Decrescita, beni comuni, ecologia: l'Enciclica di Papa Francesco segna una svolta storica?
Seguici su:
È stata pubblicata ieri Laudato Si’, la seconda enciclica di Papa Francesco. Sin da subito il documento ha suscitato grande scalpore, poiché si occupa in maniera diretta e puntuale di questioni legate all’ambiente, alla decrescita, all’economia e allo sviluppo tecnologico. Contenuti decisamente inaspettati, che Francesco I introduce chiamando in causa suoi predecessori come Paolo VI, Giovanni XXIII e, riferendosi agli attacchi alle oligarchie economiche, Benedetto XVI. E, naturalmente, il downshifter ed ecologista ante litteram San Francesco d’Assisi.
Bergoglio parla esplicitamente di bene comune, della chimica in agricoltura, del riscaldamento globale – che imputa senza mezzi termini all’intervento umano –, della biodiversità minacciata dalle monocolture, della finanza che soffoca l’economia reale.
Tocca da vicino questioni come la necessità di ridurre gli scarti e l’importanza del riciclaggio, si scaglia contro la privatizzazione delle risorse idriche, parla delle iniquità sociali a livello globale, inquadrandole però da una prospettiva ecologista, legata allo sfruttamento eccessivo e impari delle risorse del Pianeta, introducendo il concetto di “debito ecologico”. Coglie addirittura la fondamentale distinzione fra ecologia di superficie ed ecologia profonda, spiegando che se inquadrate nell’ottica sbagliata, anche le iniziative ambientali più meritevoli si inseriscono in una logica di dominio della natura.
E punta il dito senza giri di parole contro le élite della finanza mondiale: «Nel frattempo i poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità umana e sull’ambiente. Così si manifesta che il degrado ambientale e il degrado umano ed etico sono intimamente connessi».
Esalta scienza e tecnologia, rilevando però come il loro rapido sviluppo non sia stato accompagnato da una crescita della coscienza e della consapevolezza di chi ne fa uso. Da qui, il passo verso argomenti he costituiscono il pane quotidiano del mondo ambientalista è molto breve: «[…] si passa facilmente all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia. Ciò suppone la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta, che conduce a “spremerlo” fino al limite e oltre il limite. Si tratta del falso presupposto che “esiste una quantità illimitata di energia e di mezzi utilizzabili, che la loro immediata rigenerazione è possibile e che gli effetti negativi delle manipolazioni della natura possono essere facilmente assorbiti”».
Si avvicina sempre più al pensiero decrescitista, facendo notare che «nessuno vuole tornare all’epoca delle caverne, però è indispensabile rallentare la marcia per guardare la realtà in un altro modo, raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili, e al tempo stesso recuperare i valori e i grandi fini distrutti da una sfrenatezza megalomane». Fino a che non dichiara esplicitamente che «è arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti».
Come detto, lo scalpore suscitato da questa enciclica è stato notevole, sin dalle prime bozze diffuse nei giorni scorsi. Come interpretarla dunque? I più scettici potrebbero pensare che si tratti di un tentativo da parte della Chiesa di allinearsi alle tematiche più in voga, quelle legate alla sostenibilità ambientale, in una sorta di green washing papale. I più entusiasti saranno invece contenti che dalla Santa Sede arrivino esortazioni riguardanti la raccolta differenziata, la tutela della biodiversità e la condivisione dei beni comuni. I più attenti noteranno la discrepanza fra le dichiarazioni del Papa e la condotta di molti rappresentanti del mondo clericale. Certo è che tematiche di fondamentale importanza, che stanno cominciando a diffondersi ma che in molte sedi sono ancora poco dibattute se non censurate, sono state chiamate in causa da una delle persone più influenti del mondo e il risultato è che oggi sono sulla bocca di tutti. In fondo, come diceva Oscar Wilde, «l’importante è che se ne parli», al di là delle intenzioni sincere o solo di facciata di chi ne parla.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento