticidi” chiede:
– il rispetto di distanze di sicurezza non inferiori a m 50 dalle abitazioni e dai campi coltivati a produzione biologica,
– l’obbligo di avvisare i confinanti almeno 72 ore prima di ogni trattamento (per evitare che i prodotti fitosanitari possano depositarsi sugli abiti stesi, intossicare chi mangia in giardino o i bambini che giocano all’aperto) e l’obbligo di esporre cartelli che avvisino del pericolo in seguito ai trattamenti,
– la regolamentazione per le strade di accesso ai fondi interclusi di almeno 5 metri di sicurezza (anche per quanto riguarda la costruzione di serre agricole) per ogni lato di strada interpoderale, ove tale strada fosse l’unica possibilità per accedere al fondo, e
– l’introduzione di sanzioni severe per fare in modo che queste leggi vengano rispettate (come il ritiro del patentino e pesanti multe).
In attesa che il vuoto legislativo venga colmato al più presto, i cittadini italiani si stanno attivando in prima persona. Si tratta di alcuni comuni virtuosi che hanno inserito nei propri Regolamenti Comunali il divieto di impiego di pesticidi sul proprio territorio. Uno dei primi in Italia è stato il Comune di Malles Venosta (Bolzano): l’economia locale ruota intorno alla coltivazione intensiva delle mele eppure i cittadini, stanchi di respirare sostanze nocive, hanno scelto di vietare l’uso di pesticidi su tutto il territorio comunale.
A metà ottobre, anche il Consiglio Comunale di Livorno ha approvato una mozione che ha come oggetto la “salvaguardia del territorio comunale dall’uso di diserbanti chimici, delle sostanze tossiche – anche di origine naturale – e delle sostanze saline negli interventi di controllo delle infestanti al di fuori delle pratiche agricole”. La mozione è stata approvata ed impegna Sindaco e Giunta ad emettere un’ordinanza che vieti l’uso, per scopi agricoli e non, dell’erbicida Glyphosate (il cui brevetto fino al 2001 apparteneva a Monsanto) su tutto il territorio comunale e ad attivarsi per contrastare l’uso delle sostanze tossiche negli interventi di controllo delle infestanti al di fuori delle pratiche agricole, a salvaguardia della salute umana, dell’ambiente e della biodiversità.
È vero che questi Regolamenti e Ordinanze sono legalmente validi solo sul territorio del Comune che li ha emanati, ma è un primo passo verso un cambiamento più ampio. Ed è la dimostrazione che, nonostante tutti i vincoli e i limiti imposti agli enti locali, se un’amministrazione ha a cuore il bene della comunità, ha ancora strumenti a disposizione per essere davvero virtuosa.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento