Cyclolenti in Turchia: a 2000 metri d'altitudine
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Piove a dirotto questa mattina, aspettiamo che si calmi un po’. Alla prima schiarita eccoci fuori. La strada secondaria che percorriamo è piuttosto danneggiata, zigzaghiamo tra le pietre ed i fiumi di fango che hanno invaso l’asfalto. A ciò si aggiunge il profilo montagnoso, muscoli e mente sono messi alla prova. La Turchia inizia tosta.
A pausa pranzo il diluvio riprende. Un signore ci fa cenno di mettersi a riparo sulla terrazza del suo negozietto. Ci offre un tè e delle arance. Il dialogo è breve, 24h che siamo in Turchia, abbiamo imparato l’essenziale: «merhaba, teşekkür ederim…» (ciao, grazie mille…), ma tutti sorridono. Marco sogna di assaggiare un baklava. Quando torno, dopo aver testato il bagno turco in fondo al giardino del signore, trovo Marco con la testa dentro il portabagagli di un furgoncino, ma che fa? Non vuole più pedalare e ha deciso di caricare le bici a bordo? No, no è un venditore ambulante di pasticcini. Casca a fagiolo per assecondare la nostra voglia di baklava!
Fino ad Orën il nostro cammino è scandito dai «Merhaba» delle donne pastore tutte vestite con lo stesso pantalone a fiori e con un foulard sulla testa legato dietro la nuca. Sono belle robuste le turche della campagna, sono loro che si occupano delle mandrie di mucche e pecore nel bel mezzo di queste aspre montagne. La seconda mattina in questo nuovo Paese, Aisha ci invita ad entrare per la colazione. Una piccola tavola bassa al centro del salone è ricca di bontà: burek fatto in casa, olive, formaggio, pane, uova all’occhio di bue, burro artigianale, pekmez (vin cotto), miele… e tè ovviamente. Dopo un po’ mi accorgo che Marco ha i piedi sulla tovaglia: ridiamo della nostra ignoranza. In effetti ci si siede a terra intorno al tavolino e la stoffa che sta sul pavimento va messa sopra le nostre gambe e non sotto… Prima di inforcare le bici, Aisha ci mostra un bigliettino da visita. Sopresi leggiamo: «Laure e Pierre, enviroulemonde», sono dei ciclisti francesi passati da qui 3 anni fa con delle bici reclinate!
La costa turca è magnifica, la baia d’Akbük ci lascia senza fiato. Lungo la strada ci incrociamo con Ersin, ciclista e fotografo (il suo sito: www.sanatematik.com), ci tiene a presentarci i suoi amici Çagatay et Isilay che hanno un negozio di noleggio bici ad Akyata: Akyatafreewheeling. A volte si può credere che nulla avvenga per caso : Çagatay si accorge che il copertone anteriore ha un bel buco che lascia vedere la camera d’aria… afferra della colla, un pezzo di un vecchio copertone, del filo di nylon, un ago e il gioco è fatto. Ciò nonostante aggiungo una ruota di scorta al mio carico.
A Akçapinar siamo ospiti di Ercan. Il 31 marzo viviamo una giornata particolare visto che tutta la Turchia rimane senza elettricità dalle 10h del mattino alle 21h di sera. La gente sembra smarrita, ma anche come sollevate quando le batterie dei telefoni e computer si esauriscono. Realizziamo la nostra dipendenza dall’elettricità in ogni azione : accendere la luce, utilizzare il bollitore, lavorare su internet, mettere qualcosa a fresco nel frigo… E la sera, al calare della notte, ceniamo a lume di candele 🙂 La corrente è appena tornata, ma decidiamo di non usarla, tutto è così romantico!
Al mattino siamo svegliati dalla chiamata alla preghiera che proviene dalla moschea di fronte. Una domanda ci frulla per la testa: come si fa a diventare müezzin? Quello che è sicuro è che questo quà deve essere stato raccomandato alla prova di canto! Una regola curuiosa da sapere: il consumo di alcool in Turchia è vietato solo nel raggio di 100mt dal luogo di culto. Di fatti siamo sorpresi nel vedere la gente sorseggiare tranquillamente una birra o del tradizionale raki (liquore simile all’ouzo greco o al pastis francese).
Per una giornata Ersin ci accompagna. Circumnavighiamo il lago di Köyceğiz e a Sultaniye per scansarci la pioggia capitiamo in un centro «detox» gestito da degli olandesi: Zest for life. Il posto è bello, circondato dalle montagne e lungo il bordo del lago. All’ingresso un magnifico platano pluricentenario conferisce un’atmosfera quasi sacra. Qui il programma del centro è: molto sport, sedute di massaggi vari e da mangiare 4 succhi al giorno, 2 di verdure e 2 di frutta. Niente di più, niente di meno!
Attraversiamo il fiume di Dalyan su un battello e piantiamo la tenda sulle sue rive all’interno di un giardino di una grande residenza alberghiera ancora chiusa. Il proprietario ci ha gentilmente accolto quando Ersin iniziava a preoccuparsi quasi seriamente di dove avremmo dormito. Eh si, era così anche per noi all’inizio del viaggio.
A Göcek, (lo scopriremo più tardi) ci fregano sul prezzo dei gözleme (una specie di crepe agli spinaci e formaggio) e dell’ayran (bevanda fredda a base di yogurt, acqua e sale). Paghiamo 25TL mentre il totale non dovrebbe essere superiore a 15TL… ma Göcek vive di numerose Marina ed è vittima del turismo, gli abitanti hanno delle TL (lire turche) al posto degli occhi!
Dalle parti di Fetyhie facciamo una deviazione per Kayaköy, un villaggio greco abbandonato, tracce del passato. Attraverso una discussione con Ercan e la sua amica Asli scopro la storia della Turchia e dei suoi Paesi vicini. I loro padri sono nati in Bulgaria da famiglie turche stabilitesi da più di 400 anni. Per l’indipendenza della Turchia, nel 1923, Atatürk li chiama ad unirsi al Paese. Abbandonano quindi tutto per giungere in territori a loro del tutto sconosciuti. E al contrario altri sono stati messi alla porta in quanto non appartenvano al Paese, come avvenuto anche per i greci. Per ciò che riguarda la storia greco-turca consiglio questo libro che ho appena finito di leggere: «Addio Anatolia» di Dido Sotiriou. Quasi 100 anni più tardi la storia si ripete altrove…
La catena di amici in Turchia si è innescata, Ersin ci ha messo in contatto con Denis che ci ospiterà a Olüdeniz, dove lavora come pilota di parapendio. Lo aspettiamo sulla spiaggia mentre il sole tramonta e gli ultimi parapendisti della giornata atterrano.
Per il mio compleanno saltiamo in tandem da 1700mt d’altitudine con Denis e un suo amico. Con delle correnti ascensionali saliamo a 2000mt, si divertono a sfiorare la neve. Le vele l’una affianco all’altra, discutiamo nell’aria come alla terrazza di un bar con una vista panoramica.
Tiphaine
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