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Cosa accadrebbe se i supermercati fossero costretti a porre in etichetta il prezzo al quale hanno comprato i prodotti dalle mani dei contadini? Secondo esperti e studiosi in materia, un simile gesto innescherebbe una rivoluzione del sistema economico vigente. Se ne è parlato questa settimana ai microfoni della trasmissione radiofonica Terranave.
Il “prezzo sorgente” è il primo prezzo delle merci, quello al quale i produttori vendono i propri prodotti, un valore che spesso differisce di molto dal prezzo finale. “Nel costo finale di un prodotto c’è tutto il circuito dell’appropriazione della ricchezza e della catena gerarchica del prodotto”, ha spiegato Tonino Lepore, che da anni si sta occupando della questione “se si adotta il prezzo sorgente si rendono visibili tutti i ricarichi del prezzo al consumo”.
Ma come si stabilisce questo “prezzo sorgente”? Qual è un giusto prezzo per un bene? I produttori italiani stanno portando avanti diverse esperienze di scorporazione del prezzo, realizzando schede in cui i costi sono resi trasparenti in ogni fase e passaggio, l’obiettivo comune è quello di avvicinare produttori e consumatori, creando filiere corte cogestite.
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