5 Mag 2015

CycloLenti: “benvenuti in Turchia”

Scritto da: CycloLenti

Per fortuna un secondo prima di salutare Pantelis, ad Amorgos , ho dato un’occhiata alla spiaggia più vicina su google […]

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Per fortuna un secondo prima di salutare Pantelis, ad Amorgos , ho dato un’occhiata alla spiaggia più vicina su google map. Queste navi hanno degli orari strani e mettiamo piede ad Astypalea alle 4:00 del mattino. La collina alle nostre spalle non è sufficiente per placare il vento, ma siamo stanchi e volendo o nolendo questo posto andrà bene. Fisso la tenda come meglio posso intanto il cielo si colora di rosa, sta iniziando una nuova giornata, noi ce ne andiamo a letto. 

 

Alba, Astypalea

Alba, Astypalea


 

Virginia, Giorgos e l’amico Antony, conosciuti la sera prima, all’interno del loro kafenios Argos, nell’ultimo tentativo di trovare una soluzione alternativa alla spiaggia, ci hanno procurato un alloggio, dato una cartina e anche uno zaino : non ci manca nulla per iniziare il nostro trekking. Le strade secondarie segnate sulla mappa sono degli ottimi sentieri di strada battuta, avanziamo a passo rapido. Dall’alto abbiamo subito la percezione della morfologia di quest’isola che assomiglia ad una farfalla con le ali spiegate. Colline verdeggianti, le solite caprette, cassette di api qua e là e raggiungiamo la nostra meta che abbiamo ancora qualche ora di luce.

Questa bella spiaggia, raggiungibile via mare o a piedi, via terra, è tutta per noi. Raccolgo i legni che trovo in giro mentre Tiph prepara la base che ospiterà il fuoco di stasera. Ci scaldiamo allo scoppiettare della legna mentre guardiamo questo cielo stellato : non una nuvola a disturbarlo, non una sola luce. L’altra “ala della farfalla” decidiamo di percorrerla in bici. Lasciamo i bagagli che non ci servono ad un baretto e raggiungiamo Vathy. Conosciamo l’unico abitante del paesino e una terrazza vista baia ospita il nostro albergo portatile. Giusto in tempo perché cade qualche goccia di pioggia. Cadiamo in un sonno profondo mentre capre e pecore ci accompagnano con i loro versi.

 

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Sulla nave per Kos, Lefteris ci propone il suo giardino per recuperare il sonno frammentato visto i soliti orari notturni di queste tratte. Delle signore ci inseguono addirittura in motorino per proporre stanze ai turisti appena sbarcati. Addio villaggi di pescatori e spiagge deserte, questa è una di quelle isole colpite dalle grosse ondate di turismo. Lefteris non vuole vendere e il suo giardino spicca come un’oasi nel deserto visto che è l’unico che resiste tra grossi palazzoni e hotel. Giù il telo e fuori i sacchi a pelo, schiacciamo un pisolino.

 

Sento un gran parlare, mi sveglio e vedo una pattuglia di polizia, Lefteris e una signora che sbraita. Ma che succede? Lefteris, che da uomo maturo è rimasto calmo, ci spiega che la proprietaria dell’albergo di fronte ha chiamato le forze dell’ordine lamentandosi del fatto che non poteva permettere che i suoi clienti, dai loro balconcini, vedessero dei pakistani dormire (ossia noi) a terra nel bel mezzo della città. La polizia dopo essersi accertata che non fossimo pakistani (ma perché i pakistani non hanno diritto a dormire?) congeda Lefteris: è la sua proprietà, fa quello vuole. La stressata proprietaria alberghiera urla per altri 5 minuti e poi se ne va. Bha! Gli spazi ristretti della città fanno questo effetto!

 

C’è una sorgente termale che crea una vasca d’acqua calda prima di dissolversi nell’acqua salata del mare. Distendiamo le nostra stanche membra mentre osserviamo la costa turca che ci guarda di fronte. Questa sera dormiamo qui. Uh guarda, questo palazzo non c’era, e qui ci hanno fatto un supermercato. Conosco bene Kos. Ci passai 5 mesi a lavorare come animatore esattamente 11 anni fa…stavo per affacciarmi al mondo. Quello è il grosso complesso turistico dove lavoravo e questa è la casa dove abitavo con gli altri ragazzi. Il portone è aperto e pure l’appartamento, non posso non andare a vedere. Uhh, la mia stanza, stesso letto, stesso specchio, stessa posizione. Tutto è rimasto com’era.

Oggi c’è un gran vento… le navi non partono, le palme si piegano, le onde del mare non fanno in tempo a incresparsi che vengono soffiate via… solo le mucche, con il loro sguardo placido, si comportano come se nulla stesse accadendo.

 

Finalmente si parte: passport, please! A fatica e con qualche botta riusciamo a fare entrare le ingombranti bici nell’aliscafo che ci traghetterà dall’altra parte.

 

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Ha una forma allungata e da fuori sembra moderno, ma dentro si vede che non hanno mai mosso un dito per della manutenzione. Yassu Grecia : si decolla ! 20min e siamo fuori dall’Europa. Nonostante Bodrum sia una città abituata allo “straniero” qui nessuno parla inglese. Prima che faccia buio ci incamminiamo verso la strada costiera. Tiph scorge una struttura geodesica all’interno di un giardino, sintomo di gente interessante. Bussiamo: “possiamo mettere la tenda qui vicino?”. “Ho una proposta migliore per voi, perché non venite dentro, vi offro un tè e potete dormire qui” ci risponde Emre. Cosa chiedere di più ?

 

Tra un discorso e l’altro Emre ci avvisa: «ragazzi io sono un motociclista, qui un Turchia qualsiasi cosa abbia due ruote non è considerato sulla strada, fate attenzione! Questo è l’ultimo paese “organizzato” che avrete sulla vostra rotta, benvenuti in Turchia».

 

 

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