Foche: l'Europa rafforza il divieto al commercio di pelli e carne
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Dopo anni di dibattiti, battaglie e petizioni, il Parlamento europeo ha rafforzato il divieto al commercio di prodotti derivati dalle foche. Il testo originario del 2009, entrato in vigore nel 2010, vietava i cappotti di pelle di foca, i guanti, le borse e la commercializzazione della loro carne ma ammetteva ancora due eccezioni: la caccia da parte delle tribù indigene e la piccola caccia per garantire la “gestione delle risorse marine” sostenibile.
Con una votazione tenutasi a Strasburgo l’8 settembre, i deputati europei (631 voti favorevoli, 31 contro e 33 astenuti) hanno approvato una risoluzione legislativa che rimuove la deroga di caccia alle foche per proteggere gli stock ittici e conferma, ma allo stesso tempo restringe, il diritto di caccia alla foca alle comunità indigene, come quella Inuit, consentendo loro di immettere sul mercato europeo prodotti di foca per ragioni di sussistenza, senza finalità commerciali e, solamente se i loro metodi di caccia tengono conto del benessere degli animali.
La Commissione europea avrà, dunque, il compito di informare i consumatori, i funzionari doganali sulle nuove regole, eccezione Inuit compresa, e dovrà monitorare scrupolosamente la filiera produttiva delle popolazioni indigene per assicurarsi che la deroga a loro concessa non venga subito strumentalizzata dall’industria della pelliccia per aggirarne il divieto. Le nuove regole, per entrare in vigore, dovranno essere approvate formalmente anche dal Consiglio dell’Unione europea, previsto il 18 ottobre 2015.
E’ una vittoria storica, seppure parziale, perché la caccia alle foche in Canada proseguirà, nonostante tutto il mondo sia schierato contro questa inutile e brutale pratica. Il governo canadese è conscio che non esiste più un mercato e che la mortalità delle foche è aumentata a causa della sparizione dei ghiacci, ciò nonostante autorizza ancora questo massacro. Le immagini scioccanti delle foche uccise ogni anno per il commercio della loro soffice pelliccia, stampate nella memoria di tutti, anche di coloro che generalmente non si preoccupano del benessere degli animali, non possono ancora essere “archiviate” tra i brutti ricordi.
E’ una caccia crudele, violenta (quale caccia non lo è!), praticata con metodi brutali per non rovinare la pelliccia degli animali e compiuta da persone senza un briciolo di umanità! Mi dispiace non riesco a giustificare quegli uomini – se così possono essere definiti -, che hanno il coraggio di prendere a bastonate degli animali indifesi, per poi lasciarli agonizzare sul ghiaccio e scuoiarli quando ancora sono coscienti.
Avete mai visto una foca da vicino? Avete mai avuto la fortuna di essere disarmati dai loro occhi penetranti? A me è accaduto qualche settimana fa, quando attraversando l’Olanda in bicicletta, ho previsto come tappa fondamentale del mio viaggio l’ospedale delle foche situato a St. Pieterburen. La struttura è suddivisa in tre zone, dove i cuccioli rimasti orfani, le foche spiaggiate, ferite da reti da pesca o colpite da epidemie virali e batteriche, vengono curate e rimesse in libertà.
La prima aerea (Fase 1) è il luogo dove le foche, isolate dagli altri esemplari, sono monitorate e curate con terapie intensive. E’ in questa zona che i miei occhi hanno avuto la fortuna di incrociare per qualche minuto quelli di un cucciolo. I suoi occhietti tondi, neri, perforanti puntavano i miei, mentre mi veniva incontro dondolando sino al vetro che ci separava. Chiedendole scusa, ho abbassato lo sguardo per la vergogna di appartenere alla specie umana e, piangendo silenziosamente, mi sono allontanata per non rovinare ai bambini accanto quel prezioso incontro tra esseri ancora “incontaminati”.
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