Io faccio così #87 – Paolo Pileri, un Vento di cambiamento per salvare il paesaggio
Seguici su:
Milano - Paolo Pileri scuote la folla in un afoso mattino di giugno. “É il momento di fare un salto di qualità nelle nostre battaglie per la difesa del paesaggio. Dobbiamo coinvolgere i comuni vicini, interi territori, perché ai fiumi, l’aria, l’acqua non importa dei confini amministrativi! E poi è necessario riattivare l’ascensore politico, far sì che la questione ambientale diventi una priorità – o meglio ‘la priorità’ – dell’agenda politica nazionale”. Siamo al Festival della Lentezza organizzato dall’associazione dei Comuni virtuosi e Pileri, professore di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano, autore del recente “Che cosa c’è sotto” (Altreconomia, 2015) e probabilmente massimo esperto italiano di consumo di suolo e contenimento urbano, si rivolge soprattutto ai sindaci e gli amministratori presenti. E lo fa senza troppi fronzoli: “Se non riusciamo a fare questo passaggio fondamentale, a rimettere al centro la questione ambientale, rischiamo che continuiamo a trovarci qui anno dopo anno a raccontarci quanto siamo bravi, senza potere di incidere sulla realtà!”
Più tardi, davanti alla nostra telecamera, Pileri ci spiega il motivo di tanta veemenza: “Le amministrazioni virtuose, il forum Salviamo il paesaggio, le tante battaglie sui territori hanno ottenuto risultati straordinari. Ma proprio per questo è necessario capire che è il momento di cambiare, di ampliare il nostro raggio d’azione portandolo a un altro livello più sistemico e programmatico. I tempi sono maturi ma se non lo capiamo rischiamo di perdere una grossa occasione”.
Il tempo di una svolta
Nel nostro paese si assiste da anni ad un eccesso di consumo di territorio. Secondo Ispra nel 2015 vengono cementificati 7mq al secondo, 50/60 ettari al giorno. Negli ultimi 50 anni è stata registrata una conversione urbana media del suolo di quasi 90 ettari al giorno (fonte: WWF e FAI, Dossier TerraRubata, 2011). Tutto ciò per realizzare un’edilizia di cui non abbiamo bisogno: esistono in Italia piu di 2 milioni di appartamenti liberi che nessuno compra (dati: Agenzia delle Entrate 2012) grazie ai quali sarebbe già possibile soddisfare ogni aspettativa di domicilio, anche a seguito dei flussi migratori.
“Il cemento – spiega Pileri – causa un aumento non solo della bruttezza e dei problemi ambientali ma anche della spesa pubblica. Si calcola che dovremmo spendere 7-14 miliardi di euro per gestire le aree urbanizzate perché non finiscano sott’acqua a causa delle sempre più frequenti inondazioni. Ogni ettaro non cementificato è una spugna che trattiene 300 milioni di mq di acqua, mentre per ogni ettaro cementificato è necessario spendere per gestire la rete delle acque. Un suolo libero fa servizi ecosistemici che niente al mondo è in grado di fare.”
Ciononostante ancora oggi il paesaggio, un po’ come l’ambiente in generale, viene considerato dalla politica una questione marginale. “Chi si oppone alle grandi opere o critica la cementificazione viene presto bollato come retrogrado, o nella migliore delle ipotesi come un romantico idealista. In pochi sembrano rendersi conto dell’incredibile ricchezza che il paesaggio rappresenta in Italia (almeno oggi, visto che nella nostra Costituzione, all’articolo 9, dunque fra i principi fondamentali, si parla proprio di paesaggio) e dell’enorme sperpero di denaro pubblico che comporta la sua distruzione.”
Per porre fine a questo scempio scellerato negli ultimi anni sono state portate avanti varie azioni collettive. Le iniziative dei comuni virtuosi, a partire dallo storico esempio di Cassinetta di Lugagnano, primo comune italiano a crescita zero, hanno dimostrato che se c’è la volontà è possibile fare delle politiche efficaci di tutela del territorio. Il forum Salviamo il paesaggio, che raccoglie oltre 150 comitati locali, è riuscito ad ottenere un ampio consenso popolare e a portare avanti numerose iniziative, come il “censimento del cemento”, il supporto ai comitati locali, l’attività conferenziera e divulgativa e – il più ambizioso – la proposta di leggi regionali di iniziativa popolare contro il consumo del territorio.
Insomma, non si può dire che si stia partendo da zero. Tuttavia, proprio per queste ragioni è il momento giusto, secondo Pileri, per dare una svolta significativa ai movimenti e portare le rivendicazioni su un altro livello. Il vento potrebbe cambiare. Già, il vento. Non una parola a caso, visto che VENTO è anche il nome di un ambizioso ma concretissimo progetto che il professore sta portando avanti con il Politecnico di Milano.
In bicicletta da Venezia a Torino
Paolo Pileri arriva alla Reggia di Colorno, nella cui cornice si svolge il Festival della lentezza, carico di materiali. Il tempo di salutare qualche amico e subito inizia ad estrarre dai tubi le vele che illustrano il progetto. Li piazza in punti ben visibili, ne parla con un trasporto e una passione che non possono lasciare indifferenti. VENTO, acronimo di Venezia-Torino, è una dorsale di cicloturismo che dovrebbe collegare il capoluogo veneto con quello piemontese. 679 chilometri di pista ciclabile che correranno lungo il fiume Po e valorizzeranno l’intero paesaggio circostante, rivitalizzandolo e incentivando lo sviluppo di piccole strutture di accoglienza diffusa per i cicloturisti.
Più di una semplice pista ciclabile, VENTO vuol essere prototipo di un sistema diverso di mobilità, nonché di un nuovo modo di intervenire sul territorio. Si legge sul sito:”Provocatoriamente diciamo che in questo momento non ha importanza dove passa VENTO, perchè VENTO è il tracciato apripista di una visione di ciclabilità che ancora non c’è nella cultura italiana e che non ha prodotto gli effetti di sviluppo e di cultura che avrebbe potuto e che vuole assicurare al Paese, innescando tante altre iniziative di ciclabilità e un nuovo modo di progettare, pianificare, generare sviluppo. VENTO è la lunga ciclovia portante di un sistema di mobilità dolce che sta al passo con le grandi ciclovie europee che da anni sono solcate da milioni di cicloturisti. Milioni.”
Non una grande opera, ma neppure una piccola opera locale. Piuttosto un esempio – fra i primi in Italia – di opera sistemica. Che costerebbe circa 80 milioni di euro (quanto all’incirca 1,3 chilometri di autostrada) e rischia persino di essere realizzata. Il 3 giugno scorso infatti il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Del Rio ha sciolto le riserve dicendo a tutti che VENTO si farà. Il Governo sosterrà le spese di progettazione definitiva rendendo il progetto “appaltabile”. Forse il vento sta davvero cambiando.
Paolo Pileri è autore del libro Che cosa c’è sotto (Altreconomia, 2015)
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento