Repubblica Nomade in Cammino a Cuncordu: incontro e accoglienza in Sardegna
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Mentre scrivo queste parole, sono già tornato a casa, al lavoro e alla vita “civile” di tutti i giorni. La parola che mi viene in mente (e nel cuore, e nei piedi) per prima, pensando a questi giorni di cammino in Sardegna, è, abbastanza naturalmente, “arrivederci”.
Arrivederci innanzitutto alle persone incontrate, di cui molte sono state trascinate dalla nostra Repubblica nomade, chi ci ha accompagnato, chi accolto e chi ci raggiungerà a Gavoi per il gran finale. E arrivederci all’isola e ai miei compagni di cammino: anch’io sarò di ritorno per l’arrivo.
Se la tematica più forte della prima settimana è stata il lavoro, i primi giorni di questa seconda settimana – che ci ha visto inoltrarci sempre di più nell’entroterra, attraverso il Gerrei – hanno avuto un filo conduttore femminile. A Sinnai Marilisa Piga ci ha fatto conoscere le Lunàdigas, donne che decidono di non avere figli; a Burcei Giacomo Mameli ci ha presentato il suo libro, “Le ragazze sono partite”, in cui raccoglie le storie delle giovani donne partite per lavorare, spesso come serve; a San Nicolò Gerrei, poi, Gerardo Piras ci ha introdotto alla sacralità del pane e alle varietà che le donne preparavano per il marito, a seconda delle esigenze che l’avrebbero portato lontano.
Ma vorrei sottolineare anche il tema dell’incontro, dell’accoglienza e della festa: abbiamo attraversato e ci siamo fermati in paesi isolati dove “Non si passa, ci si viene”, come Tommaso Lussu dice di Armungia. Ho fatto un piccolo calcolo: in alcuni paesi aumentavamo con la nostra presenza la popolazione del 5%. E ci è sempre stato offerto qualcosa: ospitalità, cibo, festa (come a Escolca, dove siamo stati ospiti della indimenticabile festa di San Simone) e storie, di cui ci nutriamo voraci.
Voglio raccontare un ultimo episodio: mentre facevamo una pausa a Ballao, abbiamo sentito una musicista suonata con il megafono che precedeva un annuncio: erano state ritrovate delle chiavi e chi le aveva smarrite le poteva ritirare presso il comune. Non so bene perché mi abbia colpito così tanto, forse mi ha riportato a una dimensione di comunità e semplicità. Forse è questa l’Italia che cambia, quella che resta fedele a se stessa, come un fiume che cambia continuamente restando se stesso. Un po’ come quel sogno in movimento che abbiamo chiamato Repubblica Nomade.
Arrivederci, dunque!
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