Io faccio così #84 – Istruzione parentale: e se i nostri figli andassero a scuola in casa?
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L’istruzione parentale è un percorso educativo o didattico che, invece di essere curato da docenti in una scuola tradizionale, è affidato ai genitori dei bambini e si svolge fra le mura domestiche. Questo è sancito a grandi linee dall’articolo 30 della Costituzione – “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire, educare i figli, nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti” – e chiarito in varie sedi dagli organi competenti, per esempio attraverso circolari ministeriali. Detto questo, le sfumature che assume la scelta di non mandare i propri figli a scuola sono davvero tante. Proviamo ad analizzarne qualcuna grazie anche a un’esperienza di cui vi vogliamo parlare: la Scuola Libertaria di Conversano.
Fra i diversi esempi di scuole “alternative” che abbiamo conosciuto in giro per l’Italia – da Genio Selvatico all’Asilo nel Bosco di Ostia, dall’istituto comprensivo di Teodoro Gaza diretto da Maria de Biase alla scuola primaria di Belaso –, oggi vi parliamo di questo bellissimo progetto nato nella zona del lago di Conversano, vicino a Bari, e terminato ufficialmente nell’ottobre del 2013, dando vita a nuove sperimentazioni.
L’iniziativa è nata spontaneamente da una serie di incontri informali fra genitori scontenti delle loro esperienze nelle scuole pubbliche che hanno deciso di unirsi e creare loro stessi un percorso educativo alternativo per i loro figli. È nata così la Scuola di Paglia. «Il nome – ci ha spiegato Porzia, una delle mamme promotrici del progetto – è stato scelto perché ci sarebbe piaciuto realizzare un edificio in paglia per ospitare la nostra scuola di istruzione parentale, ma anche per ispirarci alle proprietà di questo materiale: semplice, economico, a volte sottovalutato, ma robusto e tenace».
La Scuola di Paglia ha dunque due caratteristiche particolari: è domiciliare ed è libertaria. Attualmente, anche se i dati non sono ufficiali, le famiglie che scelgono di non mandare i propri figli a scuola praticando invece l’istruzione parentale sono circa un migliaio – negli Stati Uniti, nel 2014, si contavano poco meno di 1,6 milioni di homeschoolers, ovvero quasi il 3% degli studenti americani. Nel nostro paese si tratta dunque di una pratica ancora quasi sconosciuta. «Molti genitori si sono avvicinati al nostro progetto – ha raccontato Giorgia, un’altra delle mamme della scuola–, ma sono stati pochissimi quelli che hanno dato seguito all’interessamento iniziale». Il motivo è più semplice di quanto possa sembrare: «L’istruzione parentale è un percorso che coinvolge tanto il bimbo quanto i genitori. Bisogna mettersi in gioco, è richiesto un impegno concreto, in termini sia di pianificazione della didattica che di presenza fisica».
Quando il progetto Scuola di Paglia era operativo, i cinque bambini che vi partecipavano erano seguiti dalle 9 alle 14:30, ci ha spiegato Porzia: «Alla mattina, fino all’ora di pranzo, c’era un educatore di fiducia che noi genitori avevamo incaricato. Alle 13, uno di noi a rotazione arrivava per preparare il pranzo e assistere i bimbi mentre mangiavano, fino all’ora di tornare a casa». Ma l’impegno non finiva qua, perché una volta a settimana c’era il pranzo sociale, una volta al mese l’open day per presentare la scuola agli esterni, più ovviamente le assemblee per pianificare le attività didattiche. «Il contributo richiesto era notevole, ma consentiva di responsabilizzare anche il genitore, di attribuirgli un ruolo attivo, di renderlo ancora più partecipe del percorso educativo dei propri figli, senza delegarlo alle istituzioni scolastiche tradizionali».
Percorso educativo che fra l’altro era davvero particolare. «La nostra era una scuola libertaria. L’assunto principale da cui siamo partiti è che il bambino possiede propensioni innate da individuare e incoraggiare senza forzature». Inoltre, l’approccio collettivo e comunitario mette in gioco varie energie, senza un adulto che dice cosa fare: «Noi grandi ci siamo avvicinati ai bambini con un grande senso di fiducia. Questo non avviene spesso, perché spesso l’insegnante considera il piccolo incapace, inesperto, mentre noi pensiamo che il bambino abbia in sé capacità intrinseche che vanno solo attivate».
La modalità assembleare viene utilizzata dai genitori ma anche dai bambini, che spesso sono i promotori del loro stesso piano didattico: «Si cerca di mettere nella mani dei nostri figli il maggior numero di strumenti possibile per criticare e valutare. Va bene lo stimolo che ricevono da un videogioco o da un cartone animato, se però sono consapevoli che c’è tanto altro. Per questo è importante consentire loro di fare altre esperienze, non annichilire la loro curiosità ma alimentarla, così che siano loro stessi a scegliere». In questo modo si costruiscono anche delle autonomie: il momento del pranzo, per esempio, era autogestito dai bimbi, che si servivano e lavavano i piatti da soli.
L’esperienza della Scuola di Paglia di Conversano è stata una piccola parentesi, che però ha lasciato un’eredità importante: «L’idea di scuola libertaria è rivoluzionaria perché va contro il modello del consumo, della delega, delle specializzazioni. Ovviamente è solo un tassello che va inserito in un modello più ampio: noi lasciamo i nostri figli liberi di scegliere e forniamo loro un humus culturale più sano. Il nostro sogno è creare una scuola che educhi alla libertà in libertà».
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