Voltare pagina: il formaggio vegetale ruba il posto a quello di capra
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Julian e Carol Pearce, per venti anni, hanno prodotto formaggio di capra, ricevendo numerosi riconoscimenti per la qualità dei loro prodotti. Quest’anno, con enorme coraggio, hanno deciso di non far nascere più animali nella loro fattoria, “ci sono tanti animali là fuori che hanno bisogno del nostro aiuto” dice Carol, e di passare dalla produzione di formaggi di capra a quelli vegan. Da maestri nell’industria lattiero-casearia, in cui hanno acquisito una certa manualità, a inventori di deliziosi e artigianali formaggi vegan. Con un pizzico di creatività e fantasia hanno quindi sostituito gli ingredienti abitualmente usati con ingredienti 100% vegetali.
“E’ stato difficile rinunciare a tutto quello che abbiamo costruito e conosciuto per decenni, ma quando il cuore ti dice cosa devi fare, non puoi più ignorarlo”. Qualcuno di voi, forse, si chiederà, come è già accaduto con il precedente articolo cosa c’entra tutto ciò con l’Italia Che Cambia! Quando vengo a conoscenza di una bella storia, mi piace condividerla con i nostri lettori, indipendentemente dal fatto che sia accaduta o meno nel nostro paese. Soprattutto, spero che qualche produttore o allevatore italiano possa trarne ispirazione a tal punto da unirsi a questi entusiasmanti “viaggi”.
La prima domanda è quasi d’obbligo. Siete diventati vegani?
Sì, da cinque mesi. Prima di diventare vegani, consumavamo pochissimi prodotti a base di carne, non perché non ci piacessero, ma semplicemente perché entrambi eravamo collegati per motivi di lavoro al settore della produzione animale. Eravamo consapevoli dei maltrattamenti inflitti agli animali nelle aziende lattiero-casearie, negli allevamenti di suini, di polli e nel settore ittico. Sembra davvero di essere tornati indietro per quanto riguarda il benessere e l’attenzione degli animali!
Per 45 anni – dice Julian – ho impartito lezioni agli agricoltori sul benessere degli animali, raccontando loro come migliorare lo stile di vita e di salute degli animali d’allevamento. Non ho mai accettato il fatto che agli animali non vengono riservate le stesse cure e attenzioni, riservate a noi esseri “umani”; nessun animale merita che il proprio cibo venga disposto su una superficie sporca, per esempio, e tutti dovrebbero essere trattati con rispetto e amore. Quando io e Carol ci siamo incontrati, lei aveva salvato dei vitelli e si stava impegnando duramente per tenerli in vita, per curarli e per dar loro una nuova casa. Se Carol non li avesse presi con sé, sarebbero stati venduti a qualche allevatore, macellati a pochissimi mesi di vita, senza aver ricevuto mai una carezza.
Siete stati produttori di formaggio per venti anni, dunque, conoscete bene l’industria lattiero-casearia. Cosa ne pensate?
Nelle aziende a conduzione familiare gli animali vengono trattati con rispetto e amore. Negli allevamenti intensivi gli animali sono numeri ammassati in grandi capannoni, dove non ricevono né cure, né attenzioni. Gli altri animali sono proprio come noi, intelligenti, con dei grandi sentimenti, un’anima e tutti amano il contatto umano. Non molto lontano dalla nostra abitazione abbiamo due allevamenti dove in ognuno di essi sono stipate circa cinquecento mucche con infiammazioni alle articolazioni, mastiti e tantissimi altri problemi. Il sistema industriale è basato sull’avidità e non sulla cura degli animali.
Dopo aver prodotto formaggio per tanto tempo, ricevendo anche riconoscimenti per la qualità dei prodotti, avete deciso di voltare pagina, decidendo così di produrre formaggi vegetali al posto dei formaggi di capra. Perché?
Negli ultimi mesi vivevamo un “conflitto di interessi”. Carol si è sempre battuta per i diritti degli animali e avevamo già creato The Sanctuary at Soledad Goats , il santuario per accogliere quelli più sfortunati, salvati da diverse situazioni. Nell’ultimo anno abbiamo lottato con la nostra incoerenza. Salvavamo animali e allo stesso tempo facevamo nascere nel nostro allevamento circa mille nuove vite l’anno. Per produrre i formaggi avevamo bisogno del latte e per avere il latte eravamo costretti a far nascere altre caprette. Il 50% dei nuovi nati erano maschi. E sappiamo tutti qual è il destino dei maschi negli allevamenti destinati ai prodotti lattiero-caseari.
Noi eravamo per la politica del “non uccidere” per cui eravamo costretti a trovar loro delle case pronte ad accoglierli. Abbiamo iniziato a ragionare sul fatto che, in un mondo già sovrappopolato di animali domestici, una parte di questi animali che noi facevamo nascere sarebbero potuti diventare indesiderati. Abbiamo capito che era arrivato il momento di andare avanti, di seguire il nostro cuore e di virare verso la scelta vegan. Siamo molto felici perché ora abbiamo più posto per accogliere gli animali bisognosi e salvati da situazioni aberranti.
