Io faccio così #78 – Streccapogn, agricoltura sostenibile per una comunità autosufficiente
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Bologna, Emilia-Romagna - Tenace, resiliente e attaccato alla terra. Sono queste le caratteristiche dello streccapogn, “stringi-pugno” in dialetto bolognese, un radicchio che cresce sull’appennino emiliano. Cibo biologico e a km0, filiera corta e recupero delle tradizioni locali sono invece gli obiettivi principali dell’omonima associazione, nata nel 2009 a Monteveglio, la prima Città in Transizione d’Italia.
La transizione ha un approccio sistemico, favorisce la partecipazione spontanea e sincera dei cittadini al percorso di cambiamento, non forza i processi e rispetta i ritmi naturali. Ma tutte queste caratteristiche, già sperimentate con successo nella creazione di comunità solidali e resilienti, potevano essere tranquillamente applicate anche in campo agricolo. È questo ciò che ha pensato alcuni anni fa Davide Bochicchio, “padre” degli Streccapogn: «Da molti anni mi occupo di ricerca in campo agroalimentare e dopo essermi avvicinato alla Transizione ho pensato di trasferire nel mio settore di competenza ciò che avevo appreso, applicando una visione sistemica ai miei interessi. Nel 2009 ho avviato un ciclo di conferenze sull’alimentazione sostenibile, poi mi sono reso conto che c’era bisogno di intervenire a monte, sul processo di produzione e trasformazione delle materie prime alimentari».
Davide, che per lavoro conosce e frequenta il mondo del biologico italiano, ha provato a coinvolgere le attività agricole della zona, ottenendo però scarsi risultati: «C’era molta resistenza da parte dei contadini, troppo legati alle tecniche di coltivazione convenzionali e, in generale, alle loro abitudini». Allora l’azienda l’ha creata lui, insieme ad alcuni amici: «Abbiamo preso in gestione un’azienda biologica già avviata. Così è nata l’associazione Streccapogn».
L’obiettivo? Creare inclusione in campo agricolo. «Produciamo, trasformiamo e vendiamo alimenti, diamo lavoro a chi vuole entrare in agricoltura, intesa come tutta la filiera dal seme al piatto finito. Tutto ciò che interessa il cibo per noi è agricoltura perché, come diceva Wendell Berry, “mangiare è un atto agricolo”». Ma l’associazione crea anche reddito, salari e mercato: «Chi lavora con noi naturalmente viene retribuito. Vogliamo anche porci come facilitatori nei confronti di piccole aziende che, per via delle caratteristiche e delle dimensioni della loro attività, sono tagliate fuori dai circuiti economici maggiori, tarati sul modello della grande industria. Possiamo vendere per loro conto il cibo che producono, comprarlo direttamente noi oppure trasformare le loro materie prime. Stiamo creando una comunità che abbia anche una propria autosufficienza economica».
In tutto questo appare sempre con chiarezza l’imprinting transizionista: «Monteveglio in Transizione rimane la vision e il contenitore. L’associazione Streccapogn è la materializzazione, l’esempio pratico di come la transizione può funzionare. Ma dall’approccio di transition abbiamo preso anche un altro aspetto: l’importanza delle relazioni, che vanno coltivate a livello personale, di fiducia. Oggi siamo arrivati a condurre 25 ettari di terreni agricoli biologici in maniera totalmente gratuita e c’è la fila di persone che ci vuole lasciare i propri appezzamenti in gestione. Questo grazie alle reti di solidarietà che si sono create e che sono supportate da un’attività che assicura anche dei buoni risultati in termini produttivi ed economici».
A proposito di reti, l’associazione è anche socia di Arvaia, la cooperativa agricola creata dai cittadini di Bologna, e di Campi Aperti, il gruppo di produttori biologici che organizza i mercati contadini e che fa capo a Genuino Clandestino, di cui pure gli Streccapogn fanno parte. «Il nostro obiettivo è l’inclusione, così entriamo in contatto e contagiamo positivamente le realtà a noi più affini, creando anche percorsi concreti di sostenibilità, come piccoli circuiti commerciali e filiere interne». Destinatari finali di questo percorso di messa in rete sono ovviamente i cittadini: «Portiamo avanti attività di formazione e divulgazione di una nuova cultura della sostenibilità, riforniamo i gruppi d’acquisto solidale, facciamo vendita diretta dei nostri prodotti nei mercati locali e presso gli amici e i sostenitori dell’associazione». Un circuito solidale e sostenibile che si autoalimenta, cresce e prospera, dimostrando tutta la propria resilienza.
È un’epidemia di buone pratiche quella che si sta diffondendo e che, almeno in parte, ha le sue origini fra le colline di Monteveglio: «Quello che vedo in giro per l’Italia – conclude Davide – è che sta cambiando tutto: le possibilità si restringono, le idee buone emergono, il tempo stringe ma molti processi sono già attivati. Quello che stiamo facendo noi è il massimo, adesso e con i mezzi che abbiamo. Ciò che possiamo fare in più è scoprire nuove realtà, prendere esempio e contaminarle».
Visita il sito dell’Associazione Steccapogn.
Visualizza la scheda dell’Associazione Streccapogn sulla mappa dell’Italia che cambia.
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