21 Lug 2015

CycloLenti in Georgia: l'ospite è un dono di Dio

Scritto da: CycloLenti

Fino all’anno scorso Tiphaine credeva che gli italiani fossero i più pazzi al volante. Viaggiando, viaggiando nella sua classifica personale […]

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Fino all’anno scorso Tiphaine credeva che gli italiani fossero i più pazzi al volante. Viaggiando, viaggiando nella sua classifica personale di spericolatezza il popolo dello stivale è stato sorpassato prima dai greci, poi dai turchi ed ora dai georgiani. Speriamo che ci si fermi qui. In effetti i georgiani guidano davvero come dei matti. Vale la legge del più forte, chi ha la guida più aggressiva e prepotente si guadagna la strada!

 

La via che passa al centro del Paese è noiosa e piena di auto, ci dicono. È deciso, faremo la strada per le montagne. Quello che sta per aspettarci è un vero e proprio tuffo in un altro mondo, soprattutto se paragonato all’atmosfera della grande Batumi che abbiamo appena lasciato. Per il primo giorno ce la prendiamo con calma, è tutto asfaltato e seguiamo il fiume con lievi dislivelli. È quasi sera e al primo cenno di pioggia siamo accolti da una famiglia del posto.

 

La nonna di Dachi, sempre molto sorridente

La nonna di Dachi, sempre molto sorridente


“Accomodatevi”, ci dice il padre. Le bici vanno dritto dritto in garage e noi su, al primo piano, davanti ad una tazza di caffè e dolci fatti in casa. Di solito non bevo mai caffè, ma non voglio rifiutare, la tazza è già davanti a me. Con gran sorpresa il caffè georgiano mi piace, è cremoso e dolce. Qui tutti conoscono Celentano, i suoi film e le sue canzoni, perfino le parole a memoria. Dachi, il nipote, ci fa da interprete in inglese. A tavola si materializza una mini caraffa colorata, contiene del chacha, la grappa georgiana. Partono i brindisi e l’atmosfera è allegra e disinvolta, i ragazzi suonano, i bambini ballano, gli adulti cantano!

Raggiungiamo i mille metri d’altitudine e mentre ci concediamo una birra (1lt=1€) come ricompensa per lo sforzo, un ragazzo ci chiede la nazionalità:
“I’m italian”
“Anch’io…”
“Di dove?”
“Di Napoli”
“Anch’io…”
“Come ti chiami?”
“Marco”
“Anch’io…”
“Nooo vabbè!”

 

E ci ritroviamo a Khulo (si, si chiama così il paese)! Per questa sera, visto che qui non si fanno problemi sul numero degli occupanti, dormiremo per terra sui materassini nella stanza d’albergo che ha prenotato. 

 

Mentre il sole cocente e la ripida salita tra pietre e terra mi fanno ragionare su come potrei mai alleggerire il pesante bagaglio, c’è chi invece ha ben pensato di risolvere il problema alla radice e di portarsi dietro tutta una casa. In direzione opposta giunge un mostro enorme. Un camion camperizzato attrezzato per andare fuori strada. “Ma lo sapete che il passo è a quota 2025mt e che è tutto sterrato? Perfino in auto è difficile salire o scendere”, ci interrogano perplessi la coppia di slovacchi proprietari della casa mobile che come se non bastasse dietro si portano anche un quad. Ma noi in bici siamo più leggeri e le nostre ruote, meno ingombranti, possono passare tra le numerose buche laddove auto e moto hanno difficoltà, rispondiamo alla coppia che ci guarda con una faccia mista tra stupore e ammirazione.

 

Il super camion 4x4 degli slovacchi

Il super camion 4×4 degli slovacchi


Sulla via si alternano mucche al pascolo e grossi mezzi pesanti mai visti prima d’ora. Sono camion e furgonati russi che risalgono al periodo della guerra, per loro strada o non strada non fa alcuna differenza.

 

 

Siamo quasi a fine giornata e anche questa volta inizia a piovere che ci ritroviamo proprio davanti la porta di casa di una famiglia. I bambini, fuori, ci hanno già salutato. Piove forte, ci fanno entrare. La casa è di legno e le palafitte compensano la pendenza del terreno. L’atmosfera all’interno è calda e accogliente, siamo seduti sul divano circondati da cinque bambini, i genitori e i nonni tutti sorridenti per questi ospiti inaspettati. I ragazzi ci portano subito i loro libro di inglese. Con un vero e proprio gioco dei mimi li aiutiamo a svolgere i compiti di traduzione dall’inglese al georgiano. Poi si aprono le danze e a turno e insieme si esibiscono in balletti ai ritmi di musiche tradizionali e non. Perfino il più piccolino conosce i passi.

 

Lezioni di danza

Lezioni di danza


 

Nel frattempo la cena è pronta. Il tavolo, apparecchiato e ricco di portate, viene spostato al centro della stanza. Il capofamiglia ci fa cenno che possiamo iniziare, ma a tavola ci siamo solo noi e lui, gli altri devono aspettare e potranno mangiare solo quando l’ospite è sazio a sufficienza. Mi sento un po’ a disagio nel non poter condividere questo momento tutti assieme, ma bisogna rispettare le regole del posto. Qui l’ospite è sacro, è considerato un dono di Dio. A pance piene facciamo intendere che siamo a posto. Il tavolo ritorna nell’angolo e in ordine tocca prima ai bambini, poi alla mamma e infine ai nonni.

 

 

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