Chi sono gli ospiti del santuario? Da dove provengono?
Abbiamo diverse specie animali. Carol è un tecnico veterinario e io sono specializzato in nutrizione dei ruminanti quindi abbiamo la fortuna di saper gestire, nutrire e curare molti animali. Abbiamo nove cavalli che sarebbero stati uccisi con l’eutanasia, mucche e vitelli salvati dal macello il cui proprietario era stato ricoverato per subire una grave operazione (ora è fuori pericolo ed è un grande amico del santuario), dodici maiali salvati da una situazione di maltrattamento e denutrizione, molte capre provenienti da persone che non potevamo più permettersi di dar loro da mangiare. E ancora galline, galli, tacchini, piccioni, pappagalli, uccelli, tutti animali che non erano più desiderati dai proprietari, dodici cani che sarebbero stati soppressi con l’eutanasia e, infine, abbiamo Hope. A tutti gli animali diamo un nome. E’ sorprendente vedere come ogni capra capisca il proprio nome!
Chi è Hope?
È una capretta che abbiamo preso quando aveva solo 23 ore di vita. Era cieca, denutrita, in stato di shock. Gli allevatori che possedevano la mamma, non avendo esperienza, si sono documentati su internet per farla partorire, rompendo così il cordone ombelicale quando Hope era ancora nel grembo materno. Il liquido amniotico ha danneggiato le cornee della piccola. Carol la nutriva dandole il latte con il biberon ogni due/tre ore e la medicava per farle superare i suoi problemi di salute. L’abbiamo chiamata Hope, Speranza, perché speravamo di salvarla. Continuavamo a parlare con lei, intenzionalmente, per farla abituare alla nostra voce e infonderle fiducia; l’abbiamo chiamata sempre Hope e lei da subito ha riconosciuto il proprio nome. Ora vive con noi da tre anni come se fosse una capra vedente; ci segue, facendosi guidare dal nostro profumo, stupendo tutti i visitatori. Se lei non riesce a percepire dove siamo ci chiama. Le piace il suo posticino adibito a camera da letto, la sua dieta (ama l’acqua gassata, il succo d’arancia, l’uva, il pane fatto con la pasta madre), sdraiarsi sul divano con noi, è davvero molto dolce. Hope è una celebrità in zona e ogni anno festeggia il suo compleanno con tantissimi amici. Ama viaggiare con noi sul camion, godendosi la passeggiata dal sedile posteriore, cammina accanto a noi come un cane al guinzaglio. È davvero gratificante adottare un animale disabile.
E’ possibile visitare il santuario?
Certo, su appuntamento. L’ingresso è libero e siamo aperti sei giorni alla settimana, tranne la domenica. Ai visitatori chiediamo un’offerta libera, poiché per visitare il santuario e la fabbrica di formaggi vegan occorrono comunque tre o quattro ore.
Tornando ai formaggi vegan. Quali ingredienti utilizzate? Come avete imparato a farli?
Principalmente anacardi, mandorle, noci macadamia, il nostro acido lattico vegetale, i soliti additivi e un componente segreto per conferirgli quell’aspetto invecchiato. Abbiamo imparato per tentativi ed errori, sperimentando, mischiando i vari ingredienti. La produzione del formaggio vegetale è completamente diversa da quella fatta con il latte di capra. Abbiamo al momento Cheddar affettabili, provoloni, mozzarelle ma stiamo lavorando su altri formaggi.
Come vi sostenete? Riuscite a vivere con la vendita dei formaggi vegan?
Siamo pensionati e gran parte dei nostri soldi servono a mantenere gli animali del santuario. Anche tutti i soldi che ricaviamo vendendo i formaggi servono a mantenere noi, il santuario e gli animali. Il rifugio sta crescendo, quindi, abbiamo bisogno anche di una mano da parte dei nostri sostenitori.
Qual è la vostra missione?
Salvare il maggior numero di animali da fattoria e dargli una casa per sempre. La nostra missione è anche aiutare, consigliare, guidare le persone affinché rispettino gli animali. Non possiamo salvarli tutti per cui cerchiamo di educare le persone a mantenerli in un ambiente sicuro e felice, per il bene degli animali stessi. Sappiamo e crediamo che tutte le specie animali sono intelligenti. Se gli permettiamo di vivere liberi e ci impegniamo a conoscerli, finiremo con il trovarci davanti a grandi personalità, con specifiche individualità. Ogni ospite del santuario è un individuo unico e solo per questo vale la pena vivere le emozioni che sa trasmetterci.
Immagini di The Sanctuary at Soledad Goats
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