Cancro al seno, un gel potrebbe limitare l'uso degli animali nella ricerca
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417,000 sterline sono state assegnate ai ricercatori delle Università di Manchester e Nottingham dal National Centre for the Replacement, Refinement & Reduction of Animals in Research (NC3Rs), l’organizzazione scientifica, con sede nel Regno Unito, che si pone l’obiettivo di sostituire, perfezionare e ridurre l’uso degli animali nella ricerca.
Gli scienziati sono stati finanziati per sviluppare un gel, originariamente creato per la ricerca sulle cellule staminali che, imitando il tessuto mammario, potrà accelerare la ricerca sul cancro al seno. La dott.ssa Cathy Merry dell’Università di Nottingham ha dichiarato che il team svilupperà un gel programmato per comportarsi allo stesso modo del tessuto mammario umano in modo da poter indagare in quale modo i tumori vengono influenzati dalle cellule sane adiacenti, senza la necessità di usare gli animali.
“Gli idrogel sintetici ci permettono di manipolare l’ambiente e la densità della matrice per misurare la risposta delle cellule del seno precancerose. Le complesse interazioni potranno essere studiate in modo sistematico e altamente riproducibile; la comprensione delle interazioni tra il tessuto mammario e le cellule all’interno del seno porteranno a nuovi approcci per la prevenzione e il trattamento del cancro. Per fortuna questi esperimenti sono ora possibili senza modelli animali, risparmiando così vite e soldi” spiega il Prof. Tony Howell, esperto nello sviluppo del cancro al seno presso l’Università di Manchester.
Al momento, il metodo più diffuso per studiarlo è quello di indurre la malattia nei roditori; i topi e gli uomini, però, non sono identici, e troppo spesso un trattamento che dà risultati validi sui primi non funziona sui secondi. I topi e i ratti sono usati nella ricerca perché possono essere allevati con facilità, sono poco costosi ed essendo animali molto piccoli sono facilmente maneggiabili dai ricercatori. I finanziamenti elargiti alle nuove tecnologie avanzate e ai metodi sostitutivi potrebbero rappresentare la svolta epocale per malati, animali e ricercatori.
Aspettando i risultati di questo nuovo studio, teniamo presente che noi abbiamo già un’arma molto potente per la prevenzione del tumore e per la cura di numerose patologie: l’alimentazione.
Gli alimenti di origine animale sono pieni di grassi saturi, proteine in eccesso, ormoni e altre sostanze nocive che possono aumentare il rischio di cancro. Nei paesi come Stati Uniti e Italia, per esempio, dove si consuma un’alta percentuale di latticini e carne, ci sono molti più casi di cancro al seno rispetto ai paesi come il Giappone e la Cina, dove questi alimenti non vengono consumati o vengono consumati saltuariamente.
La dott.ssa inglese Jane Plant, sopravvissuta al cancro e autrice del libro The No-Dairy Breast Cancer Prevention Program, dichiara: “Senza alcun dubbio, la migliore dieta anti-cancro è quella vegan”. Per concludere non posso non citare il dr. T. Colin Campbell, scienziato di fama mondiale, professore di Nutrizione biochimica alla Cornell University e autore del libro The China Study, lo studio più completo sull’alimentazione mai condotto finora. Rimanendo nell’ambito del cancro al seno, l’autore afferma che questa malattia è correlata a una situazione ormonale alterata dal cibo che mangiamo.
“L’estrogeno partecipa direttamente al processo cancerogeno e tende inoltre a indicare la presenza di altri ormoni femminili che rivestono un ruolo nel rischio di essere colpiti da questa malattia. L’idea che il cancro al seno dipenda essenzialmente dall’esposizione all’estrogeno ha importanti conseguenze perché la dieta ha un ruolo primario nel determinare l’esposizione a questo ormone; ne deriva che il rischio di cancro al seno è prevedibile se consumiamo cibi che tengono sotto controllo i livelli di estrogeno.
La triste realtà è che la maggior parte delle donne semplicemente non è al corrente di questo dato scientifico. Se queste informazioni venissero adeguatamente diffuse da agenzie sanitarie responsabili e credibili, immagino che molte più giovani donne potrebbero intraprendere passi molto concreti ed efficaci per evitare questa terribile malattia” scrive il dr. Campbell nel suo libro.
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