Repubblica Nomade in Cammino a Cuncordu: nel cuore della Sardegna
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E’ appena passata la terza settimana di cammino attraverso la Sardegna e noi siamo entrati nel cuore dell’isola, inteso geograficamente.
A questo centro corrisponde un avvicinamento alla natura intima delle comunità che incontriamo, che ci accolgono fin dentro le loro case e ci rendono partecipi di feste, gioie, lotte e preoccupazioni.
L’ accoglienza è la cifra che accompagna i nostri passi, complici anche l’arrivo del solstizio d’estate e la festa di S. Giovanni, protettore dei pastori e festeggiato in quasi tutti i paesi che attraversiamo.
Da Genoni a Sorgono passiamo le nostre serate a chiacchierare, a viver le feste nei novenari in campagna, nei circoli delle Proloco, nelle librerie, nelle piazze, persino nelle aule consiliari che, per l’occasione, si trasformano in luoghi della convivialità.
A Villanova Truschedu conosciamo le lotte dei comitati sardi in difesa del territorio e per la sovranità alimentare, a Oristano parliamo di forni e cucina solare, a Samugheo incontriamo la Consulta giovanile. I ragazzi sono incuriositi da questo gruppo di “folli” che passo dopo passo desiderano conoscere la loro terra.
Due giovani sposi ci regalano un cesto di pani tradizionali, dolci e vino del banchetto di matrimonio del giorno prima. Abitiamo davanti a casa loro, ci osservano durante il giorno, decidono che vogliono renderci partecipi della loro felicità.
L‘accoglienza, preparata o improvvisata, ci rivela la voce della comunità. Ascoltiamo i canti sardi, a Seneghe i Su contrattu, a Santu Lussurgiu i canti a cuncordu, a Neoneli i tenores. La canzone qui è poesia, è una forma di espressione per chi vuole raccontare la sua visione del mondo. I temi sono la vita naturale, le vicende quotidiane, la politica, la storia, la religione.
La sonorità arcaica rimanda col pensiero ai resti archeologici di Genoni, ai Giganti di Mont’e Prama di Cabras, ai menhir di Biru e’ Concas a Sorgono.
Lentamente entriamo nel nuorese, verso l’ultima settimana di cammino. Ci lasciamo alle spalle l’altipiano di Abbasanta, tra il fiume Tirso e il lago Omodeo. Sono i luoghi della fanciullezza di “Nino”, come affettuosamente veniva chiamato in paese Gramsci. A Casa Gramsci abbiamo potuto rileggere alcune delle sue lettere ai famigliari e scoprire quanto amasse questo paesaggio. La sorella Teresina gli inviava invano in carcere le violette di Chenale perché potesse almeno non dimenticarne il profumo.
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