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Le politiche di gestione della pesca portate avanti sino ad ora dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali sono state fallimentari. L’Italia, per mantenere in equilibrio le attività di pesca con le risorse disponibili e assicurare il recupero degli stock in declino, è chiamata a mettere in atto misure di gestione serie ed immediate.
Un impegno che non può essere ulteriormente rimandato, è la stessa Unione Europea ad imporcelo attraverso la Politica Comune della Pesca, siglata solo un anno fa.
Non solo: il nostro Paese rischia una nuova procedura d’infrazione. Infatti, a seguito di una denuncia fatta da Greenpeace e da altre associazioni alla Commissione Europea contro l’inaccettabile sistema delle “autorizzazioni speciali”, l’UE ha aperto un’indagine. Se il Ministero dovesse essere ritenuto responsabile, a pagare sarebbero ancora una volta i contribuenti italiani.
Già nel 2013 gli attivisti di Greenpeace sono entrati in azione nel Canale di Sicilia per denunciare un caso di cattiva gestione relativo ad alcune di queste “autorizzazioni speciali” di pesca, rilasciate dal Ministero delle Politiche Agricole – sin dalla fine degli anni ’90 – alla flotta delle volanti a coppia (reti a strascico semi-pelagiche). Autorizzazioni per pescare stock già sovrasfruttati come acciughe e sardine.
A seguito di questa protesta pacifica, il direttore delle Campagne di Greenpeace Italia è stato denunciato e oggi affronta la prima udienza di un processo che lo vede accusato di “violenza privata”.
Eppure, invece di mettere in atto misure gestionali che permettano la tutela e il recupero delle risorse ittiche, a beneficio dell’intera comunità e di chi pesca in modo sostenibile, solo pochi mesi fa il Ministero ha rinnovato queste nuove “autorizzazioni speciali” di pesca. E a finire sotto processo siamo noi, e non chi sta realmente mettendo a rischio i nostri mari.
Chiediamo che questi permessi speciali vengano ritirati, e che vengano stabilite misure serie e lungimiranti che permettano di recuperare gli stock e favorire chi pesca sostenibile. Negli ultimi anni il Ministero si è riempito la bocca di false promesse in nome di una sostenibilità ambientale che ancora non c’è: è arrivato il momento di cambiare direzione.
Negli scorsi giorni abbiamo lanciato un appello per chiedere di fermare la pesca eccessiva. In meno di una settimana, oltre 19 mila persone hanno già firmato la nostra petizione. Unisciti a noi, #InNomeDelMare!
